Capitolo trentuno

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«Ferma, ferma!» Gridò per la centesima volta Lucy, interrompendo il monologo di Lauren che come le volte precedenti non si impennava, ma perdeva il ritmo ad ogni respiro.

«Lauren.» Spirò estenuata Lucy, passandosi una mano in faccia per cancellare i segni della frustrazione che le incidevano lo sguardo.

«Lo so, Lucy. Lo so.» Mostrò il palmo della mano la corvina, anticipandola prima che potesse apostrofarla ancora una volta.

Era cosciente che quella scena non la recitava affatto bene. Era come se calzasse perfettamente i panni del suo personaggio, ma arrivati a quel punto ne perdesse improvvisamente le sembianze e non riuscisse a ritrovarlo nemmeno sforzandosi.

«Deve esserci passione, trasporto. Questa scena è la più importante di tutte, devi far capire al pubblico ciò che Tegan prova in quel momento. Dai!» La incitò, sbattendo il copione sulla mano per enfatizzare l'impeto che voleva trarre da quell'atto prezioso.

Lauren annuì e inspirò a pieni polmoni, poi diede l'ok al ragazzo che gestiva le luci e per un attimo il palco fu inghiottito dal buio, per poi rilucere pochi attimi dopo, irrorato da un fascio di albore che accecò Camila, seduta, come sempre, fra le file della platea.

«Kate, io non ti conosco, so a malapena chi sei, ma ciò che fai per me tutti i giorni mi ha portato a credere che esista un modo per riscattarsi, che anche la mia vita mi toglie tutto, io mi sento piena di te...» Tentò ancora Lauren, vanamente, viste le facce annoiate che alterarono la speranza degli attori di terminare finalmente le prove.

Non c'era emozione, non c'era verità in ciò che esprimeva e in teatro i sentimenti sono la prima cosa da dover mettere a nudo. Il palcoscenico ti insegna a vivere te stesso attraverso qualcun altro, qualcuno che non esiste, ma si anima grazie alla tua veemenza. E Lauren perdeva tutto il tumulto quando si arrivava a girare quell'atto. La sua voce parlava, ma i suoi sentimenti erano spenti.

«Ok, basta così!» Decretò Lucy frustrata, serrando i pugni in aria per arrestare le prove «Prendiamoci dieci minuti di pausa.»

Lauren la guardò dispiaciuta, la ragazza le restituì un sorriso d'incoraggiamento, poi uscì dal teatro per andare a prendere un caffè.

Quando se ne furono andati tutti, Lauren emise un mugolio arrochito di sconforto che riecheggiò per l'enorme spazio, impregnandolo di demotivazione frammista a rabbia. Quel sentimento spiacevole che pervade chiunque fallisca ogni volta che ci mette tutto se stesso, ma non basta. Non abbastanza.

Camila storse le labbra in una smorfia poco convinta e si avvicinò al palco, ma stavolta fu lei a non salirci, mentre l'altra era già sopra che camminava avanti e indietro, edificando metodi efficaci per poter eccellere.

«Cazzo! Lucy doveva scegliere qualcun altro. Non sono capace!» Si arrese definitivamente quando la sua mente ebbe scandagliato opzione per opzione, trovandole tutte insulse e blande.

«Non è vero. Il tuo personaggio ti calza a pennello. Lo porti con estrema naturalezza, un po' ti rispecchia anche.» La pungolò la cubana, salendo cautamente scalino dopo scalino, sentendo il peso della scena gravarle sulle spalle anche se non vi era nessuno spettatore.

«Intendi dire la parte della tossica abbandonata?» Alzò un sopracciglio Lauren, facendo risuonare il sarcasmo in maniera teatrale.

«No.» Ridacchiò la cubana «Anche se come tossica non sei niente male.» Sdrammatizzò, guadagnandosi una frustrata di copione sulla mano.

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