Quando mi ero risvegliata il giorno dopo il tepore possessivo di quelle braccia intorno ai miei fianchi era sparito. Era sparito lui ed era sparita la sensazione di passionale, confusa unione con cui il suo etereo viso poggiato sulla mia spalla e le sue calde labbra ferme sul mio collo mi avevano sovraccaricato la mente. Il momento in cui avevano anche iniziato a paralizzarmela continuava a sfuggirmi ancora adesso, ancora adesso che potevo considerarmi totalmente sveglia davanti allo specchio del mio bagno personale.
Un pericoloso dosaggio di sovraccarico emotivo e una precaria paralisi mentale, tutto mischiato insieme, non era mai una bella combinazione.
Mi ero sentita leggermente stordita in quel quantomeno curioso frangete, curioso e molto inaspettato. E continuavo, imperterrita, a sentirmi leggermente stordita anche ora.
I preparativi estetici per la prima ufficiale colazione coniugale, per la prima ufficiale colazione come signora Jauregui, non stavano affatto riuscendo a fornirmi una necessaria, bene accetta distrazione. Una possibilità, anche minima, di districarmi da quel morboso labirinto di incoerenti e labili percorsi emotivi e mentali. No, non mi stavano affatto aiutando. E dire che un espediente, uno qualsiasi, uno positivo o negativo, uno superficiale o significativo, mi serviva come l'aria. Non importava la forma o il contenuto, non importavano gli effetti o le conseguenze successive, importava che funzionasse e basta.
Avevo smesso di prestare attenzione alle continue rotatorie, alle inversioni e i fuorvianti sensi di marcia di cui quei percorsi sfalsati sembravano essere intrisi.
Pareva un invasione dei sensi, era una invasione dei sensi.Mi ero risvegliata con la luce accecante di un sole già alto che penetrava dagli spiragli delle tende e mi disturbava fortemente gli occhi. Dovevo ricordarmi per ogni nuovo giorno che nasceva, per ogni futuro risveglio in questo paese, che con il sole bollente di Cuba a poco servivano un paio di tende a filtrarlo, spesse o sottili che fossero, ben tirate o meno che fossero. A molto poco servivano, quasi a niente. Dovevo ricordarmene o, forse, più semplicemente abituarmici.
Come dovevo farlo con il suo calore che ti entrava sotto pelle come brace incandescente, dovevo farlo anche con i suoi poteri accecanti dopo qualche ora di sonno ad occhi chiusi.Mi ero risvegliata con quella sgradevole percezione di momentanea cecità e la mia mano si era mossa in automatico verso il lato accanto al mio del letto.
Sapevo che non ci avrei trovato niente, lo sapevo ancora prima di combattere quel bagliore intenso agli occhi e riaprirli, lo sapevo ancora prima di tastare il morbido materasso prettamente vuoto e voltarmi in quella direzione per constare semplicemente l'ovvio.
Sapevo che non ci avrei trovato niente nel momento esatto in cui la consapevolezza di non avere più quelle sue braccia delicate intorno e addosso mi aveva istantaneamente colpito.
Avevo disgraziatamente scoperto che la strana mancanza del calore assiduo con cui quelle sue braccia ti potevano lentamente avvinghiare e soffocare, non era qualcosa che potevi semplicemente limitarti ad ignorare, che potevi semplicemente limitarti a non notare. La prima sensazione che avevo sentito a riguardo era stata duplice, come tutto, come sempre.
Razionalmente mi ero sentita rincuorata dal fatto di non averla trovata al mio fianco, che quel patto implicito di una notte era durato davvero solo il tempo di questa notte, di quelle poche, sporadiche ore. Il mio cervello si era crogiolato in uno snervante senso di pace interiore alla prospettiva che il tacito accordo era stato mantenuto, senza se e senza ma. Non che mi aspettassi altro da parte sua. Non che mi aspettavo di girarmi e ritrovarmi di fronte la rara immagine del suo sorriso sinceramente complice ad accogliermi. Quello rappresentava un caso eccezionale in frangenti e aspetti meno usuali, figurarsi in uno di questo tipo. Francamente non mi aspettavo neanche di trovare il suo sorriso sinceramente malizioso e irriverente, quello classico, quello così irritante ed eccitante insieme, quello che non rappresentava sicuramente l'eccezione, quello che veniva sempre rigorosamente accompagnato dalla rappresentazione più concreta del suo accattivante, odioso viso da stronza provocante e provocatrice per eccellenza. Non mi aspettavo né il caso più unico che raro, e né tantomeno il genere di accoglienza, nel caso, più probabile.
In verità sapevo perfettamente che tutto quello che mi sarei poi trovata davanti al mio risveglio, altro non sarebbe stato che una parola mantenuta, la sua parola parola mantenuta. Senza sconti, senza rimorsi, dispiaceri o ripensamenti.
Lauren mi aveva assicurato che il giorno dopo tutto sarebbe tornato come prima, ogni cosa sarebbe tornata al suo giusto posto, nella sua diritta direzione. Come se quel suo abbraccio non fosse mai realmente esistito, come se le parole non fossero mai state pronunciate, come se quel momento non fosse mai stato davvero condiviso.
Il rifiuto sarebbe tornato a scorrere nel sangue da entrambe le parti, la carica di odio apparentemente immotivato avrebbe ripreso a restringere le vene da entrambe le parti. Come se in realtà il suo flusso veloce, violento non si fosse mai interrotto, come se quell'inaspettata e breve parentesi di unione non fosse stata altro che una pura invenzione.
Il cervello quasi sempre giocava una serie di autolesionisti, sgraditi scherzi, la maggior parte delle volte aveva ragione, la maggior parte delle volte lo erano davvero, erano esattamente quello che sembravano essere. Altre volte, come in questo caso, dovevi semplicemente fingere che lo erano, che non ti sbagliavi su di loro. Il confine tra il riconoscerlo e il non farlo era labile, era impossibile, spesso rasentava la follia. Lo faceva se ci pensavi, lo faceva se non potevi fare a meno di pensarci, lo faceva quando diventavi tu il tuo stessa male.
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Turbid Obsession (Camren)
Fanfiction"Non poter fare a meno di qualcosa non significa che la possediamo, ma che ne siamo posseduti."