STO PIANGENDO NEL DIRE 'Capitolo 33' MA NON NE AVRETE MAI LE PROVE

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*beve champagne dal suo calice di diamanti*

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*beve champagne dal suo calice di diamanti*

Io: Anche queste sono soddisfazioni.

JASON

Ovviamente la sentii arrivare, sentivo i suoi sandali appoggiarsi contro il tetto che stava sotto di lei e sul quale io ero seduto.
Avevo le gambe a penzoloni nel vuoto e mi tenevo aggrappato senza nemmeno tanta convinzione al muretto che cingeva l'apice della torre, mentre osservavo il brulicare della città sotto di me che si estendeva fino all'orizzonte, dove per un pelo riuscivo a vedere le mura darvi una fine.
Come ho detto, la sentii arrivare alle mie spalle ma non feci nulla per farglielo capire. Dopotutto il castello non era più protetto dalla barriera e se Kurtham avesse voluto avrebbe potuto farci cadere una bomba sulla testa in qualsiasi momento, per cui entrambi avremmo fatto meglio a fingere di non essere lì.
Assottigliai gli occhi nel tentativo di non perdermi a causa della quantità di persone che si agitavano per le strade, persone che parevano formiche all'altezza a cui ero.
Il vento era irregolare e quando cambiò direzione mi soffiò contro il profumo di lei, che non era proprio un profumo, quanto più un aroma.

"Te l'hanno mai detto che non è educato spiare le persone?" domandai senza cambiare un minimo della mia espressione facciale.

Sapeva di cose buone, di cose semplici.
Riuscii a capirlo meglio quando decise di sedersi di fianco a me, con le gambe a penzoloni nel vuoto appoggiata sulle braccia ancorate a terra.
Non era come quando lavorava all'accampamento che sapeva di polvere e del metallo che puliva e dei prodotti che usava per pulire, in quel momento aveva un profumo di casa e di latte, come se si fosse occupata di un bambino.

"E a te non hanno detto che è pericoloso stare qui?" mi chiese di rimando, guardandomi.

"Mi piace il pericolo." risposi automaticamente.

"Non è vero, infatti è per questo che sei qui."

Sbuffai piano e lei smise di concentrarsi su di me, quanto più sulle persone che stavano a diversi metri sotto di noi.
Mi concessi di studiarla di sbieco, cercando veramente di sperare che il bambino o i bambini di cui si è occupata non siano i suoi. Ovvio che non erano i suoi, Stella mi avrebbe avvertito altrimenti...Vero?
Comunque.
Capitava spesso che mi rendessi conto con che tipo di 'bellezze' avessi quotidianamente a che fare, infatti praticamente tutte le supereroine e non che erano lì a Tamaran con noi meritavano dall'otto al dieci come voto per l'aspetto esteriore. (Escludendo dalla comparazione ovviamente Elena e Soraya per una questione di età del consenso).
Ma J'igr invece era diversa da loro, era semplicemente carina, di una bellezza comunissima, che però ti permetteva di concentrarti sui dettagli di lei che la rendevano speciale: come le sue lentiggini, che le ricoprivano la parte superiore del volto andando a sfumare verso il mento.
O le pagliuzze dorate nei suoi occhi color pistacchio, o le fossette che aveva nelle guance quando sorrideva.
O meglio la fossetta. Lei odiava avere solo una fossetta mentre io adoravo questa cosa.

Facciamola finire beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora