《Ciao Auro come stai?》chiesi una volta entrata nel reparto oncologico pediatrico. La bambina stava facendo colazione mentre guardava un cartone animato che veniva trasmesso dalla TV posta sopra alla porta. 《Bene. Dov'è Mario?》domandò, non notando il mio ragazzo che era giù a Genova per chiudere degli affari. 《Al lavoro, ma ha detto di salutarti e ti ha regalato questo》annunciai, togliendo fuori dalla borsa il pupazzo di Nemo, il suo personaggio Disney preferito. Spalancò la bocca e sorrise felice, per poi dirmi di ringraziare Mario. Annuii, poi le feci un po' di compagnia mentre mangiava.
《Usciamo fuori?》domandò annoiata qualche minuto dopo, spegnendo la TV e scendendo dal lettino. La aiutai a mettere il cappotto e dei vestiti pesanti, poi la presi per mano mentre camminavamo per i corridoi. Tutti i bambini mi salutavano felici: infatti da qualche settimana a quella parte, andavo in ospedale a fare volontariato, tornata a casa studiavo e poi andavo pure fuori con i ragazzi, che di sera in sera si cacciavano sempre più nei guai. Avevamo partecipato, mediamente in quella settimana, a circa tre sparatorie in due giorni, tutte causate dalle ribellioni o mie o di Charlie, che si stava risvegliando. Per quanto riguarda Sfera, invece, gestiva affari all'estero e quindi era molto più paziente e meno suscettibile, dato che stavano andando a gonfie vele.
《Mi spingi sull'altalena? Ti prego》chiese Aurora, tirandomi il maglioncino bordeaux e facendomi risvegliare dal mondo dei sogni. La aiutai a salire sull'altalena, poi la spinsi piano piano, per evitare che si sentisse male. All'ora di pranzo, delle infermiere ci chiamarono per farla mangiare e dopo la fecere riposare.
Nel frattempo, mi spostai nella stanza di un altro bambino che faceva la chemio. 《Ciao Gian, come stai?》domandai, sedendomi accanto a lui e tenendogli la mano pallida. Gian aveva sei anni e il suo cancro sembrava progredire alla velocità della luce. Era biondo, con gli occhi castani e adorava il calcio. 《Mi fa male tutto. Dov'è Mario? Vi siete lasciati?》chiese con un luccichio negli occhi. Ridacchiai scuotendo la testa in segno di negazione, provocando lo sbuffare del bambino. 《Ma ti voglio io come fidanzata!》si lamentò, lasciandomi la mano e facendo il broncio. 《Non dirlo a Mario, ma io preferisco te a lui》sussurrai al suo orecchio, facendolo sorridere. 《Okay Gian, ora si torna in stanza》annunciò Maria, la sua infermeriera. 《Posso tornare con Isabella così mi fa compagnia?》domandò, prendendomi per mano. Maria ci guardò con uno sguardo di rimprovero ma sorridente, per poi darmi gli orari delle medicine e altre raccomandazioni.
Appena tornati nella sua stanza, lo feci coricare e poi presi un libro dal tavolo della sua stanza. 《C'era una volta una bambina》iniziai a leggere le parole in nero, ma Gian mi fermò subito. 《No inventala tu》biascicò stanco. Chiusi il libro, ricominciando.
《C'era una volta una ragazza di nome Isa》iniziai. Il bambino sorrise interessato. 《Era stata rapita da un ragazzo cattivo che si chiama Gio perché il papà non aveva soldi per pagare le tasse. Gio la trattava male e lei voleva tornare a casa dal papà. Ma arrivò l'eroe Ted che la aiutò a vedere il lato positivo della situazione》
《E poi? Che succede?》chiese, vedendo che mi ero fermata.
《Un giorno Isa decise di aiutare Ted a fare qualcosa di pericoloso, ma rimase ferita. Ted si arrabbiò tanto, oltre che si preoccupò, però poi la perdonò e decise di portarla a mangiare una pizza》
《Anche a me piace la pizza! Ma non me la fanno più mangiare...》disse Gian triste. Gli accarezzai una guancia, sorridendo forzatamente. 《Convincerò Maria》promisi, per poi continuare a raccontare.
《Ted baciò Isa e si misero insieme, ma purtroppo non vissero felici e contenti. Infatti Ted, poiché era un supereroe, spesso era via a salvare le persone, così anche Isa iniziò a seguirlo. Un giorno, però, Isa venne rapita da altri ragazzi cattivi》
《E quindi?》domandò, sbadigliando.
《E quindi adesso a nanna》risposi, accarezzandogli i capelli. 《Buonanotte》augurai. 《Ciao Bella, ci vediamo domani》rispose, dandomi le spalle ed addormentandosi. Uscii dalla stanza, per poi sedermi in sala d'aspetto e crollare in un pianto isterico.