Riordinai la stanza, feci il bucato e spolverai il salone, dopo di che misi un tuta, presi le cuffie e feci il giro dell'isolato in corsa. Erano le dieci e mezza di sabato, le vecchiette tornavano dal mercato accompagnate dai loro mariti carichi di buste della spesa (STAI CERCANDO DI FOTTERE TEDUA VERRANNO A FARTI BRUTTO ENTRO STASERA NON PENSI CHE NE VALGA LA PENAAAA), o da nipotini con mille macchinine tra le mani; mamme amiche trascinavano passeggini con bambini addormentati, ragazzi uscivano tenendosi per mano, le scuole erano chiuse e silenziose. Continuai a correre per un po', poi controllando l'orologio, tornai indietro. Sull'uscio, mi aspettava Tedua, una felpa grigia e dei pantaloni del medesimo colore a fasciargli il corpo, i capelli bagnati e raccolti.
Entrai senza degnarlo di uno sguardo, mentre lui sospirava. Seduti intorno al tavolo, c'erano Izi affiancato da una ragazza rossa, Charlie, Sfera ed un ragazzo con un tatuaggio sul collo. Stavano discutendo animatamente, mentre Izi sembrava più pacifico e stringeva la mano della ragazza. Appena entrai, la conversazione si perse nell'aria, venne assorbita dai muri. Il ragazzo con il tatuaggio si alzò sorridente. 《Chiamami Rkomi, sono un loro socio》《Bella》mormorai, porgendogli la mano che strinse.
La ragazza di Izi si alzò, dandomi due baci sulla guancia. 《Piacere Sara》
《Okay ragazze salite, tra venti minuti siamo pronti》disse Charlie, facendomi l'occhiolino. Tedua lo fulminò, mentre il riccio rideva.
《Cosa c'è tra te e Mario?》domandò una volta chiusa la porta della stanza.
《Un muro》ridacchiai, prendendo il cambio per la doccia e spogliandomi.
《No eh fai pure! Comunque son seria, ho visto come ti guarda e non c'è proprio per nulla un muro》ammiccò, dandomi una gomitata mentre mi infilavo sotto la doccia.
《Come vi siete conosciuti tu e Izi?》chiesi, mentre mi asciugavo i capelli. 《È scappato di casa e l'ho ospitato, poi è arrivato cupido》rise, porgendomi una spazzola. Chiacchierammo un po', poi Tedua ci chiamò. 《Puoi fermarti?》chiese. Lo sorpassai, finché non mi afferrò il polso facendomi voltare. Erano passati tre giorni da quel casino, e in tre giorni avevo ripensato al suo sguardo, ai suoi occhi, al suo sorriso, alle sue labbra. Avevo fantasticato sulle sue mani intrecciate alle mie, sulle sue braccia sui miei fianchi.
《Sei incazzata per la storia della pistola?》mormorò, portandomi in camera e chiudendo la porta a chiave.
《Voglio tornare a casa. E mi preoccupa ciò che fai, vorrei venire anche io》
《Voglio tenerti fuori da tutta sta merda, per favore》quasi mi supplicò. Lo scrutai, dandogli un bacio in testa e aprendo la porta. 《Dopodomani sera a mezzanotte in salotto. Intesi? Stai sempre vicina a me, non fare mosse brusche o false, non ribellarti o rispondere male, vestiti con vestiti larghi》elencò, passandosi una mano in viso, disperato. 《Non voglio che ti guardino》sussurrò. Arrossii.
《Non vuoi che?》lo provocai. Diventò fuxia, guardandomi male. 《Non voglio che tu prenda freddo》rise. 《Seh》risi anche io, aprendo la porta e scendendoo le scale. Avevano appena iniziato a mangiare. Il pasto si svolse in silenzio, poi parlarono di affari.
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