(R) CAPITOLO 17: Dannati spiriti

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"Credi che funzionerà?" domandai dubbiosa.

"Non dirmi che ti stai tirando indietro proprio adesso, Forrest!" mi rispose con un sorrisetto derisorio Jasmine.

"Non dire sciocchezze. Ho solo qualche dubbio che il nostro piano possa riuscire," misi subito le mani avanti.

"Ho sempre pensato che tu fossi una guastafeste e ora ne ho la prova," sospirò, facendomi sbuffare. "La verità? Non ne ho idea. Confido nella fortuna."

"Perfetto, allora non funzionerà mai. Sei stata tu ieri sera a dire che la fortuna non c'entra nulla con quello che dobbiamo affrontare, le feci notare passandomi una mano sul collo sudato.

"Era solo un modo di dire! Non abbiamo idee migliori, no? Dobbiamo provarci, Kate. Solo noi possiamo riuscire a liberare le menti dei nostri compagni," mi rimproverò decisa, fissandomi con occhi determinati. Poi riprese a camminare.

Rimasi ferma ancora qualche secondo, cercando di dissipare tutti i dubbi, e poi la raggiunsi velocemente.

"Va bene. Cercheremo di entrare nelle menti dei nostri compagni e di liberarli," ripresi io con maggiore sicurezza, ma poi le domandai anche: "Però poi cosa faremo? Dovremo trovare un modo per uscire da qui. Ci troviamo comunque bloccati in questa specie di prigione."

"Oh, beh... ci penseremo poi. La cosa più importante ora è aiutare i nostri compagni. Finiscila di fare storie," mi rispose sbrigativamente. Era agitata, lo vedevo chiaramente, ma vedevo con altrettanta nitidezza che la sua determinazione teneva a bada la paura. Dopo il momento di debolezza della sera prima Jasmine era tornata nuovamente la solita Mahir decisa e sicura di sé.

Guardai gli altri, diversi metri più avanti rispetto a noi. Avanzavano in silenzio, i loro volti erano incupiti e rabbiosi. Erano chiusi in loro stessi, come tormentati da qualcosa.

E infatti era così.

Dovevo aiutarli. Dovevo farlo prima che impazzissero del tutto.

I raggi dei due soli mi ardevano sulle spalle, che ormai eranno diventate di un rossore preoccupante. Solo grazie alla mia pelle olivastra ero riuscita a non scottarmi fino ad allora. La gola mi faceva male, implorando acqua fresca, ma le nostre risorse erano praticamente finite. Non saremmo resistiti ancora a lungo.

A causa dell'afa e della mancanza di viveri, mezz'ora più tardi ci fermammo stremati.

Jasmine mi lanciò uno sguardo di intesa e io annuii in risposta. Era arrivato il momento di agire.

La notte precedente avevamo continuato a parlare e a congetturare fino a notte fonda, cercando di comprendere cosa stesse succedendo ai nostri amici. Eravamo quindi giunte a una conclusione tanto preoccupante quanto ormai innegabile: quella landa disabitata non era poi così disabitata, ma era infestata dagli spiriti. Almeno, noi li avevamo chiamati così, in assenza di definizioni più adeguate. Probabilmente, se fossi stata meno intontita dal Viaggio, me ne sarei accorta molto prima. Infatti, bastava che permettessi ai miei sensi di espandere le loro percezioni per poter sentire chiaramente intorno a me centinaia, o forse anche migliaia, di entità.

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