capitolo 40 (prima parte)

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-Dove stiamo andando?.-

-Smettila di chiedermelo, lo scoprirai da sola a tempo debito.-

Eravamo in viaggio su quella carrozza da ben tre ore. Ad occhio e croce la destinazione da raggiungere, dalle vaste e irrorate campagne cubane, doveva essere il centro della città. Il passaggio da incontaminate distese di campi a incontaminate distese di smog e folle brulicanti. Dalla natura alla società.

-Perché ti ostini a non volermelo dire?.-

-Perché è una sorpresa, e poi anche perché mi piace tenerti sulle spine fino all'ultimo.-

-Lo so, me ne sono accorta. Ultimamente sembra essere diventato il tuo sport preferito non solo per quanto riguarda le "ipotetiche" sorprese.-

Erano passati due giorni da quell'impensabile che poi era accaduto, da quel cuore a cuore che per molto più di un attimo avevo categoricamente perso le speranze sarebbe mai potuto accadere. Lo ricordavo come fosse successo appena un secondo contato fa, perché era da allora che mi sentivo ininterrottamente come se fossi letteralmente ubriaca. Ma, in questo caso specifico, non ubriaca di whisky ma ubriaca d'amore, ebbra di quella esplosione di adrenalina e sentimenti che mi scorreva fluida nelle vene. Ebbra di quel sentirmi viva e finalmente in pace in quello stesso dolce tormento. Era una sorta di eterna e continua sbronza di cui non ne avevo mai effettivamente abbastanza, che a differenza di quelle "comuni" non era mai troppo ma, al contrario, sempre troppo poco.
Decisamente, non mi ero mai sentita così prima, non mi ero mai sentita al posto giusto nel momento giusto. Non mi ero mai sentita veramente a casa tanto quanto mi ci sentivo ora.
Una casa incerta ma sicura, una donna imprevedibile al mio fianco e piena di contraddizioni, di pericoli, ma inestimabile e lineare nel suo esserlo. Nel suo essere quello che era così come io ero quello che praticamente non sono più. 
-Continuerai a rifacciarmi ancora per molto il mio non volerti cedere?.-

-Tu che ne dici? Una ragazza ha pur bisogno delle sue esigenze.

-Credevo di essere io la ninfomane insaziabile tra le due.-

-Era quello che credevo anche io, infatti. Ma, chiaramente, stai iniziando a perdere colpi Lauren. O, forse, la fama che ti precede è sempre stata fin troppo sopravvalutata e immeritata.-

Quella provocazione si era guadagnata una sua alzata di spalle volontaria per darmi un leggero colpetto alla testa che tenevo comodamente appoggiata proprio sulla sua spalla. Alzando gli occhi per incociare il suo sguardo aveva dipinta chiaramente in faccia la sua tipica espressione da femme fatale alla "sappiamo entrambe che questa è una stronzata bella e buona". Quella tipica che la rappresentava, sia altezzosa e sicura di sé, sia da acquolina in bocca e orgasmo immediato per le premesse incoraggianti e peccaminose che ti lasciava sotto intendere. Premesse che, anche se non le avevi ancora sperimentate o messe alla prova, a lei bastava spiattellartele davanti con quella sfacciataggine indecente nello sguardo lucido e quel sopracciglio disegnato alla perfezione che si arcuava in quel modo così sorditamente sensuale per non farti dubitare neanche per un istante del fatto che sarebbero state assolutamente veritiere. Che non serviva provarla per avere la conferma che avrebbe potuto tranquillamente farti avere il miglior orgasmo della tua vita se solo lo avesse voluto e se solo tu fossi fortunatamente caduta nelle sue sessuali mire.

Mai espressione alla "ma che gran cazzata" da parte sua, era stata tanto giustamente rappresentativa e azzeccata come in questo caso.

Due giorni, erano due giorni che ci rincorrevamo e tormentavamo in quel modo. O meglio, io rincorrevo lei con il diretto risultato di un sordido e per nulla tacito tormento fisico per entrambe. E tutto perché ancora non voleva saperne di "consumare" ufficialmente il nostro incredibilmente complementare cuore a cuore. Ancora nessuna rinnovata esperienza sensoriale e sessuale migliore della mia vita, ancora niente sesso con amore, o sesso e basta, ergo, ancora niente ergosami.
Erano stati i due giorni migliori e più sofferti al contempo, più lunghi e più corti di sempre. Eravamo state spesso insieme, Lauren aveva smesso di scapparmi o evitarmi e aveva iniziato a cercarmi. Il mio cuore e il suo battito inevitabilmente accelerato ogni volta che mi era vicino avevano ringraziato e accolto con fervore quel principio di cambiamento e apertura da parte sua, un altro mio organo altrettanto pulsante, però, ne aveva sofferto indicibilmente nel momento in cui quel pulsare martellante non veniva puntualmente alleviato o soddisfatto.
Il tempo era volato quando mi aveva sorriso con quel calore lasciato finalmente libero di manifestarsi sulle labbra e negli occhi, quando mi aveva tenuta per mano o aveva possessivamente avvinghiato il mio bacino e baciato dolcemente il mio collo e la mia guancia. Era volato in quei casi, ma era stato inesorabilmente lento e meschino quando, ogni fottuta volta, era scampata prontamente dalla mia presa non appena le cose si facevano un po più interessanti e la situazione, sotto mia diretta spinta e iniziativa, cominciava a surriscaldarsi sensibilmente.

Turbid Obsession (Camren)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora