Capitolo 17

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«Andiamo?», chiese Jem, che stranamente aveva trascorso la serata in silenzio, ascoltando gli altri. Kyle gli aveva appena dato una pacca sulla spalla, mentre stavo scendendo le scale. Nel mio piccolo speravo che Jem non diventasse come Kyle, ancora più stronzo, ma sapevo comunque che sarebbe stato inevitabile se avesse continuato su quella strada.

Come ci aveva accennato Kyle, Ryan stava dando una festa. Rimasi delusa in un certo senso che non mi avesse invitata personalmente, ma ero sicura ci fosse un motivo valido.

«Kyle! Mi avevi detto non saresti venuto!», urlò in modo civettuolo Abbey, Barbie, per farsi sentire da tutti noi. Mi fulminò con lo sguardo e poi posò gli occhi su Jasmine, sorridendogli amichevolmente e continuò a guardare il suo ragazzo.

«Non era nei miei piani», sorrise lui, lasciandosi trasportare in casa da lei. Seguimmo loro due e vidi che era tutto molto calmo per essere una festa.

«Desy, pensavo non saresti venuta», mi abbracciò Ryan. Mi sembrava sbucato dal nulla.

«Ehm... in realtà fino a poco fa non sapevo nulla della festa», lo guardai negli occhi blu e mi sembrò sorpreso.

«Ma se io ti ho lasciato un biglietto vicino al tuo armadietto». 

Quindi ero stata invitata? Non so perché, ma cercai subito lo sguardo di Kyle che trovai a fissarmi con un sorrisetto. Era stato lui, ci avrei scommesso il mio libro preferito, ma perché mai avrebbe dovuto nascondermi il fatto che Ryan avesse dato una festa, per poi dirmelo lui stesso? Era matto, ero convinta.

«Forse avrai sbagliato armadietto», sorrisi falsamente. No, non aveva sbagliato, il problema era che c'erano troppi idioti a scuola nostra che ficcavano il naso dove non dovevano.

«Forse...», sussurrò poco convinto, per poi salutare con un benvenuto anche le mie amiche e mio fratello.

«Vado a cercare i miei amici», parlò Jem, già fissando lo sguardo altrove, poggiando una mano sul mio braccio.

«C'è un motivo per cui hai dato questa festa?», domandò Katy curiosa e, come suo solito, euforica. Era proprio bello averla come amica, sprizzava allegria da tutti i pori.

«In realtà sì...», rispose e fu lì che lo guardammo tutte e tre incuriosite.

«...i miei cugini si sono trasferiti qui e volevo fargli conoscere qualcuno».

«Per questo speravo venissi», mi sussurrò poi piano all'orecchio. 

Non so perché, ma fui sicura che arrossii visibilmente, nonostante potessero essere parole come qualunque altre.

«Sono lì», Ryan ci indicò un divano. 

Eravamo nel salotto e ci stavamo dirigendo verso il posto indicatoci, seguendo il proprietario della casa. Sul divano c'era una ragazza seminascosta da un ragazzo che ci dava le spalle. Sentii Jasmine al mio fianco irrigidirsi immediatamente.

«Scusami, Ryan, potresti dirmi dov'è il bagno?», la ragazza fermò bruscamente Ryan, strattonandolo per un braccio. Il suo volto era pallido, quasi cadaverico, sembrava stesse per vomitare, così, all'improvviso.

«Sì, la prima porta di là», le indicò una direzione.

«Ti senti bene?», le domandò velocemente poi, titubante. La ragazza annuì e si girò verso la strada da prendere.

«Sei sicura di sentirti bene?», chiesi io «...se ti serve una mano...».

«No, no, grazie», rispose in un soffio, guardandomi per impallidire ancora di più, per quanto possibile. Dopo corse verso la stanza che le era stata indicata.

Nonostante mi sembrasse una brava persona, la trovavo alquanto strana. 

Dopo un'alzata di spalle, seguii Katy e Ryan al divano.

«Cugini...», Ryan richiamò la loro attenzione passandogli freneticamente una mano davanti al volto, che la ragazza scostò sorridendo «...loro sono due mie amiche», ci indicò.

I ragazzi spostarono entrambi gli occhi su di noi.

«Io sono Megan», la ragazza porse una mano, alzandosi dal divano in pelle beige.

«Desideria, chiamami Desy, lo fanno tutti», sorrisi, stringendole la mano.

«Katherine, soltanto Katy però», la mia amica fece lo stesso. 

Calò, dopo, un silenzio alquanto imbarazzante; si capiva, stavamo aspettando che il ragazzo si presentasse, come sua sorella, ma quello non sembrava accennare di voler aprire bocca, così Megan lo riprese: «Fratello! Che fai?! Non ti presenti?». 

Lui, che fino a poco prima guardava addirittura da tutt'altra parte, posò gli occhi su di noi, sbuffando. Okay, già mi stava antipatico. Ma chi si credeva di essere? Era diventata una sfida per me, perciò, nonostante il suo comportamento, presi l'iniziativa.

«Piacere. Com'è che ti chiami?», porsi la mia mano davanti al suo viso. 

La fissò con un ghigno annoiato, per poi portare i suoi occhi verdi sul mio viso. Devo dire che non era niente male... peccato per quel suo caratteraccio. Una lampadina si accese nella sua testa e fece in modo che rispondesse: «Desideria, chiamami Desy», mi scimmiottò, ghignando fastidiosamente.

«Insomma, Ethan, la smetti una buona volta? Mi avevi promesso di provare a smetterla con questo caratteraccio!». Mi sembrava allora che la promessa non la stesse affatto mantenendo.

Il ragazzo alzò gli occhi e poi rispose seriamente, fissandomi, ora, abbastanza normalmente.

«Ethan», strinse la mano della mia amica che ricambiò. Poi strinse la mia, ripetendo il suo nome controvoglia.

«Be', sì, l'avevo capito», risposi con un ghigno annoiato, proprio come gli avevo visto fare poco prima. Il ragazzo non rispose alla mia provocazione, ma iniziò a fissarmi con interesse.

«Be'? Che c'è? Vuoi una fotografia?», gli sventolai una mano davanti al volto. Non sopportavo quando la gente mi fissava.

«No...», rispose sprezzante «...solo che mi ricordi una persona».

Stavo per chiedergli di chi si trattava, quando Kyle fece irruzione nella nostra silenziosa atmosfera.

«Bella festa, Ryan, solo noiosa a morte», lo prese in giro, dandogli una pacca sulla spalla.

«Ho trovato un compagno adatto a te, Kyle!», affermai voltandomi per guardarlo.

«E di chi si tratta? Non credo che qualcuno potrà mai eguagliarmi».

«Oh, be', no, infatti può addirittura superarti in antipatia». Kyle mi guardò storto.

«Kyle, lui è Ethan, credo che in una vita precedente aveste potuto essere perfino fratelli», ridacchiai istericamente, girandomi e lasciandoli lì. 

Sentivo lo sguardo dei presenti alla scenetta sulla mia schiena, mentre io mi dirigevo verso l'uscita. Non sapevo tutta quella rabbia da quale parte del mio corpo stesse uscendo, in realtà non sapevo neanche per quale motivo. Dopotutto Ethan non aveva fatto niente di così sbagliato, solo che in quel momento non avevo voglia di complicazioni.

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