Rimasi ferma immobile a fissare la nuova Porta Top 3 - Abissi che di lì a poco avrei dovuto aprire. La guardai per più di venti giorni, tanto che alla fine dovetti chiedere io di farmi entrare. Avevo necessariamente bisogno di proseguire il percorso conoscitivo della psiche di Chicco. Impugnata la maniglia, avvertii una lieve scossa elettrica. Era un portone diverso dai precedenti. Molto attempato e avanzato negli anni. Quasi vecchio. Faticai per aprirlo, era molto pesante. Quando finalmente riuscii ad entrare, non mi ritrovai nella stanza vera e propria, bensì in un sottilissimo corridoio, comunicante con essa. Era una pre-entrata insomma. Un sorta di avvertimento pre-viaggio. Una voce, infatti, farfugliò qualcosa del tipo: "abissi, il punto di non ritorno. Vite umane nel baratro, perdute per sempre. Labirinti senza uscita. Una sola soluzione." La musichetta di sottofondo aveva un non so che di misterioso, mi era già entrata in testa. All'improvviso, presa ad interpretare quelle parole, venni bruscamente spinta in avanti. Io non vedevo nessuno. Ero sola. Evidentemente mi sbagliavo. Mi afferrarono due tizi, uno dal braccio destro e l'altro dal sinistro. "Complimenti per essere arrivata fino a qui. Quasi nessuno ci era riuscito. Noi siamo Kingaié e Momak, insieme i Menhir. Chicco ci ha incaricati di esaminarti sulla base di un nostro testo. Dovrai elaborare un tema, una sorta di saggio breve, il cui titolo sarà 'abissi' e il cui incipit dovrà ruotare intorno a questa frase: 'incarcerato in questi abissi di ferro e filo spinato, di sbarre, vetro blindato e pareti in cemento armato. Indagato da un magistrato, condannato da un verdetto, accusato di essere l'uomo che ha premuto sul grilletto'. Ti forniremo il resto del testo, presta massima attenzione. Non vogliamo che tu prenda dieci, ma per superare il test dovrai totalizzare un punteggio minimo non inferiore ad otto. Buona fortuna!"
Mi fecero sedere dinnanzi ad una scrivania usurata e fortunatamente contrastarono il buio della camera, illuminando il foglio su cui avrei dovuto scrivere. Non si trattava di una prova a tempo. Non c'erano limiti di consegna. Avrei potuto impiegare anche un'intera settimana. Devo dire che l'agitazione era alle stelle. In cuor mio sentivo di non essere all'altezza. Col senno di poi mi sbagliavo. Riempii tre fogli alla velocità della luce. Conoscevo già molto bene Chicco. Non avevo riscontrato grosse difficoltà interpretative. Il suo carattere, a momenti, lo conoscevo meglio del mio. Scrissi di getto, accompagnata da molta tristezza. Era poco speranzoso nei confronti della vita. Pensava cose che nessun uomo deve pensare, men che meno a ventuno anni. Preferiva la morte alla vita. Così giovane è ridicolo iniziare a zoppicare a causa di un volo impedito. Io volevo aiutarlo a liberare l'albatro che c'era in lui. Era stato catturato, dovevo solo trovare il modo di farlo scappare. Dovevo spalancargli le porte verso il domani, un domani sicuramente migliore a cui doveva attivamente partecipare. Non poteva precludersi di esserci. Il futuro gli avrebbe certamente riservato una delle cose più belle e grandi della vita: un figlio. Chissà quanto altro. Non poteva far finire tutto così. Io gli avrei fatto cambiare idea, in un modo o in un altro. Non in questa sede, però. Qui dovevo solo limitarmi ad interpretare quella canzone alla luce del suo essere, badando ad ogni minimo dettaglio inerente alla sua personalità.
Mi lasciarono sola, scomparvero nel nulla. Spostai su on la concentrazione e mi misi all'opera. Ecco a voi come strutturai ed argomentai il mio saggio:
"Sei imprigionato, 'incastrato' come sei solito dire, in una voragine (abissi) che ti fa soffrire come quando del ferro filato ci punge. Ci facciamo male, tu ti fai male, pensi di essere il male. È una voragine spinosa, ma anche blindata. Non puoi uscirne. Di fronte ti ritrovi muri in cemento che non puoi ovviamente abbattere, per quanto tu, o l'uomo in generale, sia forte. Qui la forza non ha valore. Per quanto ci provi, ti ritrovi sanguinante a terra. "Indagato", "accusato" e "condannato", l'indagine, l'accusa e la condanna sono gli step obbligatori per giungere ad una sentenza, ma sbagliando l'indagine, gli indizi su cui verrà fondata la verità, non saranno altro che trappole. Falsi indizi. Il magistrato impersona la moltitudine, i più che sanno solo criticare, sperare in un sempre più imminente fallimento. Sanno quanto vali e imprigionare, mettere dietro le sbarre, chi nel mondo può essere un problema, è il loro più grande obiettivo. Il verdetto impersona il loro giudizio, le loro critiche che tendono ad essere considerate storie veritiere, mentre in realtà sono solo voci di corridoio. Questo infangare ingiustamente porta ad una falsa accusa, la stessa che ti mostra per l'uomo che non sei, quello che ha premuto sul grilletto, nonostante in realtà tu sia l'unico ad essere sempre stato colpito. Provi a difenderti, a non far passare in giudicato la sentenza, ma sai ormai di non poter smontare la loro convinzione. Non si può di certo credere ad un carcerato, perché in genere è il colpevole, il responsabile. Non sanno che la certezza matematica non è di questo mondo e che probabilmente l'analisi sull'indagine dei dati raccolti è stata troppo affrettata. "Dichiaro la mia innocenza, ma ormai l'udienza è conclusa."
La realtà è nera, non bianca o meglio trasparente. Ciò che è vero si fa sembrare falso, ciò che è falso appare vero; il giusto riesce a fingersi ingiusto; il male bene e, così facendo, i colpevoli diventano innocenti, gli innocenti colpevoli. È un mondo che va al contrario, dove soffre chi ha sempre fatto bene e dove sorride chi ha sempre fatto male. "Una coincidenza di fatti in mano ad un giudice corrotto, depistano misfatti compiuti da un poliziotto. Un complotto di cui io sono il capro espiatorio che mi vede condotto fra l'inferno e il purgatorio." Sei un'anima costretta a sentire il dolore delle mille lame che ti trafiggono, anche di quelle invisibili, che poi sono le peggiori. Viene difeso chi ha colpa, mentre viene subito zittito chi in silenzio grida aiuto. Sarebbe devastante se un giorno tutti parlassero con la Signora Verità. Si potrebbero una volta per tutte pareggiare i conti e far venire al pettine tutto i nodi. Nessuno crede in chi merita di essere creduto, tutti credono in chi è figlio del Signor Bugia, d'altronde, un nome una garanzia. Si entra in circolo vizioso che incrimina e sacrifica ingiustamente chi non lo merita (capro espiatorio). È logico, sei uno contro tutti, o al massimo, siamo pochi contro molti. I "cattivi", loro, saranno sempre in maggioranza. Il "complotto" si farà credibile. Ti porteranno, addirittura, a credere di essere il colpevole. Ti inizierai ad interrogare e tormentare sul serio. La colpa addossatati ti spaventa al punto da volertene liberare e, già, il solo pensiero di non riuscire in questa impresa, provoca il ritorno della tua ansiosa paura del fallimento. Ti assilla. Ti danna. Ti porta a reputarti così "cattivo" da collocarti fra Inferno e Purgatorio, nonostante il tuo posto, in realtà, si trovi in Paradiso. Del resto sai che tutto ruota in senso antiorario, "mentre un morto è all'obitorio e un innocente chiuso in cella", colui che merita di essere rinchiuso è ancora a piede libero, pronto a sparare ancora. Quando capisci realmente in che sporco meccanismo viviamo, quando ti rendi conto delle parti che muovono e mantengono in vita questa macchina, ti senti spaesato, perso, smarrito. Si fa forte l'impossibile desiderio di abolire, da solo, l'ingranaggio, di incepparlo per poi abilitarlo ad un più sano e corretto, non più corrotto, funzionamento.
Scegli la via secondaria, non per importanza, perché, anzi, è quella più difficile. Secondaria perché è l'asso nella manica, l'ultima spiaggia, la strada della libertà vera del tutto irrealizzabile in terra, se non in maniera ideale. Ed ecco che in mezzo alla notte, prima che sorga un nuovo giorno, scegli la via della morte per chiudere nettamente i rapporto col passato, con 'l'infame destino'. Non trovi altre vie d'uscita, non hai "più alternative per sfuggire all'aguzzino" al di fuori della morte che, invece, è l'unica fessura d'evacuazione visibile in ogni angolo del labirinto. 'Sotto il cuscino ho un taglierino a doppia lama, il mezzo con cui chiudere una storia senza trama'. Le lame con cui vuoi trovare la soluzione sono di duplice natura: le prime tagliano, quindi feriscono; le seconde uccidono, quindi troncano questa "grama vita che brama soltanto una via d'uscita", la morte appunto. Interrompere un film iniziato senza un senso e destinato a non essere mai capito da nessuno. Ad essere sottovalutato a priori, semplicemente perché portare sulla scena qualcosa di estremamente complesso, risulta incomprensibile a tutti coloro che continuano a nuotare nel proprio mare, non esplorando nuovi spazi che potrebbero risultare fonti di crescita e arricchimento interiori. Da un film come il tuo si potrebbe solo riflettere ed imparare, ma la trama, purtroppo, per molti è inesistente, per altri insensata, per altri inutile e per altri ancora poco interessante. La morte è la fine del film, di un film in cui il protagonista sceglie di uccidersi in quanto già morto da tempo. Era morto in un corpo ancora vivo, ma privo di emozioni, ambizioni, ragioni, motivazioni, soluzioni. Un corpo riflesso di mille impurità ed imperfezioni che si "specchia in acque torbide". Un corpo che disconosce la luce e che vive nel buio, negli abissi, gli abissi della mente che hanno una profondità superiore a quella del fondale di un oceano. È proprio lì che vaga un'anima tormentata che invoca disperatamente la morte per porre fine alla sofferenza.
Intrappolato negli abissi, nella rete dei pensieri che tormentano e torturano continuamente la mente, lotti con i tuoi "demoni dentro un corpo senza anima". Questi demoni sono tanti, se fosse stato solo uno sarebbe stata una guerra fra pari e probabilmente avresti potuto vincere. Saresti potuto risalire dalla voragine infernale. Saresti riuscito ad abbattere muri di cemento armato e forse anche a trovare il modo per aprire la porta blindata. Ma a trattenerti e a riportarti giù quando provi a scappare per risalire sono in tanti e da solo non puoi di certo farcela. Ogni demone porta il nome di un pensiero. Il demone-colpa, che ti induce a sentirti colpevole per la morte del tuo amico. Il demone-fallimento che ti porta ad essere così ossessionato dal fare bene, tanto che nemmeno sfiorando il massimo sei felice. Vuoi dare il 100%, per cui il 99,9% non ti basta. Il demone-cattiveria, che ti fa credere, a causa della tua storia, di non essere quella bella persona che a primo impatto può sembrare. Ci stai male, senti di prendere in giro chi ti sta accanto. Il demone-economico, per la tua forte attrazione verso il guadagno. Il demone-allontanamento, lo stesso che ti apre la strada della solitudine. Avverti l'esigenza di dover star da solo per non ferire gli altri. Un po' come il leone rinchiuso in una gabbia tre metri per tre metri, perché troppo pericoloso per i visitatori.
Ce ne sono tanti altri, alcuni demoni probabilmente sono ignoti anche a te stesso. Però si avvertono e la loro presenza turba. Sono ladri con il passamontagna. Non li vediamo in faccia, ma sappiamo ugualmente che sono ladri. Qui è lo stesso. Seppure coperti, sono demoni che esercitano una forte pressione e forza su di te. Riempiono il vuoto del tuo corpo. 'Fra lividi e brividi, in preda ai peggiori sintomi, incubi, intrinseci mistici mi eclisso fra i falliti, svilito da una vita di debiti attriti e liti. Non cercando alibi per lasciarvi allibiti, rovistando in mezzo ai detriti con mani e occhi ingialliti, dagli ambiti più ambiti ai sogni che sono svaniti', ti fai portatore di incubi che non ti lasciano dormire. Ne hai passate così tante da perdere la voglia di agire e reagire. Non ti importa più né compiere azioni, né rispondere di riflesso a chi ti cita in giudizio. Hai perso la voglia, non ti importa più nulla. Credi di non essere capito da nessuno e pertanto hai smesso anche tu di capirci qualcosa. Vivi come fossi una spugna, assorbendo tutto ciò che ti arriva, consapevole del fatto che, prima o dopo, questa spugna verrà gettata. Guardi indietro fra i detriti, scavi fra le macerie rimaste, fra i pochi residui di te stesso, con delle mani e degli occhi che hanno perso la loro vitalità, la loro forza ed il loro vigore naturale. Si sono ingialliti come un libro riposto per anni nello scaffale di una libreria. È stato abbandonato per troppo tempo, molte pagine si sono persino incollate l'una con l'altra. È impossibile scollarle senza rovinarle. Alcune si strapperanno. Il giallo dei tuoi occhi e delle tue mani mostra il tempo trascorso che ha fatto sì che i tuoi sogni svanissero. E chi non è animato dai sogni, ha sempre un motivo in più per non vivere, per sentirsi a disagio, scomodo in un mondo che non si sente proprio, no?
"Ogni sforzo che faccio in vita il destino lo annulla". Provi a prendere in mano le redini del presente per un futuro più prospero. Ti impegni dando il massimo in tutto ciò che fai, ma ti accorgi che alla fine la strada è già delineata. Vincerà sempre il destino, indipendentemente dai nostri sforzi. È qui che in te scatta la sfiducia nei confronti del vivere. Non puoi affidarti all'effimera speranza che un giorno sia diverso, perché chi di speranza vive, disperato muore. È ripugnante la decisione finale a cui si approda. Il presente è così avvilente da non lasciare aperti spiragli per scorgere un futuro degno di essere chiamato tale. 'La fine incombente è imminente, il presente avvilente come uno zombie sotto i ponti. Un vincente è una stella lucente, un perdente è una stella cadente per sempre. Vedo allo specchio un uomo solo che non sa chi sono.' In mezzo a queste tristi considerazione, scorgendo la tua persona tra i perdenti e le stelle cadenti, piuttosto che fra stelle lucenti vincenti, sapendo di aver già perso e di non poter mai più vincere, è meglio farla finita. Se guardandoti allo specchio non ti riconosci e non sai chi sei, è come se fossi un anonimo. Su questa terra gli anonimi non hanno valore, non fa differenza il loro esserci o non esserci. Perché aspettare allora? Chi o cosa aspettare? Decidi. Tronchi tutto. Soffochi ogni tua infelicità, ogni tua paura, la tua persona, il tuo corpo, la tua anima, TE."
I Menhir rinnovarono i loro complimenti, avevo superato anche questa prova. Per di più brillantemente, considerato il breve tempo impiegato. Ormai state imparando anche voi a conoscere Chicco, ma volete sapere cosa avrebbe detto sul suo conto? Come si sarebbe descritto? Io lo so. Si sarebbe etichettato come una personalità complessa, perché, pensandoci, le reputava fantastiche. Mille variabili incalcolabili e direttamente proporzionali al grado di complessità di una persona. Incredibile, a parer suo. Più specificamente vi avrebbe detto esattamente ciò che tempo prima aveva detto a me: "personalmente amo avere il controllo su tutto. Chi è in grado di scardinare questa mia dote da 'burattinaio', mi colpisce. Se poi riesce a renderla sua, mi conquista. Sono ossessionato da chi è 'complesso', perché solo chi ha toccato la pazzia con mano, può estrapolare qualcosa di buono da un 'dispensatore d'odio' come me." Io l'avevo colpito e forse direi anche conquistato. Ma probabilmente non abbastanza. Darkness, Kaos e Abissi era la triade del vero volto di Chicco. Ero in fibrillazione. Avevo raggiunto il penultimo gradino.
Mi avviai verso la Porta Top 2, ignara di cosa mi aspettasse. Ero scesa troppo in profondità ormai, mancava veramente poco per toccare il cuore della sua anima.
Il mio viaggio, invece, terminò qui. Non si concluse nella teoria, ma nella pratica sì. Chissà cosa si celava dietro quelle due grandi porte del suo io più profondo. Io le avevo incise come due grandi punti interrogativi. La risposta la possedeva solo Chicco, ma Chicco a partire da questo momento, deciderà di non lasciarsi più aiutare. Deciderà pian piano di allontanarsi. Lo farà senza preavviso. In silenzio. Ero una delle poche persone importanti che si era davvero avvicinata a capirlo e, per questo, ci stavamo perdendo.
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Sconosciuti amanti come in tela di Magritte
Chick-LitQuesta è la storia infinita di due ragazzi che da sconosciuti, in quanto inizialmente anonimi, a distanza e in poco, pochissimo tempo, si sono presi l'uno dell'altra. È una storia fuori dagli schemi, assurda e paradossale, bellissima e tristissima...