9: "Migliorare l'autocontrollo"

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Quattro notti insonni e altrettanti giorni passati ad evitare la maggior parte degli Avengers: il ricordo della morte di mio padre mi tormentava il sonno, impedendomi di riposare al meglio, e la mattina mi era difficile anche solo rivolger la parola a qualcuno.
Wanda intuì subito il problema e non mi stupii molto quando venne ad offrirmi il suo sostegno morale, dichiarandosi pure disponibile a sentire ogni mio sfogo. Ero certa di non aver mai incontrato una persona così gentile e premurosa, ma le mentii comunque: volevo affrontare il mio passato da sola, comprenderlo a fondo e poi, forse, confessare ogni mio dubbio ad altri. Insomma, avevo bisogno del mio tempo per metabolizzare le novità e non ero disposta a rinunciarvi.
D'altra parte, Tony non accettò volentieri il mio silenzio. Provò un paio di volte a farmi uscire dalla stanza per socializzare, inutilmente. Tentò pure di tirarmi fuori qualche reazione infastidendomi con antipatiche allusioni a ciò che avevo fatto - probabilmente aveva rubato l'idea da Sam -, ma l'unica cosa che ottenne fu un pugno sul braccio neanche troppo delicato.
Gli altri... be', sembrava non fossero molto interessati del mio stato d'animo e tutto ciò mi andava più che bene.
Rivedere il volto di mio padre ogni volta che chiudevo gli occhi era difficile, ma non sapere il legame che ci univa lo era ancora di più. Mi voleva bene come ogni padre e questo l'avevo capito, sentito quasi, però oltre a questo c'era il buio: litigavamo spesso oppure eravamo sempre d'accordo? Avevo il suo carattere oppure assomigliavo più a mia madre?
Erano tutte le domande sorte con il ricordo a tenermi sveglia la notte e avevo il terrore d'esser stata una figlia inadeguata, una delusione.
In momenti come quelli arrivavo a odiare me stessa, ma anche Alpha: per quale ragione mi ero arruolata? Perché avevo accettato di uccidere per lavoro? E se ero tanto convinta di ciò che facevo, per quale motivo avevo accettato così facilmente di sottostare alle regole degli Avengers?
La mia vita stava andando a rotoli e non avevo né la forza né le capacità di metterle un freno. Raccontare a Fury tutto ciò che sapevo del MOS poteva aiutarmi a schiarire le idee, o quanto meno ci speravo, e fu con questa convinzione che entrai nell'ufficio in cui mi attendeva il direttore dello SHIELD.
«Hecate, Rogers, accomodatevi» esordì l'uomo non appena la porta fu chiusa alle mie spalle. Lo accontentai sedendomi proprio davanti a lui mentre il Capitano preferì rimanere in piedi poco distante da me, sempre serio e silenzioso. Per mia sorpresa, si era offerto volontario per accompagnarmi all'interrogatorio e durante il tragitto aveva speso pure un paio di parole per illustrarmi in che parte del Complesso stavamo andando.
«Mi fa piacere sapere che sei pronta a collaborare» proseguì Fury, poggiando gli avambracci sulla scrivania ingombra di fascicoli e fogli singoli. «Dopotutto Spettro ce l'aveva detto che prima o poi avresti ceduto.»
Sussultai a sentire il nome del mio compagno e dovetti mordermi l'interno della guancia per evitare di dar voce alle mille domande sul suo conto, me ne concessi soltanto una, la più importante.
«Come sta?»
«Credo bene, sta recuperando molto velocemente e immagino non ci voglia molto prima che possa essere operativo» rispose placidamente Fury, senza distogliere lo sguardo dal mio viso. Sospirai di sollievo, mi faceva piacere sentire che almeno uno dei due aveva trovato la sua strada, sebbene il fatto che potesse diventare un agente dello SHIELD non mi convinceva granché.
«Direi di cominciare dall'inizio, come sei entrata in contatto con l'organizzazione?»
«Non ne ho idea, ho perso praticamente ogni ricordo del mio passato» sospirai, sentendomi davvero inutile come fonte di informazioni. Sentii Steve avvicinarsi e quando lo vidi sedersi nella sedia accanto lo guardai storto, pensavo volesse rimanere in piedi come una bella statuina di ghiaccio!
«Immaginavo. I tuoi poteri allora, come li hai ottenuti?»
Sapevo che questa domanda sarebbe arrivata, ma avevo il terrore di dar voce ai miei pensieri. Mi ritrovai a corto di fiato ancora prima di aprir bocca e nonostante cercassi di rispondere, sembrava che le parole fossero bloccate in gola. A quel punto, Steve prese la mia mano sinistra tra le sue - proprio come aveva fatto Spettro - e mi incoraggiò a parlare con un cenno della testa e un mezzo sorriso. Rimasi sorpresa da quel piccolo gesto, non credevo che potessimo raggiungere una tregua simile, e mi lasciai andare.
«Penso di poterla chiamare un'operazione, sì. Non ero pronta psicologicamente, ma avevo disobbedito gli ordini dell'ultima missione quindi ricevere i poteri doveva essere una specie di punizione e così fu. Mi ritrovai a rischiare l'annegamento e a essere pestata a sangue da due dei miei compagni, per poi finire su quel maledetto letto da sala chirurgica. Immagino mi abbiano iniettato qualcosa, non lo so, e dopo quattro giorni mi svegliai legata allo stesso letto e con un tremendo mal di testa. La cosa più strana, però, era il crescente fastidio alle mani: Alpha disse che era solo il primo segno della presenza del mio nuovo potere e mi obbligò ad utilizzarlo efficacemente in cambio di cibo» raccontai tutto d'un fiato, riuscendo perfino a risentire i colpi che Spettro mi aveva dato. Alcuni di essi avevano lasciato un segno permanente nella mia pelle, soprattutto nel seno.
Passai lo sguardo da Fury a Steve, quasi aspettando che cominciassero a compatirmi, ma nessuno di loro mi fece intendere nulla. Rogers sciolse ben presto la presa dalla mia mano e, questa volta, non me ne stupii: dopotutto aveva ottenuto l'informazione richiesta e non serviva prolungare quel contatto innaturale.
«So che c'erano delle Sezioni, a quale appartenevi?»
«Rossa. Diciamo che fare fuori il target era principalmente il mio compito» borbottai, sentendomi un po' a disagio. Fino a poco tempo prima, andavo più che fiera del mio ruolo, ora mi sentivo solo una stupida: come avevo fatto a uccidere a bruciapelo così tante persone senza che il minimo senso di colpa mi colpisse? Alpha... doveva essere colpa sua!
«Mh mh ottimo. Veniamo al dunque, qual era la vostra ultima missione?»
Avvertii l'attesa grondare dalle sue parole, non mi sarei stupita nello scoprire che quella era l'unica domanda che gli interessava davvero.
«Uccidere il presidente.»
Steve cominciò a tossire convulsamente, guadagnandosi un'occhiata scocciata perfino da Fury che non mi aveva ancora tolto gli occhi di dosso da quando ero entrata nell'ufficio. Alzai gli occhi al cielo annoiata, ma un sorriso divertito mi sfuggì comunque.
«E chi ve l'ha commissionata?» domandò confuso Fury, appuntando qualcosa su uno dei fogli che aveva davanti.
«Qualcuno del governo, un sottosegretario forse. Sapere i mandanti non era tra i miei diritti.»
«Le cimici, siete stati voi a piazzarle per tutto il Complesso!» esclamò Steve, il volto ancora arrossato per i violenti colpi di tosse.
«Ci era arrivata notizia che alcuni di voi avrebbero scortato il presidente nel suo prossimo viaggio e dovevamo scoprire la destinazione» gli risposi, alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia ciò che avevo detto ed effettivamente lo era.
«E quando sono state disattivate avete deciso di fare irruzione e prendere le informazioni direttamente dai computer, ma certo!» concluse Steve, puntandomi il dito contro con fare perentorio. Annuii sorridendogli.
«Bisogna incrementare la scorta del presidente e stanare i restanti componenti del MOS» borbottò Fury, continuando a scrivere sullo stesso foglio di prima. Subito, i miei pensieri corsero all'ustione sul braccio di Tony e al suo incontro con Flamme: erano già sulle tracce dei miei vecchi compagni ed ero certa che non sarebbe passato molto tempo prima di uno scontro vero e proprio. «Rogers, ho bisogno di parlarle in privato.»
Il Capitano uscì senza obbiettare, sebbene fosse palese la confusione sul suo viso. Guardai Fury preoccupata, non riuscendo a comprendere cosa potesse volere da me. Avevo forse infranto qualche regola? O magari dato l'idea di voler tornare da Alpha e dalle altre Ombre?
Cominciai a preoccuparmi quando Fury tirò fuori da uno dei cassetti della scrivania una cartellina con stampato sopra, bello in grande, "Classificato". Non avevo alcun diritto di vedere informazioni private: ciò mi fece intendere che il contenuto di quel dossier parlava di me e non era affatto una cosa rassicurante.
«Conosco una brava psicoterapeuta che potrebbe aiutarti» cominciò a parlare l'uomo, spostando in un angolo della scrivania tutte le carte che vi erano sparse sopra cosicché da avere spazio per appoggiarsi con gli avambracci.
«Mi stai dando della pazza?» sbottai, incrociando le braccia al petto piuttosto indispettita. Era un colpo basso quello! Fury accennò un sorriso e aprì la cartellina, estraendone un foglio scritto a computer. Provai a leggerlo, ma lui se ne accorse e lo voltò con un colpo secco.
«So che è da quattro giorni che giri per il Complesso come un'anima in pena. So anche che l'idea di tornare dai tuoi vecchi colleghi non ti ha sfiorata più di tanto e che stai cominciando ad adattarti alla nuova situazione quindi direi che hai qualche problema nel dormire» ragionò Fury, come se fosse normale il fatto che conoscesse le mie vere intenzioni.
Scossi la testa con un sorriso amaro in viso: a quanto pareva il Soldato d'Inverno non sapeva tenere chiusa la bocca, fantastico! Avrei dovuto immaginarlo, come potevo fidarmi di una persona che era incaricata di tenermi sott'occhio? Dovevo dubitare anche di Tony e Wanda?
«Bastano un paio di sonniferi, non mi serve altro» borbottai, il nervoso che cresceva secondo dopo secondo. Cominciavo pure a essere emotivamente instabile, splendido!
«Ascoltami bene: volente o nolente fai parte della squadra -»
«Sono prigioniera vorrai dire!» lo interruppi, sfidandolo con lo sguardo a dire il contrario.
«Consideri prigionia la possibilità di fare tutto ciò che vuoi?» sbottò di rimando lui, colpendo la superficie della scrivania con i palmi. Scossi piano la testa, dandogli ragione, per evitare che s'arrabbiasse ancora di più. «Come stavo dicendo, non possiamo permetterci di avere un agente dipendente da qualsiasi tipo di farmaco e per questo riteniamo che sia opportuno cominciare gli incontri con la psicoterapeuta.»
«Come si chiama?» domandai, sospirando sconfitta.
«Rachel Gill» rispose pacato, mostrandomi una piccola fotografia che ritraeva una donna sorridente dai lunghi capelli castani. Vista così, sembrava una brava persona, ma oramai avevo imparato a diffidare delle prime impressioni.
Ci furono un paio di minuti di silenzio e mentre Fury scribacchiava qualcosa sul foglio che aveva in precedenza girato, riflettei: oramai ero alla mercé degli Avengers e dello SHIELDS, aveva senso mantenere segreto il motivo della mia insonnia? O perlomeno, per quanto tempo sarei riuscita a tenermelo dentro?
«Ho ricordato mio padre» parlai, quasi sussurrando, e vidi l'uomo scattare sull'attenti come se attendesse quella notizia da secoli. Le lacrime mi inumidirono gli occhi al ricordo della della scena e dovetti chiuderli un attimo perché non cominciassi a piangere. «Lo hanno ucciso.»
«Hai visto l'omicidio?» domandò, il tono leggermente alterato da... preoccupazione? Annuii, riluttante nel voler raccontare ogni dettaglio.
«Taglia una testa e altre due prenderanno il suo posto» ripetei con un sospiro e la voce dell'assassino mi rimbombò prepotentemente nelle orecchie, come fosse un mantra.
Dall'espressione di Fury compresi che quella frase era qualcosa di grave e quasi mi pentii d'averla pronunciata.
«Ti sei ricordata qualche nome?»
«Mark, mio padre si chiamava Mark.»
Bastarono quelle poche e semplici parole per farmi gelare sul posto, le mani strette talmente forte sulla seduta della sedia da farmi venire le nocche bianche.
Un altro ricordo, sempre su mio padre ma meno vivido del precedente: eravamo io e lui a casa, seduti a tavola che giocavamo a scacchi. Ero piccola, avrò avuto massimo sette anni, indossavo un'orrenda tuta da ginnastica viola e sembravo concentratissima nel studiare la prossima mossa.
Mio padre mi guardava sorridendo teneramente e quando la me più giovane alzò lo sguardo su di lui, sentii un'ondata d'amore travolgermi, facendomi quasi mancare il fiato: adoravo il mio papà.
La mia vista sembrò farsi più nitida, ma riuscii a malapena a mettere a fuoco il simbolo sulla maglietta di mio padre prima che fossi riportata alla realtà.
«Hecate!» urlò Fury, scuotendomi violentemente per le spalle. Sbattei le palpebre un paio di volte e mi alzai di colpo, allontanando le mani dell'uomo.
Sentii le dita pizzicare e feci un paio di respiri profondi per calmare il battito accelerato, sapevo perfettamente che stavo per rischiare di perdere il controllo.
Vidi la sedia su cui ero precedentemente seduta tremare, avvolta dalla solita nebbiolina azzurra che, ormai, cominciavo pure ad apprezzare e dovetti impegnarmi con tutte le mie forze per evitare che andasse in frantumi. Se fosse successo, mi sarei ritrovata priva di sensi in pochi istanti, poco ma sicuro.
«Migliorare l'autocontrollo» mormorò Fury, lo sguardo torvo puntato su di me.
«Cos'hai visto?» domandò Steve e mi voltai di scatto verso di lui, presa alla sprovvista dalla sua voce. Non l'avevo neanche sentito entrare tanto ero preoccupata dall'idea di fare qualche casino con i miei poteri.
«La maglietta di mio padre.»
«E cosa c'è di tanto sconvolgente?» chiese Fury, questa volta non c'era traccia di empatia nella sua voce. Evidentemente il mio essere scostante non si addiceva bene al suo carattere e quasi mi sentivo in colpa.
«Era un agente dello SHIELD» risposi senza giri di parole, fissando lo sguardo sul suo viso, aspettando che provasse anche solo ad accennare l'ipotesi che stessi mentendo. Lo vidi corrugare la fronte pensieroso, poi parve illuminarsi e puntò un dito contro il Capitano.
«Avvisa immediatamente Stark che in giornata gli farò avere il risultato dell'idea tre» ordinò Fury, citando quella strana "idea tre" che tanto mi incuriosiva. Ci voleva poco per capire che centravo io e morivo dalla voglia di sapere tutto: avevano forse ideato qualche modo per scoprire il mio passato e le mie origini? Volevano inserirmi in qualche programma speciale per riabilitarmi socialmente?
Come sempre, ero destinata ad avere moltissime domande e poche risposte.
Steve salutò e subito si dileguò, lasciandomi con un direttore Fury pacatamente esaltato.
«Per quanto ti riguarda: farò delle ricerche su tale Mark e comunicherò i risultati pure a te. Al momento la nostra priorità è migliorare il tuo autocontrollo: finché vivi al Complesso e la missione del MOS è attiva, non possiamo permetterci alcun pericolo per il gruppo quindi discuterò di un piano di allenamento con Wanda» fece una piccola pausa e mi guardò con aspettativa. Annuii, consapevole che se volevo uscire indenne da tutto ciò dovevo attenermi agli ordini e sperare che Alpha non si presentasse più nella mia vita.
Non essere più sotto il suo controllo era una sensazione magnifica.
«E il primo appuntamento con la dottoressa Gill?» gli ricordai, ormai rassegnata all'idea di dover raccontare tutta la mia vita a una sconosciuta il cui unico obiettivo era fare soldi annuendo ogni tanto e mormorando parole di conforto o incoraggiamento.
«Organizzerò anche questo.»
«Non pensavo di causare tanto scompiglio» buttai lì, cercando di alleggerire la tensione che si stava sviluppando nell'ufficio. Ed ero sincera. Fin dal primo istante in cui avevo ripreso coscienza sotto gli occhi di Tony e Bruce, credevo d'avere in tasca un biglietto di sola andata per qualche cella fredda e buia, invece in poco tempo mi ero ritrovata praticamente libera di fare tutto ciò che volevo - purché rimanessi all'interno del Complesso, certo. Era immaginabile che questa semilibertà comportasse qualche disguido... per gli altri.
«Siamo fortunati che tutto segue una delle nostre intuizioni iniziali, pensa altrimenti! Hai contribuito abbastanza per oggi ed io ho una montagna di lavoro, torna dagli altri, su!»
Mi liquidò con un cenno della mano e non appena misi piede fuori dall'ufficio uno strano senso di tranquillità mi avvolse, facendomi sospirare di sollievo.
In quel momento non mi sentii un'assassina fuori posto e con problemi di memoria, ma una semplice agente pronta ad affrontare la sua prima missione importante. Amavo quella nuova sensazione.


Angolo autrice.
Giuro solennemente che non ci saranno molti altri capitoli così lunghi e lineari ahah.
Passiamo al dunque ora: Infinity War si sta avvicinando, andrete a vederlo il 25?

C'è un aggiornamento dell'ultima ora! Senza neanche troppe riflessioni ho deciso di "candidare" questa storia ai Marvel Awards 2018 tenuti da lapiccolaavengers.
Non mi aspetto grandi risultati - sono molto ottimista, sì -, ma buoni #MarvelAwards2018 a tutti i partecipanti!

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora