58. Mi Sono Scocciato🚫

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«Ah.» sussurrammo entrambi all'unisono guardandoci negli occhi. Sentì i suoi occhi scrutarmi, mentre i miei battiti acceleravano.
Mi alzai, farfugliai qualcosa a Tommaso, che suonava come un ‹Io e lui ci 'nsciamo, t'niamo subito.›, e portai, trascinando per il braccio,il ragazzo, di là. Chiusi la porta della camera di mio fratello, con la chiave, su qualcuno fosse entrato, ci sarebbero stati problemi, per quello, che io e il ragazzo, avremmo fatto.
Nemmeno il tempo di girarmi, dopo aver bloccato la serratura, verso di lui, che sentì, le sue calde braccia avvolgermi da dietro.
Mi sciolsi come un polaretto al sole, ma subito dopo mi ricordai cosa era successo.
Mi staccai, ma dovetti riagganciarmi al mio Giulio, quando vidi le lacrime scendere dalle guance di quel bimbo.
«Sono un cazzone. Ma, cazzo ti amo! Mi sono scocciato di sto tira e molla, Cristo, finiamola.» Urlò.
«Cazzo urli, piccola minchia!? Comunque, beh... Io non so come dirlo... So solo, che in pratica ti amo anche io.» Mi odiai per non aver scelto una frase migliore. Ma davvero non sapevo che dirgli. E dopo tutto il tempo passato a litigare, non volevo continuare a fare la tredicenne mestruata. Guardai le labbra del mio piccolo, ma ebbi un'idea migliore: mi fiondai sul suo lobo destro. Iniziai a leccarglielo. Mugolava tanto.
«Perché devi fare ste cose? Non puoi succhiare altro?» disse ancora lucido.
«Porco.» decisi, che forse, e dico forse, era meglio accontentarlo. Misi una mano sotto la maglia di Giulio, e iniziai a fargli i grattini, mentre con la mia bocca, scendevo sempre più in basso. Lo sentì gemere e provai un senso di autocompiacimento. Gli abbassai velocemente i pantaloni, senza toglierglieli, comunque c'era la mia famiglia di là. Inizia a giocare con la virilità del piccolo, con la mia grande mano. Iniziai con lentissimi, movimenti circolari, ma lo vedevo guardarmi male. Risi e gli abbassai degli slip inguardabili di Giulio. Lo presi in bocca, e subito lo sentì sospirare e gemere forte. Lo presi tutto, e iniziai a fare su e giù, prima velocemente, e dopo, col supporto delle sue mani dietro la mia nuca, che mi guidavano. Poco dopo, venne, e ingoiai tutto.
Quel dieci marzo, dopo aver soddisfatto Giulio, dopo una sua domanda, non riuscì più a smettere di sorridere.
«Vuoi essere il mio fidanzato?» lo baciai più e più volte.
«Questo è un sì.» affermò.
«Ma la mia famiglia?» dissi preoccupandomi. Mi diede un bacio sul collo: alla bocca non i arrivava.
«Una cosa alla volta. Ora voglio stare con te.»

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*Ragazze, trauma, questo è l'ultimo capitolo, e fa cagare. Sorratemi. Ci voglio bene, e niente, ci si rivede su Teddy Bear.
Anche se Dio oggi mi odia, e il mio professore d'arte lo sa, Wattpad ci si mette a pubblicarmi a caso i capitoli. Scusate.*

 Twitter; MoslowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora