Morte interiore.

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Una formica che si adopera giorno dopo giorno senza mai risparmiarsi, ma che facilmente viene calpestata. Mi sentivo così: piccola e indifesa.
Una viola Molly Sanderson con un'esplosione color giallo al centro che viene quasi del tutto annullata dalla forte prevaricazione del nero dei petali. Pessimismo, abnegazione e risolutezza in unico fiore che mi rappresentava alla perfezione. C'era un piccolo spiraglio di luce, ma il buio mi impediva di scorgerlo. Mi sentivo così: triste ed impassibile.
Una bussola smagnetizzata che ha completamente perso il senso dell'orientamento. Giravo a vuoto, vagavo senza meta. La bussola era nei sentimenti, ma i miei erano smagnetizzati. Mi sentivo così: persa ed incapace di ritrovare la rotta.
Un cubo di Rubik che la mia mente non riusciva a risolvere. Mi sentivo mentalmente intrappolata in me stessa, non trovavo soluzioni per la risalita né vie d'uscita. Dovevo ricompormi, pezzo dopo pezzo.
Ero improvvisamente precipitata in un nuovo mondo. Non era l'età della pietra, né quella dei lumi. Non si trattava di un preciso momento storico che i libri conoscono. Quel periodo riguardava me e nessun altro, la mia solitudine e la mia caduta. Rappresentava la "morte interiore di Musa". Un robot ingegnato per eseguire meccanicamente particolari compiti. Non ero più un essere vivente, mi sentivo un essere inanimato mosso involontariamente. Non era la mia mente a controllare ogni mio movimento o pensiero. Avvertivo una sensazione a dir poco strana. Mi incantavo facilmente rimanendo imbambolata come fossi un pupazzo. Fissavo un punto fisso priva di un'espressione facciale. Vedevo tutto nero anche quando gli occhi erano aperti. Percepivo un insopportabile dolore fisico nonostante non combattessi con nessuno all'infuori di me. Ero io a farmi del male. Ero come morta in un corpo vivo. Completamente assente in un mondo che bramava la mia presenza. Nessun input proveniente dall'esterno era così forte da motivarmi ad uscire da quel circolo vizioso che mi stava solo buttando giù. Stavo perdendo la voglia di fare tutto. Mi rendevo conto di disubbidire alla mente, facendo tutto l'opposto di quello che essa mi proponeva. Sapevo da che parte stesse il bene, ma involontariamente seguivo il mio male. Conoscevo i miei "doveri", tuttavia inconsciamente non riuscivo più ad eseguirli come avevo sempre fatto. Ero consapevole di cosa fosse giusto ed ingiusto fare, purtroppo, però, non mi curavo più di nulla. Ero passiva. Stavo a guardare. Non ero più io a muovere i fili della mia vita. Ero caduta troppo in basso. Nessuno riusciva ad aiutarmi, a tendermi una corda da afferrare per facilitarmi la risalita. Ero come abbandonata in un deserto, in una campagna sperduta, in un bosco spaventoso. Attraversai davvero un periodo buio. Ascoltavo continuamente della musica che mi ricordasse lui e la nostra situazione. Pensavo costantemente alle sue parole. Mi aveva trascinata all'inferno, negli angoli più oscuri del suo io, nel perimetro della sua persona, e non ero stata ferita, ne ero uscita illesa. Mi aveva allontanata per proteggermi ed invece mi ferì. Quasi paradossale, eh? La cicatrice più profonda me l'aveva provocata andandosene. Allontanandomi ed allontanandosi. Sparendo. Non restando con la persona alla quale aveva fatto promettere più volte di restare.
Volevo uscire in fretta da quel tunnel. Più passava il tempo, più la situazione degenerava. Odio la corruzione, eppure ero corrotta da una voce nella mia testa che mi relegava alla sofferenza, precludendomi il riscatto. Volevo trasformarmi da formica in farfalla, per sentirmi finalmente libera. Avevo bisogno di una metamorfosi che mi consentisse necessariamente di librarmi in volo. Era la mia rinascita psichica. Avevo strisciato a lungo come fa la farfalla nelle sue prime fasi di vita, adesso ero pronta a spiegare le mie ali. Non volevo che toccassero più il suolo, dovevo trovare la forza di volare.
Avevo voglia di mutare da viola nera Molly Sanderson a fiore di loto, metafora della vita e delle avversità che affrontiamo. Di notte i petali si chiudono e il fiore si immerge sott'acqua. Si chiude per sprofondare, ma all'alba si innalza di nuovo sull'acqua sporca, intatto e senza resti di impurità. Simboleggia il potere della resistenza psicologica in quanto capacità di trasformare le avversità in potenzialità. Il fiore di loto è una magnifica metafora delle persone capaci di piegare il dolore e dispiegarlo, poi, sotto forma di serenità,
autocontrollo e persistenza.
Volevo essere l'ago magnetico di una bussola perfettamente funzionante. Dovevo esser io ad indicare la direzione della strada da imboccare.
Più in generale volevo essere me stessa, ritrovare la Musa di qualche tempo fa.
Ogni distacco genera in fondo una falsa morte interiore, in cui tutto sembra essere offuscato, ed inoltre rende la vita un inutile fardello da sopportare. È come se mancasse la metà che completa l'altro. Gli antichi dicevano che l'amore desidera qualcosa che non ha, ma di cui ha bisogno. È come se una parte andasse in cerca dell'altra per raggiungere la vera felicità interiore. Il distacco provoca silenzi che trasmettono un forte senso di malinconia, solitudine e abbandono. Lascia un vuoto incolmabile. "L'amore è semplicemente una forza interna ed esterna allo stesso tempo: ci sovrasta e ci sottomette e, pur improvvisandoci abili lottatori, non possiamo che cedere ad essa. Non c'è salvezza all'amore e tutti siamo condannati ad accettare gli effetti e i comportamenti che genera in ognuno di noi."

Sconosciuti amanti come in tela di Magritte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora