8. Uno spazzolino fucsia

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Il tragitto in macchina fu più silenzioso del solito. Marco ed Aris solevano parlare di tutto; del più e del meno e di cosa succedesse nelle loro vite. Quella volta Aris osservò fuori dal finestrino per tutto il tragitto, in silenzio.

Non nascose mai nulla della sua vita al fratello, anzi, di solito tendeva a non smettere mai di parlare di sè e sommergere Marco con tutti i suoi problemi e le sue paturnie, come le chiamava lui. Non lo si poteva definire immaturo, aveva il pieno controllo della sua vita e della sua indipendenza, ma vedeva nel fratello quell’infanzia che gli era stata portata via, si permetteva quell’indolente infantilismo che lo contraddistingueva.

D’altra parte Marco, fu sempre un ragazzo riservato, sin da piccolo. Dovette imparare a crescere da solo, dovette maturare tutto d’un colpo. Fu sempre così forte, così resiliente.

«Siamo arrivati» disse Marco, posteggiando l’auto.
«Oh» accennò Aris, incuriosito dalla zona. «Hai cambiato casa?» chiese.
«Si, da un mese, più o meno. Era troppo distante dall’ufficio» rispose spegnendo il motore.

Aris aprì la portiera e si guardò intorno. Davanti a lui si presentava una lunga fila di edifici tutti simili, dai colori chiari. La strada proseguiva silenziosa lungo tutta la via, decorata da verdi arbusti ai lati.

«Vieni» disse Marco facendogli l’occhiolino.

Si incamminarono sul marciapiede in cemento, sorpassando i primi condomìni sulla destra. Svoltarono ed entrarono nella prima palazzina, attraversando il grande portone in legno.

L’atrio era trionfale; i muri rivestiti in marmo bianco con piccoli intarsi dorati e il pavimento, anch’esso in marmo, sormontato da un elegante tappeto rosso a coste.

Salirono le scalette che accoglievano i condomini e raggiunsero la portineria in vetro e metallo.
«Buongiorno» salutò cortese il portinaio. Marco ricambiò con smisurata educazione mentre Aris si limitò ad un veloce cenno del viso, e un breve sorriso.

«Siamo al terzo piano. Prendiamo l’ascensore» disse Marco guardando Aris negli occhi.

Giunti al terzo piano, Marco inserì la chiave nella toppa e aprì la porta. Entrarono.
«Wow» disse Aris, sbalordito.
«Sì, un bel posto. Per quello l’affitto è un po’ caro. Ma da quando…»
Aris smise di ascoltare, concentrandosi sull’appartamento. Malinconici pensieri gli frullavano in testa;

«Non ti sembra un po’ troppo grande per noi?» Chiese Francesco ad Aris senza farsi sentire dall’agente immobiliare.
«E’ perfetta» gli rispose lui con un brillante luccichio negli occhi.
Francesco lo guardò fisso per qualche secondo prima di sorridergli incantato. Si voltò verso la finestra e osservò in silenzio il panorama fuori.
I suoi occhi si persero, affascinati, nel vuoto. La testa gli si affollò di pensieri ed immagini, come dolci ricordi ancora da scrivere; un sorriso gli solcò il viso.
«La prendiamo» affermò entusiasta.

«Aris?» Tuonò nelle orecchie del ragazzo. «Ci sei?» Chiese Marco.
Aris annuì intontito, sbattendo gli occhi.
«Posso andare un attimo in bagno?» Chiese poi con voce scolorita.
«Certo. In fondo a destra» dichiarò il fratello portandosi la mano dietro la nuca, preoccupato.

Aris percorse il lungo corridoio portandosi davanti alla porta in legno laccato del bagno. Sfiorò la maniglia in ottone e aprì la porta.

Davanti a lui si materializzò un giovane uomo con uno spazzolino fucsia in bocca, vestito soltanto da un paio di boxer e un’attillata canottiera abbinata che gli fasciava il corpo.

«Ciao!» Bofonchiò lui con lo spazzolino fra i denti, regalando un sorriso ad Aris.

Il suo viso si fece rosso paonazzo. Alzò la mano, scuotendola in segno di saluto prima di scusarsi e richiudere la porta alle sue spalle.

Marco assistette alla scena divertito prima di avvicinarsi ad Aris e dire:
«Pensavo fosse uscito.»

Aris, ancora imbarazzato, gli chiese chi fosse quel ragazzo sussurrando sotto voce. Conclusa la frase, la porta del bagno si spalancò riproponendo la figura di quel ragazzo misterioso.

«Sono Nico!» Si presentò porgendo la mano ad Aris e sfoggiando uno dei sorrisi più sinceri e smaglianti che esistano.

Aris arrossì di nuovo prima di presentarsi a sua volta; Il suo sguardo rimase basso mentre Nico gli stringeva con vigore la mano, ma, poco prima che lui la ritirasse, i suoi occhi si spostarono maliziosi sul corpo del ragazzo. Oltre al fisico ben scolpito messo in mostra dai vestiti che lasciavano poco da immaginare, Aris si scontrò con il suo viso perfetto, angelico. Le sue labbra sottili di un candido rosa tenue, mostravano i bianchissimi denti d’avorio del ragazzo dal sorriso perenne. I suoi capelli, di un biondo scuro, cadevano a folte ciocche sulla fronte indirizzando lo sguardo nei suoi occhi cangianti. Ad ogni movimento, ad ogni battito di ciglia, cambiavano colore. Sembrava che racchiudessero tutte le sfumature tra il verde e l’azzurro. La luce li illuminava sensuale mentre Aris rimaneva estasiato alla visione di cotanta bellezza.

«Aris,» disse poi interrompendo per qualche istante il suo sorriso e gesticolando con le sopracciglia. La sua voce era così levigata, così morbida; né troppo acuta, né troppo profonda. Fluiva musicale nelle orecchie accarezzando i timpani.
«Marco mi ha parlato molto di te» proseguì l’adone.
Aris deglutì a fatica.
«In effetti, da quando Nico si è trasferito qui, gli ho parlato sempre di te» lo salvò Marco.

«Da quando si è trasferito qui» pensava perplesso Aris.

Alzò lo sguardo per un momento e si scontro con la perfezione di quel ragazzo.
Non disse nulla.

«Sono davvero contento di conoscerti» disse Nico, sfoderando un altro sorriso mozzafiato.

Nella mente di Aris rimaneva ancora un mistero l’identità di quel ragazzo. Chi era e, soprattutto perché viveva con suo fratello?

«Vado 'n attimo a vestirmi» disse ghignando Nico completamente a suo agio anche senza vestiti.

Aris gli sorrise prima di prendere il fratello sotto braccio e portarlo nella stanza adiacente.
«Marco,» disse sussurrando. «Chi è quel ragazzo?»
«È Nico! Il coinquilino di cui ti parlavo prima. A primo impatto sembra un po’ fuori di testa ma ti assicuro che è una persona fantastica» disse con tono divertito. «Hai sentito quello che ho detto prima? Mi sembravi assente.»
«Si, scusa. Ero sovrappensiero.»
«Vedrai che andrete d’accordo» disse Marco stringendogli con dolcezza il braccio.

I due fratelli tornarono nel corridoio riunendosi a Nico che, nel mentre, aveva indossato una sottile camicia bianca con colletto alla coreana e un paio di pantaloncini di jeans.

«Okay» disse poi Marco rivolto a Nico. «Avresti voglia di stare un po’ con Aris? Non so magari potresti fargli fare un giro, se non hai nulla da fare. Io devo proprio tornare a lavoro.»
«Certo, stavo giusto per andare in centro per comprare qualcosa» rispose lui con un forte accento Milanese. «Un po’ di compagnia non mi dispiacerebbe» sorrise guardando Aris e poggiandogli la mano sulla spalla.

Il suo sorriso a 32 denti era sempre lì a solleticare gli occhi del ragazzo.

«Ma no, figurati. Non voglio darti disturbo» disse Aris con tono vergognoso.
«Ma va’ là! Mi farebbe piacere invece. Dai che si va in rello» gli rispose con tono amichevole.

Aris si voltò verso il fratello con aria enigmatica come per chiedergli di che cosa stesse parlando quel ragazzo buffo ed espansivo. Lui lo guardò trattenendo le risate e gli fece l’occhiolino.

«Andiamo» disse infine Aris senza porsi troppe domande.

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