Aprii d'improvviso gli occhi, guardandomi attorno. La stanza era avvolta dal buio, illuminato qua e là dai raggi che passavano attraverso la persiana socchiusa che sicuramente avevo dimenticato mezza aperta ieri per la stanchezza. Tolsi una mano dal groviglio di coperte, tastando il comodino in cerca del mio telefono. Nulla. Pensai "non può essere, l'ho lasciato qui ieri notte lo ricordo", poi un nome si accese nella mia mente. Sfera. Sbuffai, spostando la coperta verso il lato opposto alle mie gambe e scesi dal letto. Infilate le pantofole, mi diressi alla finestra. Armeggiai con la persiana tentando di aprirla senza risultati. Lasciai perdere ed uscii dalla stanza. La casa era avvolta da un silenzio tombale, a parte per un canticchiare dal salotto. Incuriosita, scesi le scale due a due, seguendo il suono. Arrivata, vidi Tedua, i capelli tenuti indietro da delle forcine, una canottiera che lasciava scoperti le sue braccia ed i suoi muscoli, tesi, mentre sollevava dei pesi. Si fermò a fissarmi non appena notò la mia presenza. Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi si fermò alla mia faccia: avevo ancora gli occhi socchiusi e la bocca impastata di sonno. Certamente poi non aiutava il mio apparecchio odontoiatrico(?), che fasciava i miei denti. 《Buongiorno》disse sorridendo ed avvicinandosi a me. Di riflesso, indietreggiai. Vidi la delusione dipingersi sul suo volto, il sorriso gli morì sulle labbra carnose, il braccio torno a fare compagnia al fianco. 《Non-non ti farò del male okay?》mormorò, prendendo un asciugamano e passandoselo nel collo. Non risposi, rapita a fissare il suo volto, i suoi lineamenti, acuti e delicati assieme. 《Hey sweety hai capito? Non sono G...Sfera》ripetè a denti stretti, mettendomi una mano sulla spalla. Lo guardai negli occhi cercando di capire cosa comunicassero, cedendo praticamente subito: Tedua mi osservava, non si perdeva un lineamento, una cicatrice, un minimo particolare. Si staccò e andò in cucina.
《Ho un po' di pizza se ti va》propose. Io sollevai le spalle, preparando la tavola. 《No ma che fai, ci penso io》si offrì, mentre metteva nel microonde due pezzi di pizza.
La porta di ingresso si spalancò dopo dei rumori di chiavi lasciando entrare Sfera e Charlie. Sfera era vestito di rosa, completamente, Charlie invece aveva una felpa grigio e dei pantaloni neri, portava gli occhiali.
《Per noi non c'è il pranzo? Tedua recupera》urlò, sorridendo bastardamente.
《Uh piccoletta. Abbiamo recuperate delle cose a casa di tuo padre》annunciò lo stronzo, lanciando il suo bottino sul tavolo. Tedua abbandonò tutto ciò che stava facendo guardando Charlie e il suo superiore. Il ragazzo riccioluto era impallidito e stava deglutendo, Sfera invece sorrideva e ghignava. Tedua stava accanto a me, qualche volta mi sfiorava il fianco, facendomi venire i brividi.
Passai in rassegna ogni oggetto: il mio carillon della sirenetta, quello del pupazzo di neve, quello della bella e la bestia, tutti ricordi di quando ero bambina e compravo quelle riviste in edicola dove con la fiaba ti davano anche il regalo. Vidi un quaderno blu, un astuccio con delle penne, il mio libro di greco, segno della mia libertà bruciata. Ripensai ai banchi freddi di scuola, alle interrogazioni, ai miei compagni che non avrei visto per un po'. Mi salirono le lacrime ma non lo feci vedere, tenendo la testa bassa, sfogliando il libro di greco: per quanto odiassi quella scuola, le sue materie non smettevano di affascinarmi. Note, parafrasi, significati e metafore erano segnate a matita ai lati della pagina, in una scrittura piccola per non farle decifrare alla prof.
Accanto al libro, c'era la collana di mia madre. Neanche il tempo di sfiorarla che una mano tatuata la portò via.
《Passa la notte con me e avrai un giorno di libertà e questa collana》sghignazzò, prima di lasciare la stanza.
Mi sedetti fissando il vuoto. Mangiai senza fiatare, per poi passare la giornata in stanza.