Capitolo 14

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KYLE'S POV

Stavo guardando la TV, con le gambe incrociate sul tavolino di vetro in soggiorno, aspettando che Desy annunciasse di aver terminato il lavoretto.

Il cellulare iniziò a squillare e risposi dopo averlo estratto dalla tasca dei jeans, senza neanche guardare chi fosse.

«Ho finito» mi disse calma e soddisfatta quella voce.

Sorrisi, posando i piedi a terra, sul tappeto panna. Mi credeva davvero così stupido? Forse aveva dimenticato che la conoscevo da anni ormai ed ero sicuro non avrebbe mai pulito la mia stanza per molti motivi. Primo, perché non lasciava mai che qualcuno le mettesse i piedi in testa, secondo, perché... be', perché era lei, ero io, eravamo noi. Non faceva niente per me, si sapeva. Forse aveva un piano, ma lo avevo anche io.

«Okay» risposi e riattaccai. Recuperai il mio aeroplanino telecomandato con videocamera, regalatomi quando avevo dodici anni, e andai in giardino.

Lo feci alzare in aria e, sapendo che la finestra della mia stanza era aperta, lo feci arrivare fin lì. Dal telecomando che avevo tra le mani, vidi la sua faccia stupita dall'oggetto che aveva davanti. Non se lo aspettava. Uno a zero per me.

Uno stupido sorriso prese posto sul mio viso, ma lo feci scomparire subito. Non dovevo esaltarmi tanto per quella ragazzina. Era su una sedia davanti alla porta e la stanza era in disordine ancora più di prima. Tutti gli oggetti che erano sulle mensole e sulla scrivania erano buttati a terra e i vestiti di almeno mezzo armadio erano sparsi dappertutto, mentre le ante dell'armadio erano aperte. Accorgendosi della telecamera, il suo viso si spostò davanti all'aeroplanino e fece delle facce buffe e infinite linguacce. Nonostante la mia stanza fosse in pessime condizioni, non potei non sorridere. La odiavo, ma era un odio così strano.

Okay, vuoi la guerra? Che guerra sia!

DESY'S POV

Mi aveva fregato, il mio piano era fallito. Doveva aprire la porta ed entrare, ma non l'aveva fatto, piuttosto aveva mandato il suo giocattolino a constatare la veridicità delle mie parole. Mi serviva un altro piano e subito.

Camminai stando attenta a cosa stavo calpestando, per non farmi male, e, quando il suo aeroplanino volò via, mi affacciai dalla finestra, vedendo Kyle soddisfatto rientrare dentro.

Okay, lo odio troppo. Ma ride bene chi ride ultimo, no?

In quel momento toccava a me ridere e per l'ultima volta. Guardai in basso e poi l'albero da cui ero salita nella stanza. Mi sembrava di essere Rapunzel, chiusa nel suo castello, senza una via d'uscita. Solo che a salvare me non sarebbe arrivato nessun Flynn Rider, potevo restare chiusa lì per sempre con Madre Ghotel. Dovevo cavarmela da sola, cioè più o meno, io e l'albero. Ce l'avrei fatta.

Lentamente e stando attenta a dove mettevo i piedi, iniziai ad arrampicarmi sull'albero. Così come ero salita, sarei scesa. Avevo il terrore, nonostante fosse una cosa già fatta. Dovevo solo ricordarmi che ero salita milioni di volte sugli alberi da bambina. Sì, da bambina, ma in quel momento avevo diciotto anni, non ero più così spericolata.

Incollata all'albero, chiusi un secondo gli occhi per tranquillizzarmi. Mi arrivò una forte folata di vento, che mi fece perdere l'equilibrio e iniziai a precipitare come un sacco di patate. La mia fine era arrivata, me lo sentivo.

KYLE'S POV

Mi sedetti sotto l'albero, facendo credere a Desy di essere entrato in casa. Stavo pensando alla sua prossima mossa e di conseguenza alla mia, ma non mi venne in mente nulla, finché non vidi la sua ombra a terra e alzai gli occhi per ammirarla scavalcare la finestra. Voleva suicidarsi? Peccato che nonostante l'odio che provassi non volevo vederla buttarsi.

Rimase per un secondo attaccata all'albero e la vidi chiudere gli occhi e sospirare, finché non la vidi preoccupato precipitare. Mi spostai di poco, prendendola al volo. Era così leggera, ma, nonostante quello, cademmo entrambi per terra, lei su di me.

«Sembravi più leggera» la presi in giro, mentre ero sdraiato a terra con lei su di me.

I suoi capelli mi svolazzavano ancora sul viso ed io ispirai il suo profumo alla vaniglia, ritornando al passato. Il suo corpo era così piccolo in confronto al mio e avevo troppa voglia di abbracciarla, nonostante fossi così ammaccato, ma non potevo. Noi ci odiavamo.

Accorgendosi di essere su di me, si alzò dolorante e mi rivolse uno sguardo d'odio. L'avevo salvata, perché non mi ringraziava e la faceva finita col suo comportamento da bambina?

«Potevi anche spostarti!» esclamò con disprezzo.

Mi alzai dietro di lei e la tirai per un polso, facendo incontrare i nostri occhi. Il suo odio si trasformò in stupore. Era una calamita per me. Non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi. Odiavo lei, odiavo me. Mi odiavo perché dovevo odiarla, mi odiavo perché non potevo amarla e mi odiavo perché non smettevo di guardarla. Il mio corpo era pieno di emozioni contrastanti e non avrebbe mai vinto quella più bella, perché non poteva. Volere è potere... stronzata. La volevo in quel momento, volevo assaggiare le sue labbra morbide e calde, semi-aperte per lo stupore, forse per la sorpresa del mio comportamento, ma non potevo, non potevo innamorarmi di lei. Distolsi lo sguardo, facendola irritare di nuovo. Non doveva andarsene, la volevo lì con me.

Girò i tacchi per andare via, ma la fermai di nuovo.

«Dove credi di andare? Almeno aiutami a sistemare il casino che hai combinato».

Sapevo che per me era solo una scusa, ma era l'unica che potevo usare. Sarei diventato matto, lo sapevo.

Angolo autrice:

Hey guys! Che ne dite?

Buon Natale :)

-Francesca_Rocco

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