-Erano le 16 di martedì 20 dicembre. Io stavo studiando per l'esame di Economia e Organizzazione Aziendale, quando i miei entrarono nella mia stanza, avvertendomi che stavano partendo. Come ti ho detto prima, io li avrei raggiunti a Milano in treno, quindi io sarei rimasta qualche giorno a casa da sola, o meglio, con tutti i camerieri vari. Fuori era un freddo terribile e mia mamma indossava una pelliccia di visone. Ricorderò sempre quella pelliccia. L'aveva ancora addosso quando arrivai sulla A1 accompagnata dal mio autista, per il riconoscimento. Mia sorella era avvolta nel suo Moncler bianco e ovviamente indossava le sue Dr. Martens nere. Io li salutai piuttosto velocemente, dato che erano già in ritardo sulla tabella di marcia. Secondo il loro programma, sarebbero arrivati a Milano verso le 20, ma alle 20 quel giorno accadeva tutt'altro. Insomma, poco dopo partirono. Io li avevo salutati dal vialetto, dopo averli abbracciati tutti e tre. Nel caso avessi saputo che sarebbe stata l'ultima volta, avrei fatto di tutto per farli rimanere, o almeno per tenerli ancora un pò con me. Li vidi andare via per il cancello di ferro sbalzato e tornai in casa già infreddolita. Era pur sempre dicembre... Continuai a studiare fino verso le 17:30, quando decisi di chiamarli per sapere come stesse procedendo il viaggio. Avevo pensato di prendermi una pausa e di godermi il paesaggio, nonostante il cielo fosse grigio piombo, accompagnando il tutto con una bella tazza di tè. Presi il cellulare e chiamai mio padre. Dopo un paio di squilli, mi risposero tutti in coro, essendo in viva-voce. Mi dissero che erano già vicino Modena e successivamente mi chiesero se a casa fosse tutto sotto controllo. Erano partiti solo da un'ora e mezza, ma sentivo già la loro mancanza. Parlammo per qualche minuto ancora, ma ad un certo punto...- Mi blocco e fisso un punto indefinito ne vuoto, iniziando a tremare. Le lacrime iniziano a scendere a fiumi ed io credo di impazzire. E' la prima volta che racconto tutto a qualcuno, a qualcuno di cui mi fidi davvero. Mi abbraccia ed io cado in un pianto isterico.
-Amore mio...- Mi bacia la testa e mi accarezza i capelli. -Ad un certo punto... Sentii solo delle grida e un grande frastuono. Non sentii più niente. Il panico mi invase: non sapevo più cosa fare. Credevo di star sognando. Un'ora e mezzo prima erano accanto a me, in quel momento stava prendendo tutto il sopravvento. Chiamai l'autista di mio padre e gli chiesi di preparare la macchina. Furono dieci minuti interminabili: i peggiori della mia vita direi. Il mio telefono squillò all'improvviso. Io sussultai e mi fermai in mezzo al soggiorno, ed ovviamente non è necessario specificare che avevo percorso tutto il perimetro della stanza avanti e indietro una decina di volte. Guardai il telefono e vidi un numero sconosciuto sullo schermo. Gridai il nome di Agata, la "mia cameriera", la quale si precipitò in soggiorno quando io avevo già risposto. Ricordo ogni singola parola detta da quell'agente di polizia. Mi chiese di raggiungerlo sul luogo dell'incidente: da lì mi avrebbero portata all'ospedale di Modena, nel quale li avevano portati. O almeno fu quello che mi fece credere... Lucas, l'autista di mio padre, mi stava già aspettando in cortile, quando scesi le scale di pietra serena ad una velocità pari a quella di Bolt. Indossavo un cappotto nero e grigio di Dolce & Gabbana, ma sentivo comunque un gran freddo. Salii in macchina e durante il viaggio non feci altro che chiedere a Lucas quanto tempo mancasse... Mi mordevo l'interno della guancia a ripetizione e non avevo neanche la forza di incontrare lo sguardo del ragazzo nello specchietto retrovisore. Dopo un paio d'ore arrivammo vicini al luogo dell'incidente: si erano creati chilometri e chilometri di coda, ma un'auto della Polizia Stradale ci stava aspettando all'altezza di una piazzola. Era un incidente grosso, coinvolgeva il direttore e amministratore delegato di una società quotata in Borsa. Passando sulla corsia d'emergenza, riuscii arrivare al luogo maledetto...-
-Signorina Carta, vuole che l'accompagni?- Mi chiese Lucas, dopo avermi aiutata a scendere dalla Mercedes nera lucida.
-No, Lucas. Non importa. Aspetta qui alla macchina, così sarai subito pronto per accompagnarmi in ospedale- Annuì, rimandando fermo davanti allo sportello chiuso. Mi affrettai a raggiungere i poliziotti che stavano osservando con grande attenzione il luogo dell'incidente, appuntando alcuni dettagli sul verbale. C'era un caos generale: c'erano un paio di ambulanze, auto della polizia e anche i vigili del fuoco.
-Sono Federica Carta, la mia famiglia è stata portata al Policlinico di Modena...- Uno dei due agenti, quello più giovane, si avvicinò e mi porse una mano, che io strinsi prontamente.
-Buona sera, signorina...- Il suo tono di voce mi fece gelare il sangue nelle vene. Non stava per accadere niente di buono...
-Fede, basta. Non devi ripensare a questa cosa se ti fa star male- Grida Riccardo, alzandosi in piedi, dopo aver fissato per qualche altro secondo il mio volto bagnato dalle lacrime. -Riccardo, quel maledetto incidente è stata la mia fine. Dopo qualche minuto quell'agente mi chiese di seguirlo fino ad una delle ambulanze. Sai cosa mi chiesero di fare?- Socchiudo gli occhi e mi metto le mani nei capelli, continuando a piangere. -Mi chiesero di fare il cosiddetto riconoscimento. Dentro a due "sacchetti" argentati c'erano i miei genitori! Due delle persone a cui tenevo di più al mondo! Le due persone che mi hanno fatta nascere... La sera alle 23:34, al Policlinico di Modena mi fu comunicato che neanche mia sorella ce l'aveva fatta. Ero ufficialmente una disgraziata: non avevo più nessuno-
-Ma i tuoi parenti?- Mi chiede, passandomi una mano sulla schiena scoperta dal vestito.
-Intendi quelli che appena arrivati a Modena e dopo aver scoperto la natura dell'incidente non fecero nient'altro che darmi la colpa dell'accaduto? I miei genitori stavano andando a Milano... Ci stavano andando senza di me e secondo il resto della mia famiglia non sarebbe mai accaduto niente se io fossi stata lì-
-Federica, non hai nessuna colpa.-
-Vorrei che tutti la pensassero come te- Mi asciugo leggermente il volto con un fazzoletto, per poi alzarmi in piedi e rientrare in camera. Mi siedo sul letto a gambe incrociate, appoggiando la schiena sul cuscino. -Non riuscii a piangere. Non piansi nè lì, nè al funerale. Era pieno di giornalisti, i quali mi chiedevano cosa ne sarebbe stato della PaperHat. Mi chiedevano di quella fottuta azienda, quando io non riuscivo neanche a piangere i miei genitori. Qualche settimana dopo il funerale, la PaperHat fu venduta ad una società americana che ne cambiò anche il nome. La famiglia di mio padre mi portò via tutto: l'azienda, la casa, la voglia di vivere... Non avevo più nulla: ero sola. Mi avevano portato via la PaperHat, l'unica cosa che poteva farmi sentire mio padre vicino. La verità è che era quello che volevano: mio padre doveva essere dimenticato. Dare la colpa a me fu solo un pretesto per eliminare il ramo secco della famiglia. Sono mesi che vivo con un peso sulla coscienza... Ed è solo colpa loro.- Continuo a lasciar cadere le lacrime sul mio volto, senza distogliere lo sguardo da un punto indefinito delle lenzuola color champagne.
-Non penserai davvero che la colpa sia stata tua?!- Appoggia le mani sulle mie braccia all'altezza dei gomiti e mi scuote. -Magari se non li avessi chiamati, non sarebbe accaduto niente...-
-Non dire cazzate- Incontro il suo sguardo e i miei occhi si colmano di nuovo di quelle maledettissime goccioline salate. -Non sai cosa darei per sentire la voce di mio padre dirmi:"Tesoro mio, non è stata colpa tua"... Non sai cosa darei per rivedere mia sorella per un'ultima volta e trascorrere un pomeriggio a mettermi in posa davanti alla sua Canon ultimo modello... Non sai cosa darei per andare a fare shopping con mia madre per un'ultima volta, per poi finire a litigare con lei per gli abbinamenti di colore... Ma un giorno li rincontrerò tutti e tre chissà dove... Con la testa fra le nuvole... Li rincontrerò fra le nuvole...-
Nota Autrice
Scrivendo questo capitolo mi è venuto da piangere anche a me, ma io sono una ragazza emotiva! Spero che vi sia piaciuto, nonostante tutto! Vi assicuro che i prossimi, saranno capitoli meno seri e un pò più spensierati: hanno tutta la vacanza davanti! Chissà cosa combineranno in altri sei giorni! Anche questa volta voglio complimentarmi con tutte per aver indovinato le citazioni nello scorso capitolo... itsdelicategirl , _Sofiadav_04 , about_lau , volarefelici , @Fedelove_youAllyxx
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Broken Strings || Rederica #Wattys2017
FanficLei: Federica Carta, ragazza che ha appena perso genitori e sorella in un incidente stradale. Lui: Riccardo Marcuzzo, o meglio Riki, cantante appena uscito da un talent. Sta riscuotendo un grandissimo successo in tutta Italia e tutte lo amano... Qua...