(R) CAPITOLO 22: Nei sotterranei

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Un brivido di freddo mi scosse il corpo. Sentivo l'umidità fin dentro le ossa.

Ero riuscita a evocare un globo luminoso per illuminare l'ambiente buio in cui ero appena entrata e quello che vidi mi sbalordì. Nello spazio ampio erano distribuite numerose colonne decorate da dettagliati bassorilievi dai toni floreali. Queste andavano a sostenere imponenti arcate a tutto sesto. La volta in pietra era affrescata magistralmente con scene di svariato tipo: vedevo battaglie, matrimoni, banchetti... sarei stata curiosa di scoprire la storia che ognuno di essi celava.

Titubante mossi un passo sulla passerella metallica che mi permetteva di passare sopra all'acqua dolce e di muovermi da una parte all'altra dell'ambiente. Purtroppo, come aveva affermato Irvin, l'acqua creava umidità e il suo rumore trasmetteva uno stato d'ansia, come se non ne fossi permeata già in abbondanza.

Sentendo solidità sotto i miei piedi, attraversai l'intera cisterna, giungendo alla parete opposta a quella da cui ero entrata. Da lì si aprivano diversi tunnel, così tirai fuori la cartina dalla sacca e cercai di capire quale scegliere. Ognuno di essi portava a una stanza ben precisa della Domus, solo uno era contrassegnato con un "ATTENZIONE! ZONA VIETATA". Non era difficile dedurre che solo quella poteva essere la direzione giusta. Mordendomi crudelmente il labbro inferiore, presi coraggio e mi addentrai in uno stretto cunicolo, buio e inquietante.

Fin dai primi passi sentii montarmi la nausea, a causa dell'orribile olezzo che invadeva quel tunnel. Era un sentore misto di putrefazione e stantio, e cercai in tutti i modi di non soffermarmi con lo sguardo sulle pareti, temendo di trovare oscenità di qualsiasi tipo.
Tappandomi la bocca e il naso, procedetti, accelerando il passo per allontanarmi il prima possibile da quel tanfo.

Potete immaginare la mia sorpresa quando, poco dopo, sbucai in un'ampia grotta, colma di oggetti di grande ricchezza.

Monete, gioielli, corone, pietre preziose...

La grotta ne era piena. Ovunque c'era oro. In mezzo a una montagna di monete e lingotti, scorsi un'arpa gigantesca e subito dietro ad essa un baule dal quale traboccavano perle, rubini, zaffiri e ogni pietra preziosa esistente nei Sette Mondi.

Non avevo mai visto così tanta ricchezza radunata in un solo luogo e ne rimasi estasiata, rapita da quello splendore. Non avevo bisogno di uno specchio per capire che i miei occhi luccicavano, così incantati da quella visione.

In quel mucchio splendente scorsi all'improvviso una cosa particolare: una pietra simile a un diamante, di un particolare colore ceruleo. Era un diamante dell'est, cristalli che venivano dal mio mondo, ma che ormai erano divenuti talmente rari che nessuno in tutta la Città ne possedeva uno. Gli esemplari rimasti erano conservati ed esposti nei musei, con grande dispiacere di mio padre. Tra i suoi vari impegni, Malcom Forrest coltivava la passione del collezionismo di gemme e pietre preziose e per questo il diamante dell'est aveva sempre rappresentato il suo sogno proibito. Impossibile dimenticare i minuti interminabili che passava ad ammirare i minerali del museo, con gli occhi brillanti di desiderio. In quel momento io avevo l'occasione di procurarglielo, magari come simbolo dell'inizio di un nuovo rapporto tra noi due, privo di quelle bugie che avevano caratterizzato la nostra vita negli ultimi otto anni.

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