18. Libreria {Ken Kaneki}

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Capitolo un po' diverso da quelli precedenti. Ce ne saranno degli altri simili? Assolutamente si.


Quella mattina, il sole splendeva luminoso nel cielo, e Ken era già sveglio: il bambino era pronto, per affrontare un nuovo giorno.
Dopo aver fatto colazione, e salutata la madre, che sarebbe dovuta uscire, per andare a lavorare, come faceva ogni giorno, il piccolo Kaneki, si infilò, nuovamente, sotto le coperte. Lì stava al caldo, e adorava quei momenti sotto le lenzuola, soprattutto quando, come quel giorno, profumavano di pulito.
E Ken stava lì, nel suo letto, e osservava dalla finestra il mondo là fuori.
Così grande e irraggiungibile, per un bambino.
Ad un certo punto, il suo sguardo, impegnato a fissare gli alberi, oramai, in fiore, perché era finalmente arrivata la primavera, e la sua attenzione, furono catturati da un rumore familiare. Quello dei passi del suo papà.
E, Kaneki, si alzò, in fretta, dal letto, lasciò la sua camera, per raggiungere un luogo molto più magico: la stanza che, al piano di sotto, ospitava la libreria. La più bella cosa, che il bambino avesse mai visto.

Scese le scale, Ken intravide, subito, il padre, seguendo la sua voce, che pareva provenire dalla stanza, in cui lui passava la maggior parte del suo tempo a lavorare, e a leggere.
Stava parlando al telefono, come spesso accadeva, e, nello stesso tempo, era concentrato su un libro.
Uno dei meravigliosi libri, ordinati nella libreria che, agli occhi di un bambino, alto a malapena un metro, pareva immensa.
E forse, in realtà, quella libreria immensa lo era realmente, eppure il bambino non chiese mai al padre quanti libri essa contenesse.
A lui sembravano essere un migliaio. Tutti colorati, e ognuno diverso dall'altro. Ognuno che, al suo interno, narrava una storia.
Unica, importante, meravigliosa, speciale.
Ma c'era un piccolo problema: Ken, che quell'anno aveva poco più di cinque anni, non sapeva ancora leggere.
E le guance del bambino si tingevano, spesso, di rosa, quando il padre gli chiedeva se avesse imparato a farlo, e quando lui rispondeva, tristemente, di no.
Anche quel giorno, si sarebbe sentito in imbarazzo davanti al suo eroe.
Ma il piccolo Kaneki, rimasto fino a quel momento dietro la porta della stanza, osservando che il padre aveva spento il telefono e terminato la sua telefonata, non riuscì proprio a resistere, e entrò nel suo studio, dove lui lo stava aspettando, essendosi già accorto della presenza del figlioletto.

Quella volta, il padre del bambino gli insegnò a leggere qualche parola e, da quel giorno, entrambi presero, come impegno, quello di vedersi sempre, ogni pomeriggio, alla stessa ora, e allo stesso posto, per leggere insieme.
Il piccolo Kaneki, soltanto dopo alcuni giorni dalla sua prima lezione, si dilettava già nella lettura di fiabe, racconti per bambini. Fino a che poi non iniziò a scegliere libri, via via, sempre più complessi e articolati.

E da quel giorno, Kaneki si concentrò nella lettura, ogni volta, di un libro diverso, per piacere al suo papà, quando sarebbe tornato. Perché lui, prima di andarsene, quella volta, gliel'aveva promesso.
Gli aveva promesso che avrebbero letto, nuovamente, insieme, il nuovo libro, che lui avrebbe portato al figlioletto, come regalo.
E Ken, ne era sicuro, il suo papà sarebbe presto tornato, e presto lui l'avrebbe potuto riabbracciare.
Insieme, avrebbero potuto leggere, e riprendere a divertirsi, come avevano fatto per tanto tempo. Anzi, si sarebbero divertiti come non mai, perché il bambino era diventato ancora più bravo di prima, nella lettura.
E da quel giorno, ogni giorno, Kaneki aspettava dietro la porta dell'ingresso.
Si sistemava lì davanti, e aspettava.
E Ken, ne era sicuro, suo padre sarebbe tornato.
Sarebbe tornato per lui.
E passò la primavera, l'estate, l'autunno, il gelido inverno, e ritornò la primavera.
E da quel giorno, ogni giorno, il piccolo Ken assapora un racconto diverso, contenuto in un diverso libro della bellissima libreria del suo papà.
E da quel giorno, ogni giorno, Kaneki aspetta il ritorno del suo eroe, che mai è ritornato.
Che mai è ritornato, per condividere la sua libreria con il figlioletto, al quale non aveva fatto una promessa. Ma confidato una bugia.

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