Capitolo 1

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Era domenica mattina e avrei sbrigato del lavoro prima di prendermi una settimana libera per andare da mio padre.

Ero appena entrata nello studio legale in cui lavoravo, avevo un mio ufficio e nonostante anni fa aspiravo a diventare ben altro che un avvocatessa come mio padre tutto sommato a me piaceva il mio lavoro.

Appoggiai la borsa su una poltrona affianco alla mia scrivania e mi sedetti alla mia postazione, adocchiai la pila di lettere che vi erano ed iniziai ad aprirne qualcuna.

Mentre stavo per leggere quasi mi accorso dopo un po che c'era Jason a guardarmi in attesa che me ne accorgessi.

Sorrisi leggermente " ciao Jason" lo salutai ritornando a guardare la lettera, "Ciao Chris.. lo ami proprio questo lavoro." disse lui scherzando e ammiccando un sorriso.

Alzai le sopracciglia sarcasticamente e gli risposi "Come te d'altronde.. come mai sei in ufficio?"

Lui avanzò verso di me e si sedette nella poltrona davanti alla scrivania, "Il caso dei Coleman è abbastanza lungo con le scartoffie.. ho saputo che per una settimana ti assenterai." Disse lui curiosamente e con tono indagatore.

Annuì e risposi in soprappensiero mentre finivo di leggere una lettera di richiesta per un caso che riguardava una donna di nome Loren Turner, una americana..

"Sarai di sicuro piena di lavoro, non ti voglio trattenere a lungo.. ci rivedremo la settimana dopo a cena al tuo ritorno va bene?" Domandò lui speranzoso sorridendomi.

Jason era un avvocato come me, più grande e che lavorava in questo studio da ormai svariati anni, era diventato membro associato dello studio e si era fatto un nome qui in Gran Bretagna, aveva 33 anni ed era un ragazzo affascinato e attraente, fin da quando ero venuta a lavorare in questo studio io e lui spesso ci frequentavamo senza aver la necessità di definire il nostro tipo di relazione e senza impegno, lui era separato e dopo il suo matrimonio aveva solo occhi per il lavoro e la carriera, cosa che io facevo fin dall'università.

"Certo" gli dissi sorridendo leggermente e guardandolo negli occhi prima che varcasse la porta del mio ufficio per andarsene.

Diedi un'ultima occhiata alla lettera e decisi di voler prendere il caso, oltretutto era a qualche ora di macchina da Miami quindi sarei andata verso l'abitazione di questa donna per parlare del suo caso a voce.
Presi la lettera e mettendola all'angolo della scrivania per portarla via con me, continuai con il mio lavoro..

****
Dopo diverse ore in ufficio presi le mie cose e decisi di tornarmene a casa per riposarmi prima del viaggio di sta notte.

Mentre tirai fuori le chiavi della macchina al parcheggio sotterraneo un senso di paura e che qualcuno mi stesse pedinando mi assalì come orami di abitudine..

Aprì l'auto e mi sbrigai a salirvi subito sopra e a chiudermi dentro, guardai dagli specchietti che non ci fosse nessuno e sospirando dal sollievo e con la consapevolezza che erano solo le mie paranoie, misi in moto e guidai verso il mio appartamento.

Il pensiero che tra diverse ore sarei ritornata a Miami da mio padre e la mia vecchia casa mi creava un groviglio di emozioni e ricordi che pensavo quasi di aver dimenticato.  Erano anni che non abbracciavo mio padre e nonostante la mia rigida decisione e di non aver salutato mia madre, o di non essere stata al suo fianco fino al suo ultimo respiro, non provavo rimpianti, mia madre aveva capito fin dall'inizio quando decisi che me ne sarei andata che non mi sarei mai più voltata dietro, lo aveva compreso ancor prima che lo potessi far io.

Sono diventata più forte anche se pur vittima delle mie paranoie, ho imparato a contar su di me e a stare da sola. Ho viaggiato il mondo studiando diverse lingue e poter aver la posizione lavorativa in uno degli studi legali più importanti del mondo. Ero fiera di quel che ero diventata nonostante non avessi una vita amorosa o avessi voluto "dimenticare" e abbandonare la mia vecchia vita.

Parcheggiai nel parcheggio davanti all'edificio in cui vi era il mio appartamento.

Presi la mia borsa e la giacca e scesi dall'auto andando verso il portone.
L'apri con la tessera magnetica ed evitando l'ascensore feci diversi piani per arrivare all mio pianerottolo. Camminai verso la mia porta e dopo aver aperto con le chiavi vi entrai e accessi tutte le luci.

Nelle due pareti vetrate vi era il mio riflesso è quello della stanza appena illuminata, la città di Liverpool era incorniciata in un cielo grigio e malinconico. Camminai verso camera appoggiando la roba sulla cassapanca davanti al letto e spogliandomi andai verso il bagno desiderosa di farmi una doccia calda.

****
"I gentili passeggeri sono pregati di allacciarsi le cinture per l'atterraggio." Mi svegliò la voce metallica della hostess. Ero in prima classe e cercando di darmi una sistemata mi allacciai poco dopo la cintura di sicurezza.
Dal finestrino potevo vedere il cielo azzurro e soleggiato di Miami.. sorrisi e quando fummo atterrati mi tolsi la cintura e mi misi in fila con gli altri passeggeri per scendere.

Quando scesi l'ultimo scalino della scaletta, respirai a pieni polmoni quel clima e quell'aria famigliare di Miami. Mi era mancato il sole e questa temperatura, Liverpool era così malinconica e grigia anche se pur bella.

Dopo aver aspettato i miei bagagli e averli ritirati mi recai verso l'uscita dell'aeroporto pronta per armarmi di pazienza per trovare un taxi, ma forse mi sbagliavo perché un signore con l'aria di essere un'autista aveva in mano un foglio con scritto Williams.

Corrugai la fronte e andai verso quel tipo che guardò prima il suo telefono e poi me sorridendomi.

"Salve sono l'autista che il signor Williams ha chiesto di scortarla presso la sua residenza." Parlò in maniera fin troppo regale l'autista, ero abituata a questo modo di parlare in Inghilterra ma qui a Miami proprio non si poteva sentire, cercai di non ridere ma annuì semplicemente sorridendo gentilmente.

Quando lui caricò tutte le valigie e salì in macchina, mi preparai al viaggio di ancora quaranta minuti.

Ero contenta di abbracciare mio padre, ma speravo con tutto il cuore di non vedere nessun altro e non aver sorprese, già lo avevo detto a mio padre, ma si sa che gli avvocati hanno sempre una loro opinione giusta sul fatto della ragione..

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