Capitolo 27 (prima parte)

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Un dildo? Come aveva anche solo potuto pensare che potesse farmi venire in mente delle sembianze in qualche modo falliche? Non che, con un minimo di sforzo e fantasia sessualmente distorta, qualcuno con un appetito bello accesso non avesse potuto riscontrarcele delle sembianze di quella specifica fattezza. Allungato lo era, e anche largo quel tanto che bastava per farlo entrare con un po di buona volontà in uno dei due dei tre buchi. Anteriore o posteriore che fosse, escludendo quello facciale subito al di sotto del naso e poco più sopra del mento.
Solo chi voleva farsela con tutte le proprie forze e annaspava disperatamente per trovare il giusto pretesto per intavolare la"pratica" avrebbe mai potuto avere la patetica idea di iniziare a ridefinire i "dettagli" scambiando appositamente quello strano orologio per un dildo. "
pratica" che, ovviamente, con gli affari e con la parte professionale della faccenda aveva moto poco a che spartire. sicuramente avrà avuto molto poco a che spartire, non ne dubitavo.
Lauren aveva raccontato quel "delizioso" aneddoto con un sorriso carismatico da gelatina alle ginocchia. Uno di quelli che, come spesso accadeva e come non ero sicura che mi ci sarei mai abituata davvero, aveva lo spiazzante potere di farmi vacillare le gambe improvvisamente molli per l'eccitazione e di farmi digrignare i denti improvvisamente vogliosi di staccargli a morsi un pezzo di labbro carnoso per la frustrazione furente. Muscoli che si ammorbidivano come il burro, muscoli che si irrigidivano come il ferro e che bruciavo pronti a scattare, pronti ad entrare in azione. Tutto nello stesso tempo, tutto allo stesso momento.
In questa di legge dei contrari, evidentemente, uno non andava per forza di cose ad escludere l'altro come usualmente accadeva. Come teoricamente sarebbe dovuto accadere anche in questo di caso. Una curiosa inversione dei codici e delle norme esistenziali cui non avevo mai dovuto preoccuparmi, che non mi ero mai nemmeno posta il problema di dover prendere in considerazione e di dover gestire.
Non ero una che viveva e ragionava secondo uno schema sociale e quello che facevo, quello in cui mi ero praticamente specializzata a fare lo dimostrava abbondantemente. Anzi, lo gridava piuttosto a gran voce.
Non ero una che era mai stata interessata ad avere un suo codice morale atto a preservarmi una supposta integrità o a fornirmi un servizievole equilibrio considerato socialmente accettabile, presentabile o addirittura ineccepibile.
Almeno, non lo era mai stata prima di ritrovarmi come una spina nel fianco una donna mortalmente fuori dagli schemi come Lauren. Eccessivamente provocante e provocatrice, eccessivamente tentatrice.
Sapevo alla perfezione come ci si comportava, certo, cosa fare, cosa non fare, cosa dire o non dire in ogni singola occasione. Lo sapevo e lo mettevo in atto, ma solo quando la finzione lo richiedeva, solo quando il mio immedesimarmi e rivisitarmi nel plagio della commedia me lo imponeva in automatico.
Come un serpente che cambia la sua pelle a cicli alterni io cambiavo la mia personalità per dare a chi avevo davanti esattamente quello che voleva, che si aspettava da me. Abile nel carpire ognuno dei più svariati desideri per poi essere ancora più abile nel realizzarli per imprigionarti, per imprigionarti dentro il tuo stesso peccato divino. Una dote naturale, oltre che anni e anni di apprendimento e allenamento redditizio. Una sorta di vocazione, anche se non propriamente molto simile a quella che colpiva una suora monaca.
Era da leggere tra le righe. Non si rivolgeva e piegava al Dio che venerava un frate ma si rivolgeva pur sempre ad un Dio, anche se uno di tutt'altro stampo e tipo: quello del sesso e della seduzione.
Non ti faceva redimere ma era senz'altro quello che ti ci portava ad avere un valido motivo per cercarla e trovarla una possibile redenzione.
I desideri di Lauren non li riuscivo mai ad interpretare fino in fondo, a volte mi sfuggivano e a volte, in quei rari sprazzi di facciate cadute o dismesse, riuscivo a farmene per qualche attimo una vaga idea, altre ancora di volte non potevo neanche permettermi il lusso di perdermeli per strada perché semplicemente non mi arrivavano proprio. Forse perché ne aveva troppi da accontentare, forse perché glie lo potevo leggere nel verde foschia degli occhi cangianti con quanta disarmante assiduità tendevano a mutare e stravolgersi. Si stravolgevano loro e stravolgevano me di conseguenza. Non erano schiavi di un flusso stabile, non erano soggetti ad una logica o ad un punto fermo. Privi di una prassi, privi di una voglia pruriginosa e di un peccato che fossero sempre gli stessi. Nessuno uguale all'altro ma tutti costantemente uniti e riuniti dal comune denominatore dell'odio e della passione. Una costante, una scintilla di follia che la rendeva sana, che non la faceva completamente impazzire.
Per Lauren Jauregui e per i suoi scostanti desideri un filo comune non esisteva, un solo peccato ad unirli pareva essere troppo poco, pareva essere spazzatura.
Con lei la mia dote naturale e il suo allenato sviluppo in fatto di perfezionamento e migliorie, non significava necessariamente una succosa garanzia di successo e di un traguardo che presto sarebbe stato raggiunto. Avevo iniziato a realizzarlo dal primo incontro, come le avvisaglie di un imminente tempesta di un cielo contaminato di lampi, ed ero finita con il prenderne definitivamente atto dopo il primo buco di acido allo stomaco e dopo la prima esplosione vera e propria dei sensi al basso ventre, lo avevo assimilato in maniera ufficiale dopo il primo fulmine e il primo tuono intenti a colpirmi nel pieno della burrasca.
Con Lauren ero stata costretta a tutto e il contrario di tutto che non avevo mai dovuto vedere, con Lauren ero stata costretta ad impormeli dei limiti, a farne mio il loro significato sconosciuto.

Turbid Obsession (Camren)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora