Capitolo 11

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Mi girai e proseguii verso l'uscita, ma in mezzo secondo mi ritrovai per terra. Provai a girarmi per vedere cos'era successo, ma il dolore al ginocchio mi fece compiere un piccolo grido. Stava sanguinando, mi ero tagliata con una pietra a terra. Barbie si accovacciò verso me, con la sua faccia tinta più che mai. Avrei voluto ripulirla dal trucco con uno sputo! Quella puttana mi aveva messo uno sgambetto.

«Sta' lontana da ciò che non ti appartiene. È l'ultimo avviso, poi te la vedrai con me!», mi lanciò uno sguardo cattivo, prima di alzarsi, sistemarsi il suo tubino cortissimo rosa e cacciare il petto in fuori. La super vip, eccola! 

Ero stufa di controbattere, mi sdraiai del tutto per terra, con il viso rivolto verso il cielo e chiusi gli occhi, per ritornare in me. Se non fossi stata così colta di sorpresa gliene avrei dette quattro a quella ragazza così falsa. Mi meravigliavo di come potesse avere ancora amici. Ma la gente dove li aveva gli occhi? Oppure è proprio vero: "Bisogna essere temuti, più che amati!", proprio come diceva Niccolò Machiavelli.

«Che ci fai sdraiata?», domandò Ryan, sedendosi a terra vicino a me.

«Dici che do nell'occhio?»

Per tutta risposta, il ragazzo prese la mia stessa posizione. Guardai il suo profilo per un secondo, prima che si girasse verso di me e sorridesse sincero. Stava guardando il cielo e i suoi occhi azzurri splendevano. Una mano dietro la nuca e una gamba piegata.

«Sono tutti troppo ubriachi per preoccuparsi di altri che non siano se stessi» rispose continuando ad ammirare le stelle in cielo, sovrappensiero. Cosa stai pensando davvero, Ryan?, mi chiedevo in quel momento. Ma d'altronde, cosa doveva importarmene?

«E tu? Sei troppo ubriaco da pensare solo a te?»

«No, io non dimentico». Non capivo cosa volesse intendere, se tutto o niente, se il passato o il presente.

***

È inutile dire che me ne tornai a casa poco dopo, mandando un messaggio alle mie amiche. Mi dispiacque molto di non aver conosciuto come si doveva Jasmine, ma pensavo ci sarebbero state altre tante occasioni.

Non vidi più Kyle quella sera e Ryan rimase a farmi compagnia in silenzio solo per qualche altro minuto, finché non mi alzai e tornai da sola a casa, immersa nei miei pensieri.

«Cos'è successo ieri, Desy?», mi chiese Katy indagatrice, quando eravamo a scuola, il lunedì scolastico. 

Trascorsi il weekend perlopiù sui libri, tanto che ero indietro con alcune materie; così non vidi neppure la mia amica, ma ciò non le fece dimenticare di pormi quella domanda.

«Niente» buttai lì. 

Si capisce benissimo che non ero una persona tanto aperta su determinati argomenti. La ragazza mi guardò con sguardo accusatore, mentre, nel frattempo, Jasmine era giunta da noi.

«Che sono queste facce?» domandò dopo averci sorriso.

«La qui presente non vuole raccontarmi cosa è successo sabato» rispose Katy, lanciandomi un'occhiataccia.

«Dai! Raccontacelo» Jasmine mi supplicò con mani giunte, al che si aggiunse anche Katy.

Sospirai rumorosamente sconfitta.

«Ma non ora» non era certamente il luogo più opportuno quello, né il momento.

La campanella mi salvò dal dover proferire altre parole, per fortuna. Ci dirigemmo ognuna nella propria aula per la prima lezione della giornata. Come avrei dovuto comportarmi con Kyle, era per me ancora un mistero. Come poteva un ragazzo essere tanto stronzo ed incomprensibile? Non mi aspettavo di contare qualcosa per lui, ma credevo avessi avuto importanza in passato. Non era una cosa da poco conoscere una persona da ben dieci anni.

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