Capitolo otto

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Camila indossò un vestito accollato, fatto di un tessuto lanoso su un colore ocra che, sì, faceva risaltare la sua carnagione, ma sembrava appartenere ad un secolo prima.

Dinah le disse che sembrava ridicola, che non era lo stile adatto per una festa, ma Camila non aveva a disposizione altre abiti e quelli della polinesiana, anche se potevano essere di taglia simile, non si confacevano al genere di vestiario che indossava Camila. Troppo succinti, seducenti, provocatori... Niente di volgare, solo richiedevano un portamento che nemmeno ostentandolo la cubana sarebbe riuscita a replicare. La sua goffaggine le impediva di camminare dritta se stretta in uno vestito simile, mentre la sua timidezza le impediva di osare tanto e la sua bassa autostima le ricordava di non poterselo permettere. Ecco perché alla fine optò per la sua prima scelta, rifiutandosi di cambiare abito.

La polinesiana non insistette. Non ci voleva molto a vedere che il loro modo di vestirsi era completamente diverso, quindi dedusse che la cubana non si sentisse a proprio agio indossando un abito del genere.

Uscirono di casa attorno alle nove. La madre di Dinah le scortò fino a casa di Lucy e le fece scendere dalla macchina in un posto appartato, costretta dalle continue raccomandazioni della figlia che non voleva essere vista scendere in compagnia della madre. Augurò ad entrambe una bella serata e fece retromarcia, scomparendo dietro l'angolo da dove erano sbucate.

Dinah dovette sorreggersi al braccio di Camila, per non perdere l'equilibrio precario sui tacchi.

«Se non ti fossi messa quei trampoli.» La corresse aspramente la cubana, faticando per tenerla in piedi mentre si muovevano «Forse ora non cammineresti come Chaplin.»

«Ma non rompere! È una festa, Mila. Sei tu fuori tema con quelle all-star.» Disse con una nota di diprezzo Dinah, indicando le scarpe malconce di Camila.

La cubana scrollò le spalle e le rispose che non le interessava apparire per gli altri, ma che si vestiva per essere a suo agio con se stessa. A questo Dinah non trovò modo di ribattere e si limitò a sbuffare.

Gli ultimi metri furono più facili da percorrere. La polinesiana aveva preso confidenza con i tacchi, ed ora necessitava del braccio di Camila raramente. Quando arrivarono davanti alla porta, il suo passo si era fatto più stabile ma non più spavaldo. Camila le restò a fianco, assicurandosi che potesse camminare sulle sue stesse gambe e poi entrarono dalla porta principale, venendo subito investite da una musica assordante e un odore sgradevole frammisto di alcol e sudore.

Oltre a questo, e alla baraonda di ragazzi ubriachi che ballavano sui divani, la casa di Lucy non era niente male. Era adornata con quadri astratti, il mobilio seguiva uno stile moderno e gli spazi erano abbastanza ampi per ospitare il doppio delle persone stivate là dentro.

«Allora..» Urlò Dinah nell'orecchio di Camila per sopraffare il volume incessante della musica «Avresti mai immaginato che ci saremo ritrovate ad una festa in casa di Lucy?»

La cubana voltò la testa verso di lei, la fece penzolare leggermente su un lato e alzò un sopracciglio, come per farle notare la banalità della domanda.

Nel frattempo sopraggiunse Lauren. Indossava un vestito nero, attillato, che metteva in risalto il suo addome e faceva spiccare la pelle nivea sotto al tessuto scuro. I capelli erano arricciati a forma d'anello e le ricadevano sulle spalle, disperdendosi sul petto. La padronanza con cui camminava leggiadra sui tacchi, faceva sembrare la cosa facile, imbarazzò Dinah che ancora doveva prendere dimestichezza con quei cosi.

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