57.Casa di mamma.

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Io, ancora oggi, provo odio per il giallo. E questo è un punto fisso. Ma quando, il dieci marzo, ero scappato dal centro di  Roma, per tornare a casa, in periferia, l'immensità gialla, di quel posto, mi rese felice.
Quando arrivai, era mattina, e il giallo era ancora più forte.
«Mà!» Urlai dal divano.
«Che vuoi?» Chiese mia mamma brusca
«Ho fame. Sfamami.» sembravo uno si quei quarantenni che vive dai suoi. Peccato che però l'unica reperibile era mia mamma. Mio padre, era in viaggio di lavoro.
«Cazzo dai ordini? Aspetta i tuoi fratelli, mangiate insieme.»
«Vabbe, dai cazzo.» Sbuffai. Tommaso il mio fratellino, di quindici anni, sarebbe tornato alle tredici, ed erano solo le dodici. Tommaso, era un ragazzino, calmissimo. Faceva amicizia, però, con cani e porci, a prescindere dalla età e dal colore. Era, quel nanetto coi capelli corvini come i miei, così poco malizioso, che probabilmente, non aveva mai fatto sesso.
Edoardo, invece, parlando di sesso, era a farlo con la sua mogliettina di tre anni in meno di lui. Oggi era riunione di famiglia, quindi dovevano esserci tutti. Edoardo aveva trentadue anni, lui invece era castano. All'inizio pensavo che mamma si fosse fatto un altro, perché non è possibile che un figlio esca con i capelli a caso.
Salì nella mia stanza per vedere, se infondo alla roba di Tommaso, che si era appropriato della mia camera, ci fosse qualcosa da poter rubare al piccoletto.
Trovai una t-shirt del mio merchandising, quella del mio ultimo tour. Era bianca, e al collo aveva scritto sopra: ‘The Illest’. Scavai più in basso nell'armadio disordinato in rovere e trovai una felpa troppo, ma troppo bella. Mi tolsi la mia, e la misi nella lavatrice, e la poggiai sul divano, del salone, dove poi mi appoggiai.
«O', te lo dissi, che abbiamo vicini nuovi?» disse, cercando di non marcare troppo il suo accento napoletano.
«No, non me lo hai detto.» Risposi curioso.
«Sì, boia, hanno un figlio brutto quanto la morte, viene qui proprio oggi, come ogni settimana. Ti fa venire voglia di ucciderlo. È un metro e una banana. Ha dei ricci di merd-» S'interruppe quando sentì bussare.
«Mà, cazzo, ho perso le chiavi. Aprimi!» andò ad aprire, mentre io aprì le gambe e spalancai le bracce, con un aria da svasato. Manco da drogato, ero così.
«Oh, ciao Giulio, che ci fai qui?» sentì chiedere da mia madre. Sbarrai gli occhi. Se è lui, mi uccido.
«Mamma, è venuto per salutarti.» rispose Tommaso.
«Che cazzo è quel coso?» Sentì aggiungere da lui, spaventato.
«Quel coso è tuo fratello. Fallo riprendere, che sembra fatto.» disse ridendo mia mamma.
«Giulio, dai, te lo faccio conoscere. È una testa di cazzo simpatica.» Ma perché tutti mi odiano? Ma checcazzo!
Sospirai in ansia. Chiusi gli occhi e ancora prima di riaprirli, sentì un enorme peso su di me.
«Cazzo, Giò, mi sei mancato!» Mi urlò Tommaso, con la testa sulle mie ginocchia, mentre io avevo la mia, tra le sue gambe. Rotolai giù dal divano facendo cadere entrambi. Riuscì a guardare l'estraneo.
«Ah.» sussurrammo entrambi all'unisono guardandoci negli occhi.

 Twitter; MoslowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora