Capitolo 37 - Torniamo a casa?

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RAVEN

Sbattei piano le palpebre, un raggio di sole filtrava attraverso i vetri della finestra sopra alla mia branda mi impediva di vedere chiaramente.
Una forte confusione e senso di vertigine accompagnava un misterioso dolore alla guancia destra, che stupidamente cercai di sfiorare facendomi ancora più male.

"Raven?" mi sussurrò una voce familiare, vicina.

Cercai di concentrarmi sulla sagoma del ragazzo chino su di me e riconobbi il sorriso stanco di Robin, accompagnato dai suoi altrettanto esausti occhi blu ai quali dovevo ancora fare l'abitudine.

"Mi senti forte e chiaro?" domandò, mentre io lentamente mettevo a fuoco il suo viso.

Strinsi i denti scacciando una fitta di mal di testa ed annuii, a fatica.

"Molto bene, sei stata bravissima." mi disse, accarezzandomi la tempia con fare protettivo. "Anche se adesso stai veramente da schifo."

Trovai l'energia per alzare gli occhi verso l'alto e gli diedi uno schiaffetto sulla mano, facendogliela togliere.
Mi appoggiai sui gomiti per alzarmi di poco ed il nostro leader si affrettò a sistemare il cuscino dietro alla mia schiena, in modo che potessi sedermi comodamente.
Una volta a mio agio potei constatare che la luce che aveva lambito la mia mia pelle amante del buio non proveniva da una finestra, bensì dall'apertura sul soffitto della tenda mia e di Stella.
Con una piacevole stretta al cuore vidi la ragazza e Cyborg addormentati l'uno accanto all'altra, con la testa appoggiata ai piedi del mio letto come se non si fossero mossi pur di vegliare su di me.
Tuttavia l'evidente assenza di qualcun'altro mi insospettì.

"Dov'è Beast Boy?" chiesi, con voce rauca.

Robin scrollò le spalle per minimizzare, gesto che faceva ogni qualvolta volesse nascondere qualcosa.

"È in infermeria con Soraya e Tara, erano tutti e tre privi di sensi ma senza ferite gravi." rispose, alzando un angolo della bocca verso l'alto. "Abbiamo dovuto portarti qui perché emanavi un'energia rovente, avresti ustionato chiunque nel raggio di un paio di brande."

Sbattei nuovamente le palpebre, la testa ancora pesante e ovattata.
Non poteva fingere di essere più sollevato di quanto non fosse, soprattutto perché c'era una profonda tristezza e preoccupazione nei suoi occhi che sembrava più pesante del solito.

"Che cosa è successo? Perché hai quella faccia?" domandai, già pronta a balzare giù dal letto per aggredirlo, anche se non ero nelle migliori condizioni per vincerlo.

Non che fossi mai riuscita a batterlo in un corpo a corpo, comunque.
Lui gettò la testa all'indietro, senza rispondere, emettendo un debole lamento basso che mi costrinse a tentare di alzarmi davvero prendendo effettivamente coscienza delle mie condizioni.
Oltre al dolore alla faccia e una forte fitta che mi aveva colpito al fianco destro, mi sentivo incredibilmente leggera, quasi svuotata.
Tentai di toccare la mia fronte per capire in che stato fosse la gemma in seguito alla lotta contro mio padre, ma la piccola pietra che era rimasta incastonata in me per tutta la mia vita fino a quel momento era sparita.
E fu in quel momento che capii veramente di aver sconfitto Trigon.
Il ricordo del nostro confronto, impossibile chiamarlo 'battaglia', era offuscato e poco chiaro, tuttavia mi pareva ancora di percepire sulla mia pelle quali erano state le sensazioni che avevo provato, lasciandomi consumare dal suo potere. Era stato completamente diverso da ciò che avevo sentito fino ad allora, poiché per la prima volta ero stata io a scegliere quale parte di me potesse decidere di avere.
Il dolore che avevo provato sembrava volermi spezzare a metà, ma sapevo che ciò che si sarebbe separato da me e sarebbe scomparso sarebbe stata la mia parte demoniaca, ovvero quel lato di me che era il suo unico punto di accesso alla vita.
Perciò, quando un corpo di luce bianca si divise da me, rimasi a guardarlo in attesa di ciò che si sarebbe compiuto, aspettandomi di dissolvermi in una nube nera ed essere assorbita dalla forza di Trigon.

Facciamola finire beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora