Capitolo diciannove

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Lauren si afflosciò contro lo schienale del divano, al fianco di Camila. Non le era mai successo prima, eppure i risultati parlavano chiaro.

«Lern, un'insufficienza non è la fine del mondo.» La consolò la cubana, ma le rassicurazioni della ragazza non turavano le sfocianti preoccupazioni di Lauren.

«Lo so, ma ho sempre avuto una media impeccabile.» Sbuffò afflitta, ma allo stesso tempo stizzita.

Camila, da quando in classe le cose erano degenerate, aveva abbandonato lo studio e il rendimento era notevolmente calato. Ricordava da come un otto si era dimezzato in un quattro, di come l'orgoglio della madre si fosse placato, ma nonostante tutti i pessimi voti era riuscita a rimettersi in pari con il programma e quella era stata una delle prime vittorie personali che non avrebbe facilmente dimenticato. Per lei la scuola era un posto nefando, ma la soddisfazione di vedere il suo impegno ripagato era l'unica cosa che la sollecitava a indossare lo zaino tutte le mattina e uscire di casa. Adesso, sapeva come si sentiva Lauren; un insuccesso non fa mai piacere a nessuno specialmente se ha passato l'intero pomeriggio a studiare. In qualche modo era anche certa che la corvina avrebbe presto trovato un modo per riscattarsi.

«La prossima settimana avrai l'opportunità di rimediare. Vedrai che andrà meglio.» Tentò ancora una volta Camila, ma la linea avvilita delle labbra di Lauren non accennava ad addolcirsi.

«Non c'è niente che possa fare per farti sorridere?» Domandò la cubana, reclinando la testa per osservare meglio Lauren che fissava un punto indistinto sul pavimento.

«Beh..» Disse strascicando la parola più del dovuto, fino a che il suo sguardo si poggiò su quello dell'amica «Una cosa sì, ma non so quanto ne sarai felice.» Sorrise sorniona Lauren, travestendosi con aria angelica.

Camila, come al solito, lasciò cadere la testa all'indietro e sbuffò, sapendo che avrebbe adempiuto alla richiesta della corvina anche se non le sarebbe piaciuta.

Fece scivolare prima una gamba, poi l'altra dentro al tessuto morbido che le carezzò la pelle. Drizzò le punte dei piedi quando la piante vennero a contatto con il parquet freddo. Saltellò velocemente verso il letto, si chinò per recuperare le ciabatte rosse nascoste al di sotto e si rimirò allo specchio, sbuffando sonoramente.

«Allora? Hai fatto?» Domandò Lauren segregata dall'altra parte della porta, urtando l'uscio con le nocche della mano.

«Si, si...» Cantilenò Camila.

A volte apprendeva lei stessa delle sciocchezze che era disposta a compiere pur di rallegrare la corvina. È impensabile ciò che ti spinge a fare il sentimento che nutri per qualcuno, ti spoglia di qualsiasi contraddizione.

La cubana aprì lentamente la porta, roteando gli occhi al cielo e mantenne lo sguardo fisso sul soffitto mentre gli occhi di Lauren erravano sulla sua figura, sorridenti. La corvina celò il suo riso dietro il palmo della mano, dovette mordersi le guance per non erompere in una fragorosa ilarità.

«D'accordo, adesso hai visto meglio il mio pigiama.» Aprì le braccia Camila, facendole poi ricadere penosamente lungo i fianchi.

Lauren non riuscì a non ridere quando incrociò le ciabatte a forma di coccinella che calzavano i piedi della cubana. Si piegò su stessa, tenendosi la pancia con le mani per lenire le fitte allo stomaco che avvertiva dovute alla risata incessante che la percuoteva.

«Ah-ah, divertente.» Disse sardonica la cubana, battendo ritmicamente il piede sul pavimento.

Lauren continuava a contorcersi, mostrando occasionalmente la mano per chiedere scusa alla cubana, ma nel frattempo non riusciva a smettere di ridere, tanto che si appoggiò contro il muro del corridoio per tenersi in piedi.

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