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<< Ryan. >> la mia voce è un sussurro. Ora che me lo ritrovo davanti con il cuore che ha cominciato a battere all'impazzata, mi sento disarmata.
Persa. Mi perdo ogni volta nei suoi occhi.
<< Alexa, posso parlarti due
minuti? >> chiede con voce flebile.
Strizzo gli occhi. Persa o no, questa volta non l'avrà vinta. Non ho nessuna intenzione di ascoltarlo. È un bastardo e merita il mio silenzio.
Mi acciglio e lo guardo di traverso:
<< Ti aspettano giù. >> dico rivolgendo poi lo sguardo alla porta chiusa.
Poso gli occhi su di lui e mi accorgo che non distoglie lo sguardo dal mio. Insisto. Alla fine sospira sconfitto, abbassa lo sguardo e a passi lenti va via.
Non appena la porta si chiude, caccio via tutta l'aria che avevo trattenuto. Non me ne sono nemmeno resa conto.
Probabilmente lui non sa perché non ho più alcuna intenzione di parlargli, ma gli sta bene. Deve capire cosa significa soffrire per la persona che è tanto importante per te, ma che ti ha fatto un torto. Deve capirlo.
Perdo tempo. Cerco qualcosa - non so cosa - nei cassetti del mio comodino, poi "qualcos'altro" nel cassetto della mia scrivania.
Meno tempo passo di sotto meglio è.
Sono passati venti minuti e mia nonna mi chiama dicendo che il pranzo è pronto e che devo raggiungerli.
Prendo aria nei polmoni e la ricaccio tirando un forte sospiro.
<< Posso farcela. >> mi dico.
Sono forte. Posso stare in sua compagnia per il pranzo.
Solo per pranzare, dopo tirerò fuori una scusa e mi rintanerò di nuovo qui dentro.
Mi sistemo guardandomi allo specchio e mi avvio alla porta.
Mi trema la mano mentre l'avvicino alla maniglia, apro la porta ed esco chiudendola poi alle mie spalle.
Con passi lenti li raggiungo e mi siedo al mio solito posto; cioè di spalle alla porta che accede alla cucina. Guarda caso, al mio fianco siede proprio Ryan. Mi acciglio ma mantengo la calma, faccio finta di niente e mi siedo mostrandomi il più tranquilla possibile, ovvero, il contrario di ciò che non sono.
Non sono per niente tranquilla con lui al mio fianco. Mi mette ansia.

È tutto il tempo che Ryan non mi toglie gli occhi di dosso.
Okay, adesso basta. Non ce la faccio più, sospiro, lancio un'occhiata a tutti che mi guardano confusi da quando ho posato le posate nel piatto.
Lasciando il ancora pranzo nel piatto, cerco una scusa e me ne torno in camera mia.
<< Non mi sento bene. Vado a sdraiarmi sul letto. Buon proseguimento. >> cerco di essere il più tranquilla possibile.
<< Va bene tesoro. Riposati. >>
<< Certo Alexa, riposati, non preoccuparti per noi. >>
No, non mi preoccupo, signora Wilson.
So che non dovrei desiderare una cosa del genere, ma non posso fare altro: desidero che se ne vadano, perché con la loro presenza, ma sopratutto con la presenza di Ryan, il mio umore non è per niente allegro. Al contrario; sono di pessimo umore.
Tutti mi hanno creduta, tutti tranne Ryan. Mi conosce e sa quando mento.
Infatti, non appena sono entrata in camera, ho sentito i suoi passi dietro di me e poi mi sono sentita prendere per un braccio; e ora mi ritrovo di fronte a lui che lo guardo in cagnesco.
<< Lasciami. >> sbotto.
<< Voglio solo parlarti. Ti prego... >> mi guarda dritto negli occhi, e i suoi mi parlano. Mi chiedono di ascoltarlo, ancora, ma io non ho alcuna intenzione di sentirlo. Non ho intenzione di ascoltare le sue scuse, perché so che non appena gli dirò il perché del mio comportamento, comincerà a trovare scuse; perché è questo che fanno i ragazzi.
Mi acciglio e gli vado incontro, lui sorride. So a cosa sta pensando, ma si sbaglia, di grosso.
Lo oltrepasso e apro la porta, mi metto di lato in modo da non bloccare il passaggio e gli faccio segno con la mano di uscire.
Scuote la testa: << Non me ne vado fin quando non avremo parlato. >> dice.
Sospiro nervosamente, << Okay. Non te ne vai tu? Vado via io. >> esco dalla mia camera e chiudo la porta laccandolo lì da solo.
Raggiungo di corsa la porta d'ingresso e la apro.
Fuggo via, non avviso nessuno. Nemmeno mia nonna. So già che si infurierà quando tornerò a casa.
Cammino a passo svelto, senza meta. O forse si. Una meta ce l'ho: Brooklyn Bridge Park.
Quello che l'unico posto che riesce a tranquillizzarmi.
Stendermi sul prato a guardare le stelle o le nuvole, mi trasmette serenità.
Adesso voglio solo dimenticare.
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Scusate se è un po' corto. Spero vi piaccia. Buona lettura e alla prossima! ♥️

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