Capitolo 4 ~ Inadeguata

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                                 Sarah

Sono trascorse due settimane dal mio primo giorno di specializzazione. Non ho perso l'entusiasmo iniziale ma devo ammettere che mi è dispiaciuto molto non essere riuscita ad assistere ancora a nessun intervento.
Ogni aspirante chirurgo sogna ad occhi aperti di vivere quel magico momento in cui salvi la vita a un'altra persona o semplicemente ti rendi utile partecipando a quel miracolo.
Nonostante tutto però ho continuato a sorridere e ad essere positiva, fatta eccezione per quelle rare volte in cui ho incrociato in corridoio Jackson, alias il mio nuovo incubo.

La prima volta che l'ho visto sulle scale, in aula conferenze, ho capito subito, dalla sua risposta sgarbata al mio accidentale sgambetto, che ha un caratterino arrogante e difficile da gestire, ma quando ho appreso che proprio lui fosse il nipote del capo dell'ospedale, dipinto nella mia mente come lo stereotipo di aspirante chirurgo perfetto, sono rimasta delusa. È stato come se mi fosse caduto un mito, anche se avrei dovuto immaginarlo dal principio, quando ho letto il cognome Smith accanto al suo nome e a quello di Kristen, sua sorella.
Lì per lì però non vi ho prestato molta attenzione, presa dall'euforia e l'imbarazzo del momento, motivo per cui è stato uno shock sentire la rivelazione del dottor Harrison Smith quando ci ha raggiunti al tavolo, in pausa pranzo.

Con il passare dei giorni ho imparato a conoscere meglio Kristen e posso affermare senza ombra di dubbio che è degna del cognome che porta, dimostrandosi una degli specializzandi migliori di tutto il corso, sveglia, intelligente e preparata. Per quanto riguarda Jackson invece non si puó dire lo stesso. È il classico narcisista maleducato e irrispettoso, con la puzza sotto il naso, l'aria da don giovanni e aggiungerei bullo della scuola.

Non mi sembra portato per questo mestiere, ecco perché non ho saputo tenere la bocca chiusa quando ho scoperto la verità e, superato quell'attimo di shock iniziale, gli ho detto in faccia quello che ho pensato di lui, pentendomi subito dopo per aver rivelato ad alta voce delle cose che avrebbero potuto ferirlo.

Generalmente sono una persona che tende ad essere gentile con tutti, concede il beneficio del dubbio, non giudica mai a prima vista qualcuno e mette in pratica gli insegnamenti religiosi inculcategli, ma con lui, non so perché, ho lasciato che la lingua prendesse il sopravvento spifferando verità che solitamente avrei detto con tatto. Si, perché in realtà ho questa terribile abitudine di essere sempre schietta e diretta con gli altri, usando però parole appropriate per non ferire i sentimenti.

Senz'altro ho sbagliato quel giorno, lo ammetto, ma di certo non mi sarei mai aspettata la reazione che abbe lui il giorno successivo.

Mirò subito ai miei punti deboli, screditando il mio abbigliamento e la mia persona - critiche che tra l'altro sono abituata a sentire - ma dette da lui con quell'arroganza e quella cattiveria che trapelava dalla sua voce, accompagnato dal suo sguardo gelido e insensibile, riuscì in qualche modo a trafiggere la corazza che con gli anni avevo costruito, sgretolando la mia autostima e facendosi strada tra la mia paura più profonda: non essere accetta.

In verità non si tratta del solito timore che si portano appreso le adolescenti, quello che le spinge a fare cose stupide e azzardate per entrare a far parte di un gruppo o di una classe sociale, si tratta di qualcosa di più profondo e complesso.
Per tutta la mia vita mi sono sempre sentita fuori luogo e inadeguata in mezzo alla gente, compresa la mia famiglia. Ho sempre avuto la sensazione di essere diversa rispetto a tutti gli altri, come se fossi sbagliata e tutto quello che dicessi o facessi fosse errato. Soltanto mio fratello Eric era capace di darmi delle certezze elogiando le mie doti e i miei pregi, del resto nessuno mi ha mai fatta sentire apprezzata, nemmeno i miei genitori che sembrano piuttosto essere delusi dalla mia scelta di aver intrapreso la facoltà di medicina, ripetendomi sempre che la cosa migliore da fare sarebbe stata rimanere a casa con loro e impegnarmi per la nostra chiesa.
Tutto questo mi ha portato a crescere con delle insicurezze che adesso sono radicate in me e mi rendono fragile nonostante mi ostini a tutti i costi ad affrontare la vita con positività.

Chasing Love #1 ~ Poli opposti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora