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Sei anni dopo...

Annika si raccolse i capelli in una coda alta mentre si guardava nello specchio del suo appartamento.
Sorrise al suo riflesso.
Trasferirsi a New York era stata una delle scelte migliori della sua vita.
Appena laureata in letteratura moderna, a breve avrebbe affrontato delle selezioni durissime per partecipare alle nazionali di nuoto.
Sua cugina, Annabeth, era entusiasta dei suoi successi e appena si erano riviste le aveva promesso di presentarle i suoi amici.
Annika non aveva potuto fare a meno di richiamare alla mente il ricordo di Jace che, ormai molti anni prima, le aveva detto quasi la stessa frase.
Si era rabbuiata per un istante, ricordandosi da quanto tempo ormai non lo sentiva più.
989 giorni. 141 settimane.
Ma poi Annabeth l'aveva fatta ridere, e le era passato tutto di mente.
Fino a quel pomeriggio, quando aveva tirato fuori dagli ultimi scatoloni gli album di fotografie.
Il ciondolo che portava ancora al collo si era fatto un po' più pesante, e la nostalgia era tornata a farsi sentire, più prepotente che mai.
Annika si guardò ancora, indecisa se indossare le scarpe con il tacco o delle comode ballerine per la sua prima serata a New York.
Una ragazza che si allenava con lei l'aveva invitata ad uscire, e lei aveva accettato.
Si stava mettendo il rossetto quando sentì suonare alla porta.
Strano, si disse.
Non aspettava nessuno.
Andò alla porta, e quando guardò dallo spioncino restò ferma immobile.
Jace era sul pianerottolo del suo appartamento, e si guardava intorno con aria confusa.
Il cuore prese ad accelerarle, e si domandò se potesse esplodere.
Jace era lì, a dividerli solo una porta.
Jace era lì, ed erano 990 giorni e 141 settimane che non si vedevano e non aveva sue notizie.
Jace era lì, e qualcuno gli aveva detto del suo trasferimento. Forse sua madre?
Jace era lì, ed Annika non si era mai sentita così terrorizzata in vita sua.
Aprì la porta di slancio, e lui le rivolse lo sguardo.
Ormai era diventato un uomo ed i duri allenamenti nei Marines avevano dato i suoi frutti.
I capelli, più neri di quanto Annika si ricordasse, erano più lunghi dell'ultima volta che l'aveva visto.
Ma gli occhi, così verdi da sembrare quasi finti, erano sempre gli stessi.
Le sorrise quando la vide:- Sono tornato a Boston la scorsa settimana. Eri già andata via.
Annika si appoggiò allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto:- Se ti fossi fatto sentire, probabilmente lo avresti saputo.
Jace sorrise ancora di più, e questo fece innervosire Annika. Perché sorrideva? La stava prendendo in giro?!
Si sforzò di rimanere impassibile, aspettando la risposta di Jace che non tardò ad arrivare:- Lo ammetto, avrei risparmiato il viaggio a vuoto. Ma da quando sono tornato dall'Iraq, la mia vita è stata come travolta da un tornado. Non volevo che investisse anche te.
Annika sbuffò:- Sei tornato tre anni fa. Vuoi dire che non hai trovato neanche un attimo per mandarmi un messaggio? Uno stupido, banale messaggio?
-A dire il vero ti ho scritto una lettera, ma dubito che ti sia arrivata dato che ti sei trasferita.
Annika non rispose, e lui si diede un'occhiata intorno, poi guardò all'interno dell'appartamento.
-Aspetti qualcuno?- le domandò.
-No, ma stavo quasi per uscire.
Jace sorrise, ed iniziò ad allontanarsi.
Ma poi Annika lo richiamò.
Il ragazzo si voltò, e l'intensità del suo sguardo le fece venire i brividi.
-Cosa fai adesso?- gli domandò.
Il ragazzo sorrise:- Se te lo dicessi non mi crederesti mai.
Annika aggrottò le sopracciglia, pensierosa:- E come mai sei andato a Boston la scorsa settimana?
-Te l'ho detto prima- le rispose- ho fatto un viaggio a vuoto perché volevo vederti.
La ragazza rimase a fissarlo ancora per qualche istante, prima di porgli la domanda che gli stava più a cuore:- Perché? È passato così tanto tempo. Pensavo ti fossi scordato di me.
Jace sorrise, il battito che aumentava all'improvviso.
Non aveva previsto che rivederla gli avrebbe dato quelle sensazioni.
Come avrebbe potuto mai dimenticarsi di lei?
Iniziò ad indietreggiare, e prima che potesse fermarsi disse:- Forse ti amo ancora.
Poi se ne andò, lasciandola lì con più interrogativi che risposte.

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