8-Una nuova vita

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Apro gli occhi. Guardo fuori dal finestrino e già si inizia ad intravedere la stazione di Milano Centrale. Il treno sta rallentando, segno che l'arrivo si fa sempre più vicino. La mia nuova vita si fa sempre più vicina, o forse è addirittura già iniziata? Magari quando sono salita su questo Frecciarossa... Daniele mi ha chiamata stamattina e mi ha augurato buon viaggio, ma anche buona fortuna. Milano sembra così grande rispetto a Firenze. Ricordo le giornate trascorse qui con i miei, quando venivamo a trovare gli zii. Magari potrei provare a chiamarli e rimanere con loro per qualche giorno, mentre cerco una sistemazione. Non ho più avuto grandi rapporti con la famiglia di mio padre, dopo la sua morte, dato che in qualche modo vedendomi o parlando con me, era come se loro ripensassero a quella sciagura. Inoltre non trovavano, anzi non trovano, giusto che io sia rimasta "viva". Non che abbia mai avuto un grande rapporto con loro, ma diciamo che adesso, momento in cui avrei davvero bisogno di loro, sono certa di non poter assolutamente contare su di loro. Anche se tentar non nuoce... Potrei passare in studio dalla zia, magari lei mi starà almeno a sentire. Il ragazzo che è seduto davanti a me mi passa la mano davanti agli occhi. -Ti senti bene?- Mi chiede, interrompendo il flusso di tutti i miei pensieri almeno per qualche secondo. -Sì, grazie. Stavo solo riflettendo-

-Ho notato- Sorride, grattandosi la fronte. Chiude il suo iMac e lo ripone nella sua borsa porta-computer di pelle nera. -Comunque io sono Arthur- Mi porge la mano, alzandosi in piedi nel corridoio, ed io faccio lo stesso. -Piacere, Federica- Le nostre mani si stringono e quel tocco mi fa quasi rabbrividire. Abbasso lo sguardo e, prendendo la mia valigia dalla cappelliera, lo saluto frettolosamente. Sono già le cinque di pomeriggio ed io non so ancora dove andare a dormire. Mia zia è la mia unica speranza per oggi. Altrimenti l'opzione successiva sarebbe quella di alloggiare in un B&B stanotte e proseguire le ricerche domani. Salgo sulla metropolitana, diretta all'ufficio di mia zia. Lei lavora in uno studio legale ed è da sempre stata un pò il mio mito. Donna in carriera, due figli e il marito. Lei sue priorità sono sempre state queste e nell'ordine in cui le ho elencate. Lei non è zia "di sangue" ma è sempre stato un pò come se in realtà lo fosse. Scendo alla fermata interessata e mi affretto a risalire in "superficie". Milano è molto più caotica di quanto mi fosse sembrata durante quelle ore qualche giorno fa. Macchine di ogni genere si muovono senza sosta in queste strade fin troppo piccole rispetto alla quantità di vetture presenti. Sospiro e attraverso la strada, cercando di non essere investita. Diciamo che uno ci va quasi vicino, ma per fortuna sono sempre viva. Arrivata davanti al portone, rimango a fissarlo per qualche secondo prima di suonare il citofono. Nessuno mi chiede niente e il portone del palazzo si apre automaticamente. Guarda là come sono moderni qui... Entro nell'atrio e cerco qualche indicazione per il piano alle pareti, quando noto una targhetta attaccata vicino alla scala B. Bingo. Salgo fino al quarto piano, dove sembra si trovi questo studio, ed eccomi qua. La porta è aperta e una ragazza in tailleur mi sta aspettando sulla soglia.
-Buona sera- Esclama, facendomi cenno di entrare.
-Buona sera- Rispondo gentilmente, guardandomi intorno.

-Come posso aiutarla?- Mi chiede, tornando a sedersi dietro alla sua scrivania. -Sto cercando mia zia-

-E chi sarebbe sua zia?- Ha ragione anche lei. Sono soltanto un pò confusa.

-Mia zia è Giulia Conforti-

-Ha appena finito una riunione, vedo se è già rientrata in studio- Mi siedo davanti a lei e continuo ad osservare ogni singolo dettaglio dell'ambiente. -Federica?- Mi volto verso la direzione dalla quale proviene la voce, e con piacere scorgo mia zia brillante come al solito. -Ciao zia- Le vado in contro e la abbraccio. -Cosa ci fai qua?-

-Ho deciso di lasciare Firenze- Spiego in poche parole, mentre lei mi fa strada verso il proprio studio. -Per quale assurdo motivo ti è venuta questa idea?-

-Diciamo che ho sentito di dover lasciare il mio passato e iniziare da zero-

-Cosa pensi di fare adesso?- Mi fa cenno di sedermi e lei inizia a controllare qualche pratica presente sulla scrivania di vetro.

-Sai, zia, credo di non saperlo ancora-

-Sei venuta qui a chiedermi dei soldi?- Chiede schiettamente dopo qualche minuto di silenzio. Mi alzo in piedi di scatto e faccio cadere a terra la sedia. -Sono venuta qui per chiederti aiuto, per chiedere aiuto alla famiglia. A meno che questa si possa ancora chiamare tale, dato che sono sei mesi che i miei mi hanno lasciata, ci hanno lasciati, e che vivo da sola. Niente telefonate. Niente proposte di aiuto. Sono venuta qui per provare a riavvicinarmi a voi, ma credo di aver sbagliato tutto. Come al solito del resto-

-Federica, calmati. Fosse per me ti aiuterei, ma sai bene come sono fatti i nonni e come è fatto zio Andrea-

-Mi parli come se avessi cinque anni. So che mi odiano. So che pensano che sia colpa mia se i miei sono morti. Ma sanno anche che io mi maledico da sei mesi per aver avuto l'idea di chiamarli al cellulare quel giorno? Non è colpa mia se sono morti mentre erano al telefono con me!- Le lacrime iniziano a scendere e le miei parole si trasformano in urla.

-Federica, nessuno ti sta dando la colpa. Devi calmarti- Ordina mia zia, sbattendo una penna sulla scrivania in vetro.

-Io non mi calmo. Ciao, zia- Esco dall'ufficio, nonostante lei cerchi di fermarmi in qualsiasi modo possibile ed immaginabile. Scendo le scale correndo, dando anche una bella spallata alle tre persone che incontro nel tragitto. Premo un bottone che apre il portone di legno e mi precipito sul marciapiede. Il rumore delle ruote della mia valigia mi portano indietro al mio viaggio in Grecia e non posso fare a meno di ripercorrere con la mente tutti gli eventi che mi hanno accompagnata da quei giorni a questa parte. Attraverso la strada senza preoccuparmi di guardare da entrambe le parti, quando sento il rumore dei freni sull'asfalto provenire dalla mia sinistra. Alzo gli occhi e incontro quelli del ragazzo al volante. Esce di fretta dalla macchina e ogni mio dubbio sulla sua identità viene sciolto.

Broken Strings || Rederica #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora