Capitolo quindici

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Lauren tentò di aprire le porte ermeticamente serrate, ma i muscoli le dolevano e la sigillatura non accennava a smuoversi. Camila si era seduta contro la parete, con le ginocchia piegate al petto e la testa immersa nello spazio vuoto che di era creato fra le gambe e il torace.

Lauren l'aveva sentita più volte bisbigliare qualcosa, ma non aveva compreso cosa stesse borbottando. Era trascorsa più o meno un'ora da quando erano rimaste intrappolate. La corvina si era premurata di avvertire Normani, la quale l'aveva spiacevolmente messa al corrente che dormiva fuori casa e che non aveva un mezzo per arrivare alla scuola. Lauren era ricorsa ad una soluzione drastica, affidandosi ad Ally. La ragazza le stava già raggiungendo, ma essendo smarrita di auto propria, doveva sgusciare fuori senza farsi vedere e percorrere tutto il tragitto con la bicicletta della sorella. Lauren aveva calcolato che, all'incirca, le mancava un'altra ora.

La corvina si arrese con un sospiro sconfitto e si accasciò al fianco di Camila.

«Mi dispiace.» Spezzò il silenzio Lauren, poggiando la testa contro la parete, dietro di lei.

«Per cosa?» La voce della cubana fuoriuscì ovattata perché repressa dalla posizione assunta.

«Per averti messo in questo guaio.» Spiegò brevemente Lauren, fissando la luce candida, leggermente spettrale, che si spandeva nell'ascensore attraverso il flash degli smartphone.

Camila rimase in silenzio per qualche secondo, poi scoppiò a ridere; una risata convulsa che le vibrò attraverso la schiena spasmodica. Il suono allegro intontì Lauren, la quale si aspettava una reazione del tutto divergente da quella che stava ottenendo. Camila rideva talmente febbrilmente che persino l'alone dell'ombra proiettata sulla parete al suo lato ondeggiava sulla carta da parati.

«Ah.. ok.» Suonò confusa Lauren, accennando ad un sorriso sghembo.

«È davvero... davvero ironico.» Si ricompose lentamente Camila, scemando la risata con attimi di recrudescenza.

«È ironico che sia tu a chiedermi scusa, quando in realtà siamo finite in questo guaio per colpa mia e solo mia.» Alzò la faccia nascosta dietro le ginocchia e si girò verso Lauren.

Era rimasta con la bocca semiaperta, ancora attonita dall'inaspettata reazione dell'amica, ma quando vide il sorriso spiccare sulle labbra di Camila, anche lei si lasciò andare e trovò una strana requie nell'irrefrenabile riso che la pervase.

La cubana piegò la testa in avanti e anche Lauren emulò il sul gesto, reclinando il collo verso il petto mentre un'ineffabile letizia la percuoteva con colpi invisibili.
Poggiò la mano sul ginocchio di Camila, cercando di frenare la violenta risata che inondava l'abitacolo. La cubana, irriflessivamente, raccolse il dorso dell'amica con il suo palmo e continuò a ridere.

Le ombre che si agitavano sulle pareti, creavano un effetto visivo che le illudeva di non essere inermi in quella angusta scatola metallica. La paura di poco prima si piegava sotto la prepotenza di quella risata fragorosa, curvandosi assieme alle sagome che tagliavano la luce evanescente, mentre spensierate si divertivano.

Improvvisamente il telefono di Lauren squillò. La corvina lesse il nome di Ally sullo schermo e, placidamente, le diede le indicazioni per arrivare al quadro elettrico, ma sfortunatamente la bionda l'aveva contattata solo per avvisarla che era appena uscita di casa perché aveva avuto problemi con sua sorella che non ne voleva sapere di restare in camera da sola.

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