(R) CAPITOLO 20: Antitesi perfette

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Buio. Buio ovunque. Da qualche parte si sentono cadere delle gocce, con un ritmo lento e snervante. Poi ci sono io, immobile, incapace di muovere qualsiasi muscolo. Il panico mi pervade, facendomi venire voglia di urlare e chiedere aiuto, ma non riesco neppure ad aprire la bocca.
Passano minuti, ore, giorni, anni... chi lo sa. Mi sembra di essere qui da un'eternità. Nulla. Il nulla mi circonda. Il vuoto più totale mi avvolge, mi cattura e mi divora, istante dopo istante.
Ma improvvisamente qualcosa cambia: finalmente mi sento libera di muovermi, di poter scappare da quell'oscurità. Allora corro, corro veloce e senza meta, con la sola speranza di vedere una luce da qualche parte, di lasciarmi alle spalle quell'orrore. Ma poi vado a sbattere contro quella che mi pare al tatto una parete levigata. Quindi mi ritrovo a terra, leggermente tramortita dalla botta appena presa. Mi rialzo, barcollando e mi massaggio la testa.

"Kate, Kate.... perché scappi? Non lo sai che non esiste salvezza?"

Una voce. Poche spaventose e terribili parole. Sento un brivido scuotermi.

"Chi sei?!" urlo all'aria vuota, sentendo poi l'eco della mia voce pian piano svanire.

"Non è ovvio?" dice allora quella voce, che mi accorgo provenire chiaramente da dietro le mie spalle. Colta alla sprovvista mi volto di scatto e incontro due occhi azzurri, i miei...

"Chi..." sussurro spaesata.

"Non è semplice? Sono te," mi sorride maligna la mia perfetta copia, trafiggendomi nel petto con una spada.

Riemersi dal sogno svegliandomi di soprassalto. Avevo il fiatone e le mie mani corsero velocemente lì dove mi era sembrato di essere stata colpita dalla lama. Ovviamente era solo uno stupido sogno e non avevo nessuna ferita mortale. Sospirai, tranquillizzandomi.

Solo un sogno, uno stupido incubo....

Con ancora il respiro corto mi guardai intorno, notando che tutti dormivano ancora tranquilli, comodamente sdraiati nel loro letti. Alysha, al mio fianco aveva la faccia affondata nel cuscino, persa nei sogni. Fuori era ancora buio, dovevo essermi svegliata nel pieno della notte.

Mi sarei potuta sdraiare nuovamente per rimettermi a dormire, anche perché sarebbe stato utile riposare, ma avevo troppa paura di ripiombare dentro a quell'incubo: era dalla prima notte passata a Zentor che mi tormentava, sempre uguale, ma non per questo meno agghiacciante.

Decisi così di uscire dalla locanda per prendere una boccata d'aria e tranquillizzarmi. Attenta a non svegliare nessuno, recuperai una specie di scialle che le donne su Candor utilizzavano per coprirsi e sgusciai fuori dalla stanza. Da sola, nel buio totale del corridoio, mi sembrò di ricascare dentro al mio incubo, così, fregandomene dei rischi di essere vista, accesi sulla mano una piccola fiammella, illuminando fiocamente la zona. Attraversai rapida l'edificio, raggiungendo il giardinetto interno della locanda, finalmente all'aria aperta.

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