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Sei mesi dopo...

Annika salì sul blocco di partenza, si mise in posizione e aspettò di sentire il fischio di partenza.
Poi si tuffò.
Il primo impatto con l'acqua fu dolce, ed entrò sinuosa dentro la piscina.
Sorrise. Sapeva quanto vantaggio le avrebbe dato un buon tuffo, e quello le era riuscito anche troppo bene.
Scivolò dolce, bracciata dopo bracciata.
Con i piedi si diede la spinta sul muro, facendo una virata degna del suo nome, e ripartì per un'altra vasca.
Sentiva a malapena le abbracciate delle sue avversarie, concentrata sulla gara e sul giusto ritmo della respirazione.
Quando toccò per prima il bordo, riemerse lentamente. Chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare la respirazione.
Sentì le urla di Armony, che la acclamava entusiasta, e sorrise.

***

Quando arrivò a casa, gettò la borsa in un angolo della sua stanza, poi si lanciò sul letto.
Chiuse gli occhi, e per qualche minuto sentì solamente il lento soffiare del vento, prima che Jace bussasse alla sua finestra.
Sorrise, poi si alzò e gli aprì.
Lo abbracciò:- Mi sei mancato oggi alla gara. Sentivo solo Armony che urlava, approfittando della tua assenza.
Il ragazzo rise:- Devo trovare un modo per farle capire che è una cosa imbarazzante.
Annika si sciolse dal suo abbraccio e cercò di incontrare il suo sguardo, ma lui si ostinava a guardare per terra.
-Jace?- gli disse quindi- Tutto ok?
Il ragazzo annuì, ma Annika non ne era ancora del tutto convinta.
-Oggi mi è dispiaciuto che non ci fossi alla gara.- gli disse.
Jace finalmente la guardò negli occhi:- Non sono venuto perché...
-Lo so, mi hai detto che dovevi aiutare il tuo patrigno.
-Ho mentito.- disse Jace, poi fece un respiro profondo- Ho fatto le visite mediche per arruolarmi nei Marines.
Annika incrociò le braccia al petto, poi indietreggiò:- Che cosa? E non mi hai detto nulla?!
-Mi dispiace. È stata una cosa improvvisa, e non volevo sconvolgerti. Avevi una gara importante e...
-COSA VUOI CHE ME NE FREGHI DELLA GARA?!- urlò.- Oggi hai fatto un passo importante per la tua carriera e tu... Non mi avevi detto nulla?
Jace rimase in silenzio.
Annika si portò una mano sulla tempia, pensierosa:- Almeno posso sapere come è andata?
-Dipende dai punti di vista.- le rispose- Fondamentalmente bene. Fisicamente non ho problemi, e la prossima settimana ho l'esame di fisica meccanica.
Se tutto va bene, dovrei partire per Washington ed arruolarmi là, dopo aver avuto un colloquio con gli psicologi.
La ragazza tornò a guardarlo.
Gli occhi verdi brillavano, mentre si avvicinava a lei e le prendeva una mano.
Le accarezzò le dita, cercando di farla calmare con il suo tocco.
Lei sospirò:- Quindi non cambierai idea?
Jace scosse la testa:- No, non penso proprio.
-Perché vuoi farlo?
Le lasciò la mano, che le ricadde lungo il fianco.
-Io... lo devo a mio padre.
Annika gli accarezzò una guancia:- Jace... lui non è qui. Non puoi sapere cosa avrebbe voluto che diventassi.
Jace rise, amaramente:- Credimi, lo so anche troppo bene.
E non sono così stupido da fare qualcosa che non mi riuscirebbe bene o che non mi piacerebbe.
Ho scelto così, e ho riflettuto molto.
Annika lo tirò a sé, stringendolo in un abbraccio soffocante.
Cercò di trattenere i singhiozzi, anche se una lacrima riuscì comunque a sfuggirle dalle ciglia.
-Annika.- le sussurrò Jace- Questo non vuol dire che tutto debba finire. Lo sai vero?
La ragazza sorrise senza gioia:- Jace, basta.
Credo che dovremo chiuderla qui. Come credi che andrà a finire?
Ti addestreranno, poi ti manderanno al fronte. Io...- le lacrime presero a scorrerle sulle guance-...ho paura di perderti.
E non voglio renderti più indelebile di quanto tu già non sia.
-Annika, stai correndo troppo- le disse Jace.- Non è detto che mi mandino a combattere veramente. -Jace, muoiono continuamente. È ovvio che prima o poi manderanno anche te. Ed io non posso...
Annika si interruppe, cercando di regolarizzare il respiro:- Posso provare a starti lontano, ma non chiedermi di vivere senza di te.
Jace la abbracciò, e lei si fece cullare dal ritmo lento del suo respiro.

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