Capitolo 4

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STELLA

L'abbraccio che avevo dato a Robin cominciò a far male mentre Tara sfogliava l'opuscolo, evitando di guardarmi.
Voglio dire, non alzava nemmeno lo sguardo quando la navicella aveva uno scossone per evitare un asteroide o quando attraversavamo una corrente.
Avevo ben altro a cui pensare, mentre il tempo scorreva alla velocità della luce, ma quello era l'unica cosa che occupava la mia mente: stavo facendo soffrire un'amica.
Se alla fine fossimo riusciti a vincere la guerra ed a sconfiggere Trigon (anzi, mi corressi, quando) io avrei avuto la mia felicità, con i miei amici e con Robin.
Tara, la ragazza che aveva fatto troppe scelte sbagliate, si sarebbe sentita fuori luogo in ogni angolo dell'universo, soprattutto perché Amalia non sarebbe potuta sempre starle accanto.
Il pensiero di mia sorella mi riportò a concentrarmi sul problema più grave, riscuotendomi con un brivido di terrore.
Il luogo dove stavamo andando, solo la prima delle due folli tappe, incarnava in sé gran parte della sofferenza che era stata la mia infanzia. Incarnava il male che prima rappresentava mia sorella.
Rammentai il dolore delle iniezioni, delle operazioni assurde, degli esperimenti sui miei occhi, sulla mia pelle, sul mio cuore.
Ricordai gli impulsi elettrici ai quali ci sottoponevano per innescare la mostruosa ed innaturale reazione, ricordai le cicatrici sul torace, dove per ore quei folli infilavano e sfilavano bisturi.
Lo sguardo carico d'odio e paura di Amalia, che riusciva a rimanere sana di mente disprezzandomi ed alimentando la sua ostilità nei miei confronti.
È colpa tua, dicevano i suoi occhi.
Io rimanevo ancorata al pensiero della piccola bimba che avevo salvato e che ero riuscita a portare in salvo, prima che mi catturassero.
Avevo delle conoscenze, una famiglia che aiutava i piccoli schiavi come lo ero io. Gli avevo affidato Soraya giusto in tempo, quando avevo cercato di fuggire ed Amalia me l'aveva impedito.

"Non farai ritorno a casa, Kory." mi aveva detto braccandomi. "Se a Tamaran non c'è posto per me non ce ne sarà mai uno nemmeno per te."

E poi BAM!, ecco che gli Psion ci avevano rapite, due sane e perfette giovani tamariane, ottime per i loro esperimenti.
Amalia ottenne la capacità di volo da lei tanto agognata più qualche optional offertoci dagli scienziati, mentre io mi sentivo solo mutata e trasformata in un mostro.
Mi ricordo perfettamente di quando siamo state liberate.
La famiglia che mi aveva aiutata venne a liberarci per conto dei nostri genitori, portando a Tamaran anche la piccola Soraya.
Thornton aveva sedici anni ed uccise gran parte di coloro che si opponevano al salvataggio, insieme a suo padre.
Una volta a casa, Amalia non venne accettata anche se ormai era uguale a me, respinta da una popolazione indignata e tradita.
È più facile odiare una bambina che la propria casa.
Ed è quello che fece mia sorella, riversando la sua rabbia e la sua disperazione su di me, distruggendo ogni briciola della sua umanità.

"Komand'r, che cosa ti ho mai fatto? Perché mi odi?" gridavo spesso in lacrime, dopo che lei aveva avvelenato il mio nuovo animaletto o dato fuoco ai miei giocattoli.

Lei mi inceneriva con uno sguardo carico di rancore ed odio.

"Sei nata." sibilava prima di sparire.

Non la chiamai mai più Komand'r da quando mi spinse giù dalle scale con una forbice in mano.
Quella volta dovettero chiamare i migliori guaritori del regno per tirare fuori l'oggetto dal mio torace senza danneggiare il cuore.
Mentre gli altri accorrevano a soccorrermi, Amalia mi fissava inorridita e sconvolta. Credo che sia stato allora che aveva deciso che non sarebbe mai lei ad uccidermi.
Nel mio inconscio di bambina decisi di dimenticare la sorella che mi aveva voluto morta, rivolgendo il mio pensiero ad Amalia, la sorella che mi odiava ma che mi avrebbe risparmiato la vita.
Sentii una mano toccarmi il braccio e tornai in me.

Facciamola finire beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora