33: "Lupo Bianco?"

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Il viaggio verso la regione del Wakanda era stato un'esperienza totalmente a sé e non in senso negativo. Per quanto avessi cercato informazioni riguardo quella nazione mai sentita nominare in vita mia, non trovai alcuna notizia risalente a prima del 2016 - anno in cui, a quanto pareva, era morto il sovrano T'Chaka durante un attentato. Solo quando lessi di più riguardo l'argomento, compresi la reticenza di Bucky nel farmi "scoprire" quella realtà nuova, ma lo stesso molto vicina a noi: era stato accusato dell'omicidio dell'uomo a causa di un sokoviano che voleva vendetta per la morte della sua famiglia durante lo scontro con un certo Ultron.
Provai a chiedergli qualche spiegazione, più per curiosità che per accusarlo della benché minima cosa, ma ad ogni mia domanda corrispondeva un suo diniego, seguito da un gesto affettuoso atto probabilmente a scacciar via il malumore causato dal suo silenzio. Mi ci volle un po' per accettare quella sua improvvisa chiusura nei miei confronti e forse a ciò si doveva la totale indifferenza che mi avvolse durante il viaggio verso la nostra meta. "Nostra" poiché Bucky aveva insistito moltissimo affinché mi potesse accompagnare in Wakanda, così da potermi stare accanto anche durante la riabilitazione post-operatoria: ecco, con questa sua premura inconsapevole riusciva pressoché sempre a farmi tornare il buon umore.
Per quanto cercassi di accantonare il timore d'essere accolta come una sfruttatrice delle capacità geniali della giovane principessa, appena misi piede a terra non riuscii ad evitare un'occhiata impaurita a tutte le donne armate che aspettavano immobili accanto a quella che riconobbi come la regina Ramonda... eppure nessuno mi giudicò, tutt'altro!
Dopo un veloce benvenuto, fui subito accompagnata all'interno dell'edificio da T'Challa e da una concitatissima Shuri che, tra una battuta sul fratello e qualche domanda a Bucky, mi informò riguardo alcuni test che avrei dovuto subire pressoché subito per permetterle di studiare al meglio la mia situazione.
Alla fine si risolse tutto con un tampone salivare - «Per il dna, così posso confrontarlo con quello dei familiari per poter capire cos'è stato modificato e come poter tornare indietro» si premurò di spiegarmi Shuri -, un paio di prelievi di sangue, una visita medica accurata per verificare che fosse tutto apposto per la futura operazione e alcuni test fisici per verificare fino a che punto si era sviluppata la telecinesi. Niente di troppo greve, dopotutto.
«Ehi, sei pronta?» domandò Bucky, bussando alla porta del bagno che avevo preventivamente chiuso onde evitare una sua intrusione. Rimasi in silenzio, forse un po' troppo presa nell'osservare il mio riflesso nello specchio dai bordi finemente decorati, e constatai che sì, quello non era affatto il mio stile, ma non ero poi bruttissima da vedere. «Tutto bene?»
«Che te ne pare?» domandai ancor prima di uscire dal bagno, per poi improvvisare una sciocca giravolta. «L'ho presa a New York un paio di giorni fa.»
Osservai con attenzione la smorfia scocciata di Bucky trasformarsi in un sorriso a metà tra il divertito e l'imbambolato e non opposi resistenza quando mi poggiò le mani sui fianchi per tirarmi a sé, permettendomi quindi di poter poggiare la testa sul suo petto. Mi lasciò un delicato bacio tra i capelli prima di darmi la sua opinione e avvertii le ginocchia tremarmi dall'aspettativa.
«Sei bellissima» sussurrò, poggiandomi una mano dietro la nuca per invitarmi ad alzare lo sguardo. E così feci, ma non prima d'aver intrecciato le mie dite con le sue artificiali - quelle di cui lui ancora non si fidava del tutto, temendo che potessero farmi male ancora solo sfiorandomi. «Potresti girare con qualsiasi indumento addosso e saresti bellissima comunque.»
Ridacchiai, colta alla sprovvista dal suo complimento, e feci sfiorare con delicatezza i nostri nasi in un non troppo subdolo invito a fargli eliminare la distanza che ancora ci separava i volti: non che non volessi prendere io l'iniziativa, ma certe volte mi piaceva che fosse lui a decidere.
Incrociai il suo sguardo e, quando lo vidi lanciare un'occhiata al letto accuratamente rifatto, non potei fare a meno di alzare gli occhi al soffitto con un sorriso divertito.
«No, Bucky, non posso» mormorai, riferendomi implicitamente alla lunga serie di divieti che m'erano stati imposti da Shuri in vista della seconda - e mi auguravo ultima - "operazione". Mise il broncio come un bambino a cui viene negato qualcosa di desiderato, ma durò ben poco dato che cominciò a lasciarmi una serie di baci a stampo sulle guance e sulla fronte. «Non volevi mostrarmi il mercato?»
«Sì, effettivamente sì» borbottò con un mezzo sorriso, lo sguardo rivolto verso l'alto mentre, probabilmente, ricordava qualche particolare della sua permanenza in Wakanda e non potei fare a meno di desiderare che rendesse partecipe pure me di quella sua parte di vita passata. «Andiamo, vediamo se mi ricordo ancora la strada.»

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora