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« Mmh» mugolò Angel svegliandosi lentamente. Sentì un paio di pesi sul corpo e aggrottó la fronte. Poi si ricordò della notte passata con Daniel ed Eric. Erano appoggiati, completamente nudi, uno sulla sua spalla sinistra e l'altro lo teneva saldamente per un fianco, con la bocca appoggiata alla sua pelle. Angel, steso a pancia in giù, sospirò sentendosi il loro cuscino personale.
Sorrise, sentendo il cuore battere forte. Erano praticamente chiusi in casa da qualche giorno, e non avevano intenzione di lasciarsi andare.
Si sentiva l'uomo più felice e fortunato del mondo.
Ma se non li avesse con sé, cosa sarebbe? Ancora un corpo senz'anima, ecco cosa sarebbe.

I suoi pensieri vennero interrotti dal bussare insistente di qualcuno alla porta di ingresso.
Aprì gli occhi e fece una smorfia.

« Ma che..»

All'improvviso sentì urlare.

« Angel Carter, se non apri questa maledetta porta, la sfondo a suon di pugni!» urlò suo padre. I due ragazzi si svegliarono di colpo, quando Angel fece uno scatto in avanti, scendendo dal letto e mettendosi un paio di pantaloni della tuta.

« Ma che succede?» mormorò Daniel stropicciandosi gli occhi.

« C'é mio padre, ed é furioso. Vestitevi, ora!»

Uscì velocemente dalla stanza e corse giù dalle scale, proprio quando suo padre aveva rilasciato un pugno sulla porta così forte da fare tremare le cerniere. Aprì la porta sentendo le mani tremare leggermente. Non aveva paura di niente, Angel. Di suo padre bisognava avere paura. Di lui si. E anche di perdere i due ragazzi lì in camera da letto.
Il padre entrò in tutta la sua potenza, con uno sguardo che Angel vide poche volte nella sua vita.

« Papá»

« Non chiamarmi papá!» tuonò.

« Che é successo?»

« É vero quello che mi ha detto Kate?» chiese sbattendosi la porta alle spalle, chiudendola con un tonfo secco. Angel deglutì rumorosamente.

« Che... Che-» balbettò.

« Non prendermi per il culo!» urlò. Angel in quel momento si sentiva piccolo piccolo.

« É successo solo una volta. Non.. Non.... Eravamo ubriachi» balbettò. Dal piano di sopra scesero, piano, i due ragazzi, vestiti entrambi con una tuta. Donald li guardò per qualche secondo, per poi guardare di nuovo suo figlio.

« Eri lì? Con la testa, mentre scopavi con lei, tu eri lí?»

« Papá..»

« Rispondimi dannazione!» urlò facendolo sussultare.

« No» disse solamente.

« Lei era nella tua testa?»

Angel annuì non riuscendo a guardarlo negli occhi.

« Lo sapevo» disse solamente, prendendo in mano il cellulare.

« Cosa vuoi fare?»

« Chiamo il dottor Yang»

Daniel guardò Eric perplesso, stando dietro la penisola della cucina. Non volevano intromettersi, ma quella conversazione non piaveva per niente a nessuno dei due.
Angel sbarró gli occhi, con la gola secca e la paura nel corpo.

« No»

« Questa volta hai passato il limite. Non permetto più di farmi convincere da te sul fatto che stai bene. Dovevo portarti da Yang giá da anni! Ora basta, hai superato il limite. Ora decido io!»
« Non andró da Yang!»

« Hai messo incinta la tua migliore amica perché quella donna ti é entrata nel cervello come un parassita! Perchè ti diceva, che cosa? Che facendoti Kate, tu saresti "guarito"?! Neanche ti ricordi come te la sei fatta! Tu sei gay, Angel. Non etero! E non sei malato! Stasera andrai da Yang, che tu lo voglia o no. Ti ci porto con la forza se é necessario. Prepara le tue cose»

« Ho detto di no. Papà...» bisbigliò incominciando a sudare freddo. Gli vennero gli occhi lucidi.

Donald si girò verso i due ragazzi.

« Vengo a prenderlo alle otto. Preparate un borsone con le sue cose. Lo faccio solo per lui. È mio figlio. E se lo amate veramente, dovete fidarvi» gli disse solamente, prima di andare via.

Aprì e richiuse la porta, chiudendola con un tonfo secco, lasciando il silenzio.

Angel la fissò, la porta, per quelle che sembravano ore. Eric e Daniel lo guardavano non capendoci un cazzo.

« Chi é Yang?» chiese poi Eric.

Angel deglutì l' ennesima volta, per poi guardare, piano, i due ragazzi.

« Uno psichiatra» mormorò poi abbassando lo sguardo. Eric sbarrò gli occhi e Daniel si passó una mano fra i capelli.

***

Eric diede il borsone nero all'autista del padre di Angel. Poi si girò verso Angel e Daniel.

« Andrá tutto bene» gli stava dicendo Daniel, accarezzandogli il dorso delle mani. Angel lo guardava fisso negli occhi. Gli si leggeva la paura come se fosse lì in persona. Era terrorizzato. Eric gli si avvicinò passandogli una mano sulla schiena, cercando di consolarlo.

« Sta tranquillo. Verremo a trovarti. É solo per pochi giorni»

« Non lo potete sapere» mormorò con la voce incerta. Daniel guardó velocemente Eric, per poi tornare su Angel. Lo sapevano, che era improbabile che la cosa si fosse risolta in pochi giorni. Ma era arrivato il momento di affrontare quella cosa.

« Angel Carter» lo richiamò dolcemente.

« Hai superato un trapianto. Questo sará una passeggiata, non credi?»

« Non lo so. Lei é troppo dentro» disse scuotendo la testa con gli occhi lucidi. Daniel ed Eric lo coinvolsero in un abbraccio che sapeva di felicitá, di amore, di promesse.

« Muoviti, Angel» gli disse il padre, dietro di lui. Angel lo guardò con la coda degli occhi.

« Arrivo» borbottò. Donald annuì incominciando a scendere le scale.

« Devo andare» disse ritornando a guardare i suoi due ragazzi. Loro gli sorrisero per infondergli coraggio.

« Sta' tranquillo. Quando tornerai, saremo qui» disse Daniel accarezzandogli la guancia. Angel li guardó per un paio di secondi. Pareva volesse dire qualcosa, ma non disse nulla. Annuì solamente, si mise la giacca e, guardando per l' ultima volta i due pittori, se ne andò.

AmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora