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Non era passata nemmeno una settimana, quando il piccolo batuffolo di cotone ovattoso, mi scrisse:

‘Ma, potevi scrivere da qualche altra parte che mi ami, sul mio telefono, non lo avevo capito (sono sarcastico)’

‘Guarda che volevo continuare’

‘Ne ho trovati sei, gli altri dove sono?’

‘Genio, se non so quale hai
trovato, come faccio a dirti quali
mancano?’

‘*Allegato audio
3:26*’

‘Tre minuti e ventisei? Che cazzo mi devi dire, la storia della tua vita?
Non lo ascolto. ’

‘E se ti avessi detto di voler scopare?’

‘Non lo faresti mai, sei troppo timido.’
‘Ah, no, giusto, stiamo parlando di te.’

Aspe.’

Sta squillando...

«Ma, Giò, perché cazzo mi chiami?»
«Voglio sapere se vuoi scopare.»
«Non te lo dico.»
«Oh, quindi vuoi! Dove sei?»
«Giorgio, perfavore.» Capì al volo. Non mi perdonerà facilmente.
«Giulio, ho cambiato idea, però mi devi dire lo stesso dove sei.»
«Giorgio, no. Ti prego.»
«Se non me lo vorrai dire, lo scoprirò da solo.»

Chiamai Andrea, e mi feci aiutare a trovarlo. Manusso e i PC, sono una cosa sola. Lo trovò, e mi spiegò come aveva fatto, ma non capiì un cazzo. Mi disse, che secondo una sua storia Instagram, tra mezz'ora, sarebbe partito per una specie di in-store. Ecco dove si pone l'utilità del mio migliore amico, Andrea Manusso.
Scesi le scale di fretta senza manco salutarlo. Corsi, inciampando, vicino alla macchina. Mi graffiai la mano, ma poco mi importava. Io e Giulio saremo tornati insieme. Non che in realtà lo siamo stati per chissà quanto. Manco due mesi, però era stato, quasi, ma molto quasi, intenso. Entrai in macchina, presi un respiro, mi accesi una sigaretta, e partì.

‘Ama Andrea.’

Scrissi velocemente al mio nano, mentre iniziavo a seguire l'indirizzo che mi aveva dato Andrea.

 Twitter; MoslowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora