43. Kasuka Mado

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Ecco il primo di alcuni capitoli dedicati alle mamme dei nostri protagonisti.

Urla di dolore spezzate dal pianto, le tue.
Macchie di colore rosso, in terra. Un rosso vivo, mentre tutto lì era morto. Squarci di vita che di vitale hanno, oramai, poco giacciono sul suolo, mentre le mie gambe tremanti tenevano duro per poco ancora.
E quel buio in cui non riuscivo a distinguermi, in cui avevo smesso di valere.
Una combattente, con la sua arma tra le mani. Non più una persona.

Un colpo, poi un altro e finivo nuovamente al muro. Era così grande, Dio se era grande!
Ma non avevo paura; non potevo averne.
Un colpo di tosse, e il mio sangue andava a miscelarsi con quello di altri che, prima di me, avevano trovato la morte, per la mia stessa testardaggine.
Ma l'uomo ha bisogno di meriti, così ne avevo bisogno anch'io, quando ero ancora donna.
E profumavo, ridevo e pensavo.
Mentre allora ero sporca, a tratti piangevo e non pensavo; agivo.

Non ricordo con precisione, quante volte mi sia rialzata per prendere la rincorsa, poi cadere e ripetere tutto daccapo.
Non so dire quanti graffi mi sia procurata, prima di perdere la mia battaglia.
Ma posso affermare che tante, troppe, siano state le mani recise viste, dimenticate in terra perché poco succulenti.

E quando mi sono distratta un attimo soltanto nel tentativo di mettere a fuoco l'ornamento circolare in oro attorno al dito di una di loro, mi sono persa nei ricordi di quanto tu me ne donasti uno simile. Ma molto, molto più bello.
Lo stesso che sfiorava, di tanto in tanto, il suo visino roseo, quando era così piccola, facendola rabbrividire, freddo com'era.

Alla fine, anche il mio anello si era sporcato. E la mia mano vicino alle altre; la testa poco più in là.

Donna di nome e di fatto, che vive in guerra e si scioglie dinanzi all'amore.
~Kasuka Mado

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