42.Cafè

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Io e Giulio eravamo nel bar del centro a parlare normalmente, fin quando il discorso, non si spostò sulla madre.
«Piccolo, quando è successo?» Dissi vago, ma lui capì subito:
«Cinque giorni fa.»
«Se posso, come?»
«Non lo sappiamo. Si è addormentata, si è pure risvegliata, ma-»Vidi una lacrima cadere sulle sue guance. Mi ricordavano tipo le pacche di culo dei bambini. Gli asciugai la scia calda e umida.
«Piccolo, scusa, non avrei dovuto domandare.»
«No, è normale che ci stia male.»
«Giulio?»
«Sì?»
«Scusa per lo schiaffo e per come ti ho trattato. Hai sbagliato, ma mi dispiace.»
«Jaggie, io ti ho tradito. Non- Hai fatto bene.»
«Giulio?»
«Mh?»
«Che cazzo di soprannome è Jaggie?»
«Non lo so. Ma ora te lo tieni e stai zitto.»
«Ma, fottiti.»
«Al massimo, tu fotti me.» le parole ‹Massimo› e ‹Fotti›, non dovrebbero stare nella stessa frase.
«Di nuovo ricominci?»
«Obviusly.»
«È nel mio DNA.» continuò.
«Sono troppo fico, tutti mi vogliono. Anche tu. Quindi perché non vantarmi?» terminò
«Per modestia.»
«Sono troppo bravo per fare quello modesto.»
«Per questo ai rapper spesso risulto antipatico. » Citai.
«No, io ero serio: sono davvero troppo bravo.»
«Beh, non dico di no, ma, sii modesto.»
«Manco per il cazzo. Comunque, che ne dici di rivederci più spesso? Cioè, so che è presto, ma, io-»
«Sì.» lo interruppi.
Mi sorrise scendendo dalla sua sedia metallica con difficoltà, rischiando di inciampare. Venne verso di me barcollando per la gamba addormentata. Lo guardai confuso. Se ne vuole andare?
Girai la sedia, e lo guardai mettersi difronte a me.
«Apri le braccia.»Mi ordinò. Feci come mi chiese, e ci si fiondò dentro abbracciandomi. Investendomi di un caldo piacere.
«Giulio, diventi più adorabile ogni secondo che passa.»

 Twitter; MoslowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora