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20 Luglio 2001

Era una bellissima giornata di sole.
Così bella che Annika si stupì di quanto potesse essere blu il cielo.
Era stata contenta di trasferirsi a Boston insieme alla sua famiglia.
Era stanca di San Francisco, anche se Annabeth le sarebbe mancata più del dicibile.
Il viaggio fu lunghissimo, ma piacevole.
Il paesaggio le scorreva davanti, accompagnato dalle sue canzoni preferite che suonavano ininterrottamente alla radio.
Quando arrivarono la prima cose che vide fu un bambino.
Doveva avere la sua età, o forse era anche più grande.
Pedalava sulla sua bicicletta rossa e percorreva tutta la strada, avanti ed indietro.
Annika si stupì quando lo vide fermarsi e scendere davanti ad una casa.
-A quanto pare avrai compagnia.- disse sua madre.
Poi le indicò la casa di fronte a quella del bambino:- Quella è la nostra nuova casa.

***

Annika si dimenticò presto del bambino quando vide la sua cameretta.
L'arredamento consisteva in un letto a baldacchino e un armadio in legno, ma ciò che le piacque veramente furono le pareti bianche.
Le immaginò piene di mensole con i suoi adorati libri, dove avrebbero trovato spazio i suoi trofei di nuoto e le foto delle sue gare.
Magari anche qualche poster ci sarebbe stato bene.
Sorrise.
Non si rese conto di essere andata a finire nel mondo dei sogni ad occhi aperti, fin quando non sentì bussare alla porta.
La aprì, e suo padre si fece avanti tenendo in mano numerosi scatoloni.
Li poggiò per terra, e dopo poco arrivò anche sua madre con due piccole scatole con su scritto "Fragile".
-Dovresti venire ad aiutare.- la rimproverò sua madre- Anche il ragazzo che abbiamo visto prima in bicicletta sta aiutando.
Annika sgranò gli occhi.
Sua madre lo aveva chiamato "ragazzo", non bambino.
Ciò significava che doveva essere obbligatoriamente più grande.
Scese le scale così velocemente che quando se lo ritrovò davanti non fece in tempo a fermarsi.
Gli andò addosso, e stava quasi per cadere, ma una mano la afferrò per un braccio.
Dopo poco si sentì un tonfo fortissimo.
Annika si voltò, incontrando due occhi di un verde smeraldo che brillavano.
-Attenta.- le disse solo.
Lei annuì, poi si accorse dello scatolone che il ragazzo aveva fatto cadere a terra per tenerle il braccio.
-I miei libri!- strillò.
Il ragazzo la guardò, interrogativo.
-Perché hai fatto cadere i miei libri? Non dovevi farlo!
-Cosa?! Ho preferito far cadere uno scatolone piuttosto che farti sbucciare le ginocchia.
-Ma dovevi chiedere a me cosa avrei preferito! E se adesso si sono rovinati?
Il ragazzo continuava a guardarla in cagnesco, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
-Mi chiamo Jase Ark. Vivo nella casa di fronte.
Annika lo guardò ancora negli occhi verdi, poi gli porse la mano:- Annika Chase. Ora ti dispiacerebbe portare al più presto i miei libri in camera mia?- rispose, scendendo gli ultimi gradini rimasti- È quella con il letto a baldacchino.
Poi continuò a correre verso il camion dei traslochi.

***

Due ore dopo, Annika se ne stava sdraiata sul letto, a contemplare il soffitto.
La porta si aprì, ma lei non se ne accorse fino a quando Jase non si sedette accanto a lei:- Che fai?
-Penso che devo trovare il modo per scrivere sul soffitto.
Il ragazzo scoppiò a ridere.
Solo allora Annika si rese conto di non sapere assolutamente nulla di lui.
-Quanti anni hai?- gli chiese quindi.
Incontrò i suoi occhi verdi, in netto contrasto con i capelli neri che, per il sudore, gli si erano attaccati alla fronte.
-Dodici. Te?
-Undici.
Rimasero in silenzio per qualche altro minuto, poi Jase domandò:- Perché vuoi scrivere sul soffitto?
-Ho cambiato idea. Voglio disegnarci.
-E cosa vorresti disegnarci?
-Hai letto SHADOWHUNTERS?
-Non leggo molto.
Annika si tirò su a sedere:- Fuori.- disse categorica.
-Eh?- rise ancora Jase.
-Fuori di qui. Non possiamo essere amici se non ti piace leggere.
-Non ho detto che non mi piace ma...
Annika lo spintonò fuori e poi chiuse la porta a chiave.
Sorrise, quando lo sentì sussurrare che avrebbe letto qualsiasi cosa gli fosse capitata davanti da quel momento in poi.
Ma non immaginava che lo avrebbe fatto veramente.
Per lei.

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