5.Not alone anymore.

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Aubrey stette tra le braccia di Harry per un po’, sentì una sensazione calda e accogliente invaderle i sensi, si sentiva profondamente in colpa per qualcosa che lei nemmeno aveva fatto.

“Stai bene?” chiese harry, Aubrey non riuscì a rispondere, sentiva il suo respiro affannato, spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mise le mani in faccia.

“Lui- fece una pausa- lui non voleva essere mio amico, lui- sgranò gli occhi- oddio!” portò le mani alla bocca mentre un’espressione sconvolta le si dipingeva in viso, Harry la fissò e notò quanta ingenuità potesse portare in se Aubrey.

“Qui è un po’ caldo, c’è troppa folla e non va bene.. andiamo a casa.”
Aubrey in un altro momento avrebbe detto di no, ma in quel preciso istante non era capace di obbiettare o di dire no.

Harry le afferrò dolcemente la mano, e passò attraverso la folla rumorosa. Quando arrivarono alla macchina, Harry le aprì gentilmente la portiera, per farla entrare. Dopo pochi minuti furono a casa di lui.

“Vieni.” Disse dolcemente, lei si avvicinò ed entrò.

La casa era grande e troppo lussuosa per una sola persona. Le pareti erano bianche, prive di una qualsiasi emozione, lo stile era moderno, non vi erano foto o ritratti di famiglia. Vi erano solo quadri di città, come Londra, Roma o New York.

“Vivi da solo?” sibilò Aubrey, Harry sorrise, per la prima volta aveva fatto una domanda, la osservò bene. Il vestito era macchiato di alcol, i capelli erano spettinati e davanti alle guance e il trucco era colato. Rimaneva bellissima comunque, gli occhi erano stanchi ed estremamente tristi.
Dopo qualche minuto, Harry rispose “Si. Ti va di andare sopra?”- Aubrey  fissò Harry in un mal modo. “Per parlare e riposarti..” continuò lui.

Annuì e salirono, un profondo odore maschile e di pulito invase i sensi di Aubrey. La stanza era diversa dalle altre, era blu  e aveva il letto matrimoniale, bianco con una scrivania in vetro e un MacBook sopra. Una lampada era accanto al letto e sul muro vi era un dipinto del mare.

“Ti piace? L’ho fatto io.” Harry si avvicinò a Aubrey e poté giurare di sentirla tremare. Aubrey pressò  le labbra in una linea dritta, poi annuì. Harry fece scorrere l’indice sul braccio di Aubrey, la pelle era liscia e morbida, una sensazione di vuoto lo invase. Alla ragazza venne la pelle d’oca. Harry sorrise a malincuore, era così triste quella situazione.

“Sei spaventata?” sussurrò sotto al lobo dell’orecchio di lei, Aubrey non si mosse , sentì il respiro divenirle pesante. “S-sì.” Mormorò in preda al panico.

“Capisco, vuoi sederti?”chiese Harry staccandosi da lei. Aubrey lo fissò. E scosse la testa. “Grazie Harry, ma è meglio se io vado a casa.” Harry le bloccò un polso con una delle sue grandi mani, gli occhi di lei percorsero il braccio di Harry fino ad arrivare ai suoi bellissimi occhi. “Rimani qui.” Harry leccò le sue labbra. “Potrebbe essere pericoloso stanotte per te.” Aubrey annuì e si sedette sul bordo del letto.

“Perché lo ha fatto?” mormorava tra sé e sé. “Huh?”  chiese Harry abbassandosi per guardarla negli occhi, le prese una mano e la incitò a parlare. “Che cosa è successo?” chiese.

“Mi ha palpeggiata tutta, ma .. cos’è successo? Me lo chiedo anch’io. Come ha potuto? In fondo lui era un bravo ragazzo, almeno così mi ha dimostrato, mi ha trattato bene, abbiamo ballato e poi insomma lui..” Harry interruppe Aubrey   con un cenno della mano. “Piccola Aub, devi capire che nel mondo non sono tutti angeli. la gente è sempre pronta a farti del male, e poi andiamo! E’ Tyler ! chiunque starebbe alla larga da lui, è un puttaniere un menefreghista, fa il finto carino ma non lo è.. perché sei andata? Perché non hai rifiutato? Dio se penso a cosa sarebbe successo se non fossi stato li.”

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