Capitolo 20

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BEASTBOY

Avrei dovuto ribellarmi in qualche modo, ma decisi che era più conveniente per me approfittare dell'occasione, così rimasi stretto a lei più a lungo possibile, inspirando il profumo dei suoi capelli. L'odore di cannella era ormai quasi svanito, rimpiazzato malamente dal sapone che ci aveva dato Amalia, ma se mi concentravo riuscivo a sentirlo. Mi lasciai andare al pensiero che forse l'avremmo fatta finire bene tutta quella faccenda, che se riuscivo ancora a stare abbracciato a Raven voleva dire che una remota speranza c'era, per noi e per tutto l'universo.
Poi i nostri corpi si schiantarono al suolo, un duro, caldo, doloroso suolo. Grazie al modo in cui eravamo caduti nel portale fu Raven quella a spiaccicarsi a terra per prima, io le finii su una gamba e poi le rotolai sul torace, schiacciandola e facendole mancare il respiro per qualche secondo, il tempo che io mi rendessi conto della situazione e scivolassi di lato.
Prese a lamentarsi flebilmente non appena ebbe ripreso a respirare, anche se io vedevo solo le gocce di sangue che erano cadute sulla roccia sotto di me da quello che probabilmente era il mio naso. Vedevo doppio e cercai di sedermi, mentre mi accorgevo che non era lei a lamentarsi piano, ma io a non sentire quasi niente. Una volta che le mie orecchie si furono ambientate e che il paesaggio attorno a me ebbe smesso di vorticare, chiusi gli occhi e me li coprii con le mani, per rinsavire.

"Scusa." dissi. "Ti ho fatto davvero così male?"

Sentii il rumore che faceva mettendosi a sedere.

"Sto bene, anche se fosse rotta con un semplice incantesimo potrei..." cominciò. "Oh."

Aprii gli occhi senza guardarla, timoroso che quel Oh volesse in realtà dire Beast Boy, sei riuscito a rompermi la caviglia. Mi asciugai il naso e guardai le dita per vedere se effettivamente provenisse da lì il sangue, quindi ebbi ufficialmente il mio primo infarto. Le mie mani erano rosee e leggermente callose, sporche di rosso giusto sulle punte.
Mi voltai verso Raven sconvolto, mentre realizzavo che quel Oh significava Non posso aggiustarmi la gamba che mi hai rotto, razza di idiota, perché non ho uno straccio di potere magico.
Anche lei si guardava sbalordita le mani tremanti, decisamente meno pallide del solito, invece io fui attirato dal nero dei suoi capelli e dal blu intenso dei suoi occhi. Non azzurro, blu. Il genere di blu che usavo da bambino per colorare il cielo di notte.
Feci per dire qualcosa, ma ogni parola che avrei potuto dire mi morì in gola. Ero terrorizzato ed anche se le avevo detto che non sapevo da cosa, non potevo mentire anche a me stesso: e se fossi ancora malato? E se quel virus che mi aveva infettato da piccolo potesse colpirmi ora che ero di nuovo "normale"?

"Questo è un giorno meraviglioso!" esclamò una voce familiare.

Alzai lo sguardo verso alcune rocce distanti pochi metri e vidi il nostro leader che ci sorrideva in modo esageratamente entusiasta. Voglio dire, io sarei potuto morire prima ancora di alzarmi. Dov'è il rispetto per i sentimenti altrui?
Saltellò verso di noi, con la mano serrata attorno al suo zaino. Saltellò, okay? Sembrava una versione maschile ed inquietante di cappuccetto rosso.

"Che bocca grande che hai." constatai una volta che ci fu vicino, senza renderlo partecipe del nesso tra la mia dichiarazione ed il filo dei miei pensieri.

Lui allargò ancora di più il sorriso.

"E' per sfottervi meglio." replicò, come se in realtà sapesse esattamente a cosa stessi pensando.

Sospirai affranto perché probabilmente era vero. Essere la famiglia di Robin voleva dire anche questo, non avere privacy all'interno della propria mente: ci conosceva talmente bene che era più che plausibile che immaginasse le nostre parole ancora prima che le pensassimo noi stessi.

"Solo perché adesso siamo vulnerabili come te non significa che durerà per sempre." lo punzecchiò Raven, aggrappandosi al mio braccio per alzarsi.

Facciamola finire beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora