21. Neve candida

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«Sai che le prossime due settimane lo studio rimarrà chiuso, vero?» disse la dottoressa. «Qualunque cosa ti servisse, chiamami. A qualunque ora.»

Aris annuì facendo un sorriso.

«Come passerai queste vacanze natalizie, caro?»
La dottoressa Vanassi osservava Aris da dietro i suoi occhialetti, con i gomiti poggiati sulla scrivania.
«Non so, a dire il vero» le rispose con voce pacata. «Pensavo di fare qualcosa di speciale per Marco e Nico. Loro hanno fatto tanto per me. E poi… vorrei riposarmi un po’ e stare con loro.»
«La trovo un’idea magnifica. Certe volte tendiamo a chiuderci in noi stessi e ci dimentichiamo di tutte le persone che ci stanno accanto. Non dimenticarti di te, però!» disse quasi con voce severa. Si alzò dalla sedia e fece due passi intorno allo studio; Aris la seguì con lo sguardo. «Un’altra cosa» aggiunse con aria riflessiva. «Permettiti di essere triste, Aris. Voglio che in questo periodo, rifletta su questo. Devi lasciare che le tue emozioni vengano a galla… in modo controllato. Evita i due estremi: il crogiolarsi nel dolore» fece un gesto ampio con la mano, «e il negarti ogni sentimento.»

Tornò a sedersi, lasciando la spessa mantella in feltro rosso che indossava, sventolare come lo strascico di una sposa.

«E poi» disse spalancando gli occhi. «Riposati, prenditi cura dei tuoi cari e di te stesso.»

Aris le fece un sorriso smagliante, sollevato dalle sue parole.

«Anche tu, Nicoletta. Buon Natale!» disse in tono confidenziale.
«Buon Natale, caro Aris.»

Aris si era fatto prestare la macchina di Marco, cosa che non succedeva spesso perché era troppo grande per lui. Abituato alla sua piccola 500, guidare quella macchina, era un delirio. Nonostante ciò, ne aveva bisogno, voleva davvero fare qualcosa di speciale per la sua famiglia. Era il 24 Dicembre e a casa loro, non c’era ancora nessun albero a colorare il loro natale. Passò a comprarlo nel primo negozio che trovò aperto, ricerca che richiese molto tempo essendo la vigilia di Natale, e lo caricò in macchina insieme a tante palline colorate.

Rientrò a casa, dove sapeva che non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo: Nico aveva uno shooting natalizio e Marco era stato chiamato di urgenza per sistemare una pratica a lavoro.

Entrò nell'elegante androne del palazzo e con un sorriso smagliante auguro buon Natale al portinaio.
Mentre portava in ascensore il pesante albero, pensò per un secondo alle foto che Nico stava facendo; immaginò vischio, lui a torso nudo e un cappello rosso da Babbo Natale sulla testa.

Si morse il labbro e scoppiò a ridere da solo, in ascensore.

Entrò a casa e sistemò tutto.

Adesso, entrando, sembrava proprio di sentire l’odore del Natale.

Cannella e biscotti caldi.

Lo “studio”, era agghindato come un centro commerciale: festoni, piccoli Babbo Natale ovunque e, ovviamente, il grande albero pieno di luci.

Aris era fiero di sé. Si asciugò la fronte e mise sotto l’albero i regali che aveva preso per i due. Si mise in testa un cappello rosso con le lucine e attese eccitato il loro rientro.

Seduto sul comodo divano, si fece ipnotizzare da quelle piccole luci colorate. Si lasciò andare ai ricordi, senza lasciarsi portare via;

Lui e il fidanzato facevano l’albero ogni anno, insieme, l’8 Dicembre, e lo tenevano lì, sino alla Befana. Il giorno di Natale si scambiavano i regali e stavano tutto il giorno a letto, a coccolarsi e a ripararsi dal freddo.

Facevano battutine sconce e si amavano per ore intere.

Un anno, in particolare, videro la neve, cosa rara a Genova. Spostarono il divano davanti alla porta finestra che si affacciava sul balcone, e si accoccolarono lì con una o due coperte.

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