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Annika si sdraiò sul letto, esausta.
Era stata una giornata pesante.
Aveva conosciuto la sua nuova allenatrice, Valery.
Era simpatica, anche se le aveva fatto fare tantissime vasche a dorso.
E lei odiava il dorso.
Ma era una sensazione fantastica. Nuotare con tutte le sue energie, fino a sentirsi stremata. Le piaceva anche troppo.
Faceva caldo quella sera.
Si mise velocemente il pigiama, poi prese un libro e si mise a leggere.
Dopo un paio di minuti si rese conto che non sarebbe stata più in grado di proseguire.
Gli occhi le si chiudevano da soli.
Ripose il libro e spense la luce.
Si era quasi addormentata, quando sentì un rumore.
Cercò di ignorarlo, ma dopo vari minuti non era ancora cessato.
Si alzò a sedere, e a stento trattenne un urlo quando guardò la sua portafinestra.
Jace era lì, e stava bussando insistentemente.
Annika si alzò, aprì la portafinestra e lo fece entrare:- Si può sapere cosa ci fai tu qui? E come hai fatto ad arrampicarti?!
-La quercia è resistente, così mi sono arrampicato.
-E i tuoi genitori? Sanno che sei qui?- rispose Annika, incrociando le braccia sul petto.
-Certo che no. E anche se lo sapessero, non penso che gli importerebbe gran che.
-Dici sul serio?- Annika si sedette sul letto.
Ormai il sonno le era passato, e la curiosità si stava rapidamente impossessando di lei.
-Mio padre è morto in Afghanistan due anni fa. Sei mesi dopo mia madre si è risposata.
Ma lei è continuamente in viaggio per lavoro, ed io non sono molto affezionato al mio patrigno, e lui non si è mai sfornato di affezionarsi a me.
Mi lascia fare quello che mi pare, a patto che non mi cacci nei guai. Mamma non glielo perdonerebbe mai.
Annika lo guardò.
Se ne stava lì, in mezzo alla sua stanza.
I capelli apparivano ancora più neri nel buio, e gli occhi, talmente verdi da sembrare smeraldi, la guardavano, curiosi.
Era alto, per avere 12 anni.
Teneva una mano dietro la schiena, ed Annika la indicò.
Il ragazzo sorrise, e le si avvicinò.
Si sedette accanto a lei, e le porse ciò che nascondeva.
Era un libro, e quando Annika lesse il titolo, sorrise.
-Hai comprato SHADOWHUNTERS - Città di Ossa?
-Già.- rispose Jace- Dopo che mi hai buttato fuori dalla tua camera, ho deciso che avrei assolutamente dovuto parlarti di nuovo.
E l'unico modo per farlo era iniziare a leggere.
E poi, il ragazzo più bello di tutti si chiama come me.
Annika rise, poi aprì il libro e ne annusò le pagine.
-Non potevi venire prima, invece che presentarti nel bel mezzo della notte?
-Sono venuto qui quattro volte, ma te non c'eri mai.
Mi ha aperto tuo padre. Non ti ha detto nulla?
Annika scosse la testa.
Suo padre non le avrebbe mai riferito nulla che riguardasse un ragazzo.
Ma lei stava crescendo, e lui non avrebbe potuto impedire per sempre che i ragazzi le stessero lontani.
-Ti piace?- gli domandò.
-Sì. Non è male. Come mai sei stata fuori tutto il giorno?
-Ho incontrato la mia nuova allenatrice di nuoto. Abbiamo pranzato insieme, poi siamo andate in piscina.
-Sei un'agonista?- le domandò, stupito.
-Sì. Mi piace spingermi oltre il limite, consumare tutte le mie energie fino a non averne più.
Dopo mi sento in pace con me stessa.
Jace la ascoltò, in silenzio, mentre lei gli raccontava il suo rapporto con l'acqua, come si sentisse bene.
Gli descrisse ogni gara cui aveva partecipato, ogni trofeo vinto ed ogni sorriso di soddisfazione quando saliva sul podio più alto.
-E te?- gli chiese- Fai qualche sport?
-Karate.- rispose lui subito- Ma non sono tanto bravo.
Annika sgranò gli occhi:- Anche mio padre faceva karate. È cintura nera.
Fammi vedere qualcosa.
Jace scosse la testa:- No, adesso no.
Poi si alzò in piedi:- È stato bello parlare con te senza essere cacciato via.- le disse, sorridendo beffardo- Buonanotte, mia Clary.
E poi si arrampicò sulla quercia, e pian piano scese giù.
Annika era rimasta sul letto, gli occhi sgranati.
Nonostante la fatica di quella giornata, le sue parole continuavano a ritornarle in mente.
Buonanotte, mia Clary.

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