Ora che entrambe stavamo passeggiando a cavallo, fianco a fianco o quasi, il silenzio imbarazzato e imbarazzante che accompagnava onnipresente il calpestio degli zoccoli per poco non mi faceva pentire di questa idea, di aver preso l'iniziativa di invitarla formalmente a seguirmi in questa scampagnata senza una meta apparente e del tutto improvvisata. Inizialmente mi era sembrato un buon sistema per cominciare a costruire nel concreto le fondamenta del mio piano subdolo e distruttore. Meravigliosamente subdolo e distruttore. Scaltro come lo ero io, brillante e contorto come me.
In fin dei conti, se volevo portarlo a debito compimento, e, tra parentesi, non c'era cosa che volevo di più al momento e anche vita natural durante, avevo dovuto pur cominciare da qualche parte. E prima lo facevo meglio sarebbe stato, prima ne raccoglievo i sublimi frutti prima mi liberavo definitivamente di Camila. E facendola soffrire come un cane, e dandogli il dolce ben servito ripagandola anche con gli interessi, in aggiunta. Ecco perché chiedergli di venire con me per la mia consueta cavalcata mattutina oggi stesso, il giorno dopo a quella nottata da dimenticare mi era parso un buon sistema, un buon primo mattone solido da mettere.
Sarebbe stato un processo lungo, che mi consentiva per forza di cose di poter mettere solo un mattone dopo l'altro e non tutti insieme, sfortunatamente. un piano si sordido e crudele al punto giusto, un piano che ne valeva davvero la pena a prescindere dai grandi rischi che comportava, ma che necessitava appunto per quello di una pazienza notevole, con tanto di tempi giusti per rendere il tutto davvero credibile, per farcela cadere con tutte le scarpe, e con tanto di nervi saldi da mantenere anche nelle situazioni più dure, anche quando Camila con le sue provocazioni e la sua faccia da schiaffi mi rendeva particolarmente difficile continuare con la facciata e particolarmente facile cedere al grande impulso di continuare a schernirla, umiliarla e basta nelle rare occasioni ufficiali necessariamente da condividere, ed evitarla semplicemente e il più possibile per tutto il resto del tempo. Se volevo arrivare fino alla fine dello spettacolo che mi ero ingegnata di macchinare nella mia mente contro di lei, dovevo stare buona, dovevo fare la "brava" per tutti i giorni, le settimane o addirittura i mesi che sarebbero serviti, augurandomi vivamente di non dover arrivare a snaturare me stessa, a forzare i miei limiti per un lasso temporale così lungo, così difficile da passare in questa nuova versione camuffata che proprio faticavo a sentirmi addosso.La "brava". Non l'avevo mai fatta, non in questo senso sicuramente, non sapevo nemmeno cosa voleva dire. Gli unici sensi che conoscevo io da poter abbinare a quel termine erano o quando concludevo in bellezza un importante affare, o quando concludevo in bellezza un rapporto sessuale regalando un orgasmo famoso dei miei alla partner o il partner occasionale. Non sapevo cosa voleva dire mettersi d'impegno a conoscere qualcuno, tentare di crearci un legame che non fosse prettamente intimo, tra corpo e corpo, al di fuori della camera da letto. Non mi aveva mai sfiorata neanche il pensiero di farlo e quando vedevo qualcuno provarci sotto i miei occhi provavo pena per quella povera anima stolta e inconsapevole, per quel percorso masochista fatto di schiavismo cui avevi deciso di farsi schiavizzare senza possibilità di essere recuperato. Del resto, come si poteva recuperare un anima che non aveva mai realmente capito di essersi smarrita per strada, di essere in procinto di diventare dipendente dai capricci e la volontà di qualcun altro. Come si recuperava qualcosa che non sapeva nemmeno di dover essere recuperata. Non si poteva. Semplice.
Ora quel percorso votato al suicidio della libertà individuale dovevo fingere di intraprenderlo io. Perché di quello si trattava nel mio caso, di una mera finzione. E, ironia della sorte, quella finzione dovevo attuarla proprio con la donna che già mi aveva messo le catene "socialmente", con la donna per cui avevo scoperto nuove frontiere di astio per quel motivo e non solo. Purtroppo non solo.
Lo facevo per una causa che si meritava a pieno quello sforzo precario, lo facevo per mandarla via lasciandola con un pugno di mosche e un cuore irrimediabilmente lacerato, ma questo non voleva dire che non sarebbe stata ugualmente la più grande sfida personale che mi ero mai posta. La più grande. Perché per finta o no, per una causa decisamente meritevole o meno, comunque avrebbe comportato il dover andare contro me stessa, il dover andare contro tutto quello che avevo da sempre disprezzato, il dovermi avvicinare a tutto quello cui avevo da sempre tenuto le debite distanze di sicurezza.
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Turbid Obsession (Camren)
Fanfiction"Non poter fare a meno di qualcosa non significa che la possediamo, ma che ne siamo posseduti."