Capitolo 3

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BEAST BOY

La parte ragionevole di me non vedeva l'ora di andare sulla Terra, desiderosa di tornare nella mia stanza, nel mio casino, con il mio tofu, mentre la parte che più mi conosceva temeva il momento in cui avrei messo piede sulla soglia di casa: con molta probabilità non sarei più tornato indietro.
Per questo quando Tara spalancò le porte della mia stanza e si fiondò al suo interno mi parve di vedere l'imminente tradimento che avrei riservato alla mia squadra.

"Mentre voi tornate a casa dolce casa, io devo andare insieme alla principessa rosa in giro per la galassia a cercare alleati." sbuffò cadendo di schiena sul mio letto.

Mi bloccai con una mano dentro il borsone mentre ci mettevo i calzini.

"E che c'è di male? Farei cambio io con te, Stella è una forza..." dissi, non capendo.

"Sì, ma sappiamo tutto in questo mondo che lei e Robin hanno rotto per colpa mia." replicò.

"Per colpa tua? Cosa? Come?" domandai confuso.

"Già, giusto, tu sei BB." sospirò. "Il fatto è che non mi va di starle accanto sprofondando in silenzi imbarazzanti e sentendomi in colpa."

"Innanzi tutto, non capisco cosa tu abbia da ridire nei miei confronti." feci. "E poi, dai sorella, davvero pensi che Stella te lo farà pesare? Probabilmente ha fatto tutto questo perché tu ti sentissi a tuo agio e meno messa da parte..."

Mi fulminò con un'occhiataccia.

"Oh, adesso ho capito." realizzai.

"Incredibile, Sherlock." sbuffò.

La lasciai immersa nei suoi pensieri occupandomi delle ultime paia di mutande che mi ero portato dietro.
Saremo tornati solo per qualche giorno sulla Terra per controllare la situazione a Jump City e per informare i Titans East ed Alfred, probabilmente preoccupati ed all'oscuro di tutto, ma temevo che il tempo passato lì mi sarebbe stato fatale.
E se non avessi più avuto voglia di tornare a combattere?
Potevo scappare. Potevo lasciarli andare e tirarmene fuori, se la sarebbero cavata benissimo anche senza di me.
Raven sembrava cavarsela alla grande senza di me.
Strinsi i denti accorgendomi del dolore alle mani, infilzate dai miei stessi artigli.
Afferrai un fazzoletto senza farmi vedere dalla ragazza bionda, nervoso.
Negli ultimi giorni era accaduto spesso, parti del mio corpo cambiavano forma a seconda del mio umore.
Quel lunedì avevo avuto la testa di una medusa...

"Accidenti Beast Boy, stai sanguinando." mi avvisò Tara, sedendosi.

Tamponai le piccole ferite con il fazzoletto, impassibile.
Avevo ben altro a cui pensare.

"Mi sono solo graffiato con gli artigli, ultimamente spuntano per conto loro." la informai.

"È per Raven?" chiese.

Stavolta fui io a lanciarle uno sguardo di fuoco.

"Okay, tasto dolente." concesse, alzando le mani in segno di resa.

Raven. Ero così arrabbiato con lei... e mi mancava così tanto.
Cosa credeva di fare mollandomi senza una spiegazione sensata?
Era il classico Lo faccio per proteggerti.
Lo dicono in tutti i film ed in tutti i film non funziona mai.
Immaginai che fosse peggio essere respinti da qualcuno a cui non importa di noi, come nel caso di Tara e Robin, ma se davvero Raven provava qualcosa per me... Allora perché non me lo dimostrava in modo normale?

ELENA

Io non la volevo fare quella cosa.
Cioè, ma perché toccava proprio a me andare a fare il kamikaze?
Non mi fidavo per niente di Bruce, non solo seguendo i consigli del mio buonsenso, ma anche perché... No, la mia decisione non ha bisogno di essere spiegata. Insomma, soltanto un idiota si sarebbe fidato di un tizio che l'aveva rapito e privato della memoria per evocare un'entità antica.
Però tutti i miei istinti mi suggerivano di aiutarlo, e non era difficile capire il motivo.
Avevo passato tre giorni in quel castello, tre giorni in cui quell'uomo cercava di risultare un perfetto condottiero carismatico agli occhi degli alleati che lo incoraggiavano e sostenevano fiduciosi, ma il più delle volte la sua natura cupa e schiva emergeva, costringendolo ad una lotta interna.
Lo capivo fin troppo bene. Ed era meglio stare dalla parte di chi capivo che da quella di un gruppo di ragazzini scalmanati, no?
Suonai il campanello della villa, passandomi nervosamente le mani sui jeans logori.
Gotham. Quel nome aveva un che di familiare, ma mai quanto la parola jeans.
Avevo trovato i pantaloni in una stanza vuota del castello, che Bruce mi aveva permesso di esplorare (specificando di non dover disturbare gli altri ospiti), insieme alla maglia rossa ed al giubbotto di pelle.
Non avevo chiesto a chi appartenessero, ma li avevo indossati sentendomi subito più a mio agio. Certo, al rosso preferivo il giallo, ma non potevo avere tutto.
Un uomo alto e dall'aria scrupolosa venne ad aprirmi la porta, studiandomi da sopra i baffi bianchi.
So riconoscere un maggiordomo quando lo vedo, e quello ne aveva tutta l'aria, se non per il fatto che ormai il padrone di casa era lui.

Facciamola finire beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora