23. Inizio {Più personaggi}

274 28 15
                                        

Questo capitolo è strettamente collegato al precedente e alla fine di ogni cosa, che si ebbe in Tokyo Ghoul √a.
Infine, volevo confessarvi che sto pensando di pubblicare un nuovo libro, che raccolga delle one-shots, dedicate, stavolta, ai personaggi dell'Attacco dei Giganti, dato che è sempre più difficile, per me, scrivere una storia con dei capitoli, a causa del poco tempo libero. Voi che ne pensate? Spero, inoltre, che non vi dispiaccia se in questo nuovo libro pubblicassi anche qualche storia, incentrata su Jean e Yuno, la protagonista di "Soldato": in fondo, mi mancano tanto, e vorrei scrivere di alcuni momenti della loro vita assieme.
Vi terrò, comunque, aggiornati, e presto vi comunicherò la mia decisione. Buona lettura!

Il sole splendeva alto nel cielo. Quel giorno, come quelli precedenti, e tutto era più bello, se illuminato dalla luce della primavera. I fiori, nei verdi prati, erano già sbocciati, e un leggero venticello aveva, da tempo, preso il posto di uno più forte e fastidioso, mentre la primavera aveva rimpiazzato, oramai, il freddo inverno, che l'aveva preceduta. E Juuzou ammirava lo spettacolo che era la natura, soprattutto in quel periodo dell'anno, continuando a camminare, proseguendo per la sua meta. Quella che era diventata la sua meta, tre anni fa, e che lo sarebbe stata, per chissà quanto tempo ancora. Il giovane investigatore, saltellando, raggiunse, dunque, anche quella volta, il luogo che visitava, ogni giorno, dopo essere andato a lavoro, e dopo aver terminato i propri compiti che, a causa dell'assenza del capo, si erano duplicati. Il lavoro, infatti, era tanto, e aumentava sempre di più, lo stress, invece, continuo e avvilente. Eppure, Juuzou l'aveva promesso. L'aveva promesso il giorno stesso in cui tutto era finito. E se lo riprometteva sempre, ogni qualvolta si recava in ospedale. E anche quel pomeriggio di primavera, l'albino, giunto nella stanza in cui il signor Shinohara dormiva, si imponeva di farcela, ripensando a quella notte d'inverno, di cui, per fortuna, aveva soltanto vaghi e lontani ricordi.
Quella notte d'inverno, in cui tutto ebbe fine, per poi cominciare nuovamente. Ma Juuzou lo sapeva. Sapeva che il più bell'inizio sarebbe ancora dovuto arrivare. E Juuzou aspettava. Si sedeva accanto al letto del suo capo, e aspettava; qualche volta, invece, vi saliva, perfino, sopra, e litigava con le infermiere per farlo, poi i suoi occhi prendevano ad ammirare il paesaggio, oltre la finestra della stanza d'ospedale. E Juuzou aspettava, e guardava il cielo. Guardava il cielo, dal quale ricordava fossero scesi, una notte, fiocchi di neve bianchi, di cui aveva un triste e vago ricordo. Fiocchi di neve che appartenevano al passato. E Juuzou guardava il cielo, e aspettava. Aspettava un nuovo inizio, mentre un leggero vento muoveva, dolcemente, i suoi capelli neri, e non si sentiva più solo, ed era meno triste.

Quel giorno, come tutti gli altri, Akira si sentiva osservata. L'investigatrice era uscita, terminato il suo turno di lavoro alla CCG, con l'intenzione di recarsi nel luogo dove si sentiva più a casa, e più al sicuro. Dove si sentiva protetta, e dove, dobbiamo ammetterlo, percepiva di essere anche un po' osservata.
E c'è da dire che, in realtà, la giovane osservata lo era per davvero. In quel posto, veniva protetta, e, in quello stesso luogo, veniva osservata: un uomo col mantello la teneva d'occhio da lontano, silenzioso, cercando di nascondersi alla sua vista. Eppure, quella persona non lasciava Akira, nemmeno un attimo, da sola. Non mostrava il suo volto, ma sorrideva, perché lo aveva promesso. Aveva promesso che avrebbe protetto la figlia del suo superiore. La ragazza di cui si era innamorato, e di cui adorava l'espressione spesso fredda e distaccata, e il volto così delicato ed incantevole, come quello di nessun'altra. Bella e preziosa, come i fiori in primavera, che non durano all'infinito, e sfuggono a chi fa tardi; come i fiori in primavera che, se non ti sbrighi e corri a coglierli, svaniscono, ed è già inverno.
E tutto era così bello. Come se tutto ciò che era finito, avesse ripreso a vivere. Tutto era iniziato, perché niente era finito. E, mentre la donna camminava, in direzione del cimitero, anche qualcun altro era impegnato a scrutare i suoi movimenti. Qualcuno che aveva finito di esistere, e che voleva che lei lo facesse con lui.

Haise Sasaki aveva appena terminato il suo turno di lavoro alla CCG: lasciato il grande edificio dai vetri scuri, e dalle pareti sempre silenziose e monotone, i visi cupi dei colleghi, i cui occhi erano, ogni volta, impegnati a rovistare fra carte e fogli volanti, il giovane investigatore raggiunse, in fretta, il marciapiede, e incominciò a camminare. Un piacevole vento riusciva a scompigliargli i capelli, che amava tenere in ordine. Un leggero vento primaverile gli percuoteva l'anima, e il cuore, che quasi non batteva. I fiori dei verdi prati erano uno spettacolo, e Haise prestava molta attenzione ai bambini, intenti a correre e a rincorrersi nei parchi, sorridendo, ma sovrastato da una certa malinconia; con una certa nostalgia che avvolgeva il suo corpo, quel giorno, come tutti gli altri. E la cosa più buffa tra tutte era che nemmeno il giovane sapesse dare una spiegazione al perché di quella triste stanchezza. Era come se gli mancasse qualcosa, però egli, nonostante si sforzasse, non riusciva a ricordare che cosa fosse; di che cosa avesse bisogno, per essere veramente felice. Perché ne era sicuro: un tempo, invece, era stato davvero felice. Non che non lo fosse più, però non si sentiva a suo agio. Era come se stesse interpretando un ruolo che, in realtà, non gli apparteneva. Come se stesse indossando una maschera, per nascondere il vero se stesso, ciò che era un tempo, agli altri.
In pochi minuti, l'investigatore raggiunse la sua abitazione e, sebbene fosse in casa da solo, Haise riusciva a percepire, oltre che il suono del suo cuore battere un po' più forte del solito, un meraviglioso odore di caffè, mentre, nel profondo del suo animo, avvolto da quella nostalgia soffocante, era convinto che qualcosa sarebbe presto iniziata.
Anche Touka, che intanto preparava, come ogni mattina, del caffè, ammirava il paesaggio, e il posto dove un tempo tutto era iniziato, per poi finire. Ricordava quelle fiamme distruttive, di cui non era più possibile scorgere alcuna traccia significativa, e ammirava il luogo dove tutto, presto, sarebbe, nuovamente, cominciato. Il coraggio della vita che vince, perfino, sulla crudeltà della morte.

Perché, si sa, dopo una fine, c'è sempre un nuovo inizio; uno ancora più bello.

We all have a story {Tokyo Ghoul}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora