Capitolo 12

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«Che ci fate qui?» domandai sorpresa non appena aprii la porta di casa mia in pigiama. Il mio brutto vizio di indossarlo quando ero a casa! Ma era la cosa più comoda che esistesse al mondo, come avrei potuto non indossarlo?

«Sorpresa!» esclamò Katy accomodandosi in casa, dopo avermi abbracciata, sapendo perfettamente dove dirigersi una volta dentro. Anche Jasmine mi salutò abbracciandomi e titubante entrò in casa. Chiusi la porta alle mie spalle, per poi seguire Katy in salotto, dove ci accomodammo tutte e tre. Loro sul divano, io sulla mia poltrona preferita.

«Be'... veramente siamo venute perché non ci hai più raccontato niente» buttò fuori la ragazza bionda, sorridendo.

«E per dirti che oggi sei stata fenomenale!» esclamò la ragazza scura al suo fianco. Le dedicai un piccolo sorriso. Non avevo fatto nulla.

«Ma... ritorniamo alle cose importanti» disse Katy.

«Stiamo aspettando...» mi incitò muovendo una mano. Sbuffai per la sua poca pazienza.

«Cosa volete che vi racconti?»

«Sai... tutto» Katy esclamò con un viso buffo, facendomi ridere.

«Allora... io non volevo andare alla festa, tu mi hai costretta, poi sono andata a casa, ho fatto la doccia e ho indossato un abito che....» iniziai a prendermi gioco di loro. Volevo domande più precise.

«Okay, okay... cosa è successo con Ryan. Eravamo lì, ma non abbiamo capito un granché» Katy mi fermò alzando un sopracciglio, ansiosa di ricevere una mia risposta. Si stavano emozionando per niente, a mia detta.

«A chi lo dici! Non è successo nulla, era ubriaco e si è avvicinato molto a me...» conclusi.

«E poi?» mi incoraggiò Jasmine.

«Poi è arrivato Kyle e ha fatto intendere perfettamente che non mi voleva lì, in casa sua, perciò stavo andando via...». Guardai il viso della mia migliore amica offeso.

«Ve l'avrei detto!» mi giustificai. Odiava quando la lasciavo da sola così ad una festa, ma quel giorno non era mica sola!

«Continua...» sbuffò.

«Stavo dicendo... me ne stavo andando, ma mi ha fermata e quel brutto bastardo mi ha baciata!» esclamai arrabbiata al solo pensiero. Non poteva rubarmi dei baci così!

«Ti ha baciata?!» Katy si portò le mani alla bocca, seguita da Jas.

«Sì, ma gli ho tirato uno schiaffo» risposi in imbarazzo. Non mi ero nemmeno accorta di far uscire tutto il racconto dalle mie labbra come se fosse un film e non l'avessi vissuto davvero. Ma... non avrebbe dovuto baciarmi!

«Sì, ma ti ha baciata!» continuò Katy. Aveva le orecchie tappate per caso?

«Sì, ma l'ha fatto per non farmi andare via...»

«Scusa, in che senso?» chiese Jasmine, per niente entusiasta, al contrario di Katy, della notizia.

«Nel senso che mi ha detto testuali parole: "Non volevo te ne andassi"» lo scimmiottai facendole ridere entrambe.

«Okay, è un idiota!» esclamò Katy.

«Un perfetto idiota!» confermai.

«Credi di interessargli?» ritornò seria la mia migliore amica.

No, per niente. Credevo mi avesse baciato davvero solo per trattenermi e, be', perché era un cretino. A lui non cambiava molto, un bacio in meno, un bacio in più!

Stavo per rispondere, ma Jasmine lo fece prima di me: «Non per te Desy, senza offesa, ma a tipi come lui non possono interessare ragazze comuni e normali».

Nonostante avesse esplicato che non fosse per sminuire me, mi diedero un po' fastidio le sue parole.

Io e Katy la fissammo. Ma forse aveva ragione, cioè, diciamo la verità, anche io la vedevo così. Mi sentivo come se lui fosse quella cosa irraggiungibile, che anche se ti fossi sforzata non avresti potuto avere. Eravamo due mondi totalmente diversi ed era strano pensare come una volta queste diversità si incastravano perfettamente.

Annuii, aveva ragione, che volessi ammetterlo o meno.

«Facciamo un patto» propose sorridente Jasmine e, vedendo che le stavamo dando la giusta attenzione, continuò: «Niente ragazzi del genere per tutto l'anno. Lasciamo stare gli stronzi e preoccupiamoci dei ragazzi degni di nota».

«Ci sto» Katy mise una mano in mezzo.

«Ci sto anche io» misi la mano sopra la sua. Sarei stata lontana da Kyle, lontana dai guai. Era la scelta giusta.

La mia mano venne coperta da quella di Jasmine e, contando alla rovescia, pronunciammo i primi tre numeri, al che la mora aggiunse: «Patto stretto» per poi alzare tutte e tre la mano in aria contemporaneamente, ridendo.

Ero sicura di poterlo mantenere. Quanto poteva essere dura stare lontano da persone che già odiavo per conto mio?

***

Le mie amiche se ne erano andate da poco e rimasi nuovamente a casa da sola. Non sapevo che fine avesse fatto mio fratello, era sicuramente in giro con gli amici, né sapevo dov'era finito mio padre, ma pensavo e speravo fosse a lavoro. Nonostante i suoi problemi con l'alcol, dovevo ammettere che era lui, e solo lui, a mantenere la famiglia. Era un dipendente di una piccola fabbrica poco fuori New York e di giorno in giorno speravamo non venisse licenziato.

Mentre ero immersa nella lettura di un libro trovato online, il campanello iniziò a suonare. Mi alzai svogliatamente dal mio comodo letto e andai con passo svelto ad aprire la porta. Volevo solo tornare a leggere, odiavo fermarmi sul più bello di un libro.

Davanti al cancello trovai Ryan a fissarmi timidamente. La cosa che non capivo era perché proprio quel giorno avessi indossato il pigiama così presto!

Mi diedi un'occhiata veloce, sapendo lo stesso di non essere presentabile, e schiacciai il pulsante aprendo il cancello per farlo entrare. Non mi andava di essere scortese con lui, anche perché lui non lo era mai con me.

Chissà cosa era venuto a fare. Per un attimo mi sentii bene, credevo fosse lì per me. Ma non aveva senso, così ritornai alla realtà, soprattutto dopo le sue parole: «Scusa l'intrusione, sono passato a prendere la giacca»

«Certo!» risposi un tantino in imbarazzo, restando ferma con la porta mezza aperta, mentre lui stava superando il giardino.

«Posso entrare?»

«Ah, si, certo» spalancai la porta. Vide il mio pigiama e fece un mezzo sorriso, ma era troppo educato per fare qualche battutina, non come qualcun altro. Smettila di pensare a lui, mi maledii.

«Vado a prendertela» sorrisi, prima di sgattaiolare di sopra.

La presi dall'armadio e la portai di sotto, dove frettolosamente la porsi al ragazzo. Guardò la giacca per un secondo e dopo me la tese nuovamente: «Non è la mia»

Come? Oh cavolo! Non ditemi che la sua giacca l'ho data a Kyle!, pensai, torturandomi le dite della mano freneticamente in imbarazzo.

Come aveva fatto quell'imbecille a non accorgersi che la giacca non era la sua?!

«Ah... probabilmente questa è di mio fratello, scusa. Facciamo che te la porto domani a scuola?» sorrisi falsamente, sperando acconsentisse. Non gli avrei detto la verità, non so per quale motivo, ma altrimenti mi sarei sentita male, perché non sapevo in che modo avrebbe potuto interpretare i miei gesti.

«Va bene»

«Vuoi qualcosa da bere?» offrii, vedendolo lì fermo, come se fosse intento a volermi dire qualcosa.

«No... no, grazie, devo andare». Lo accompagnai alla porta, restando con la curiosità su ciò che avrebbe voluto dirmi.

Un amore al πDove le storie prendono vita. Scoprilo ora