16: "Missione Presidente"

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La "Missione Presidente" non era cosa da poco, per nulla. Oltre al fatto che si trattava di proteggere la vita dell'uomo politicamente più potente degli Stati Uniti, era anche un avvenimento cruciale per il mio futuro: fosse finita male, avrei perso la mia libertà e non volevo accadesse proprio ora che cominciavo a conoscere la vera realtà delle cose.
Per questo motivo, quando Tony mi comunicò che da lì a un'ora ci sarebbe stata una mini riunione per discutere dell'organizzazione della missione, mi presentai alla sala congressi con ben un quarto d'ora d'anticipo. Per evitare di dimenticarmi qualcosa, portai pure dietro il quaderno e una penna.
Entrando nella stanza scoprii Bucky seduto su una sedia, semidisteso sul tavolo e con la testa poggiata sulle braccia, ma non appena richiusi la porta drizzò la schiena e si voltò verso di me con un accenno di sorriso in viso.
«Ehi» lo salutai, accomodandomi di fronte a lui. Non ero mai stata in quella sala né mi era mai stato permesso assistere a riunioni per cui mi concessi un attimo per studiare bene l'ambiente e per realizzare che, finalmente, contavo qualcosa pure io.
Lasciai scivolare lo sguardo su Bucky e lo scoprii la guardarmi a sua volta: rimanemmo a fissarci per un paio di secondi, come fossi congelati sul posto, e fu lui a spezzare il silenzio che s'era creato.
«Posso farti una domanda?» chiese, sporgendosi in avanti sul tavolo. Gli mormorai un debole "Sì", ancora assorta nel pensare al nostro scambio di sguardi. Ora che era nata una specie d'amicizia tra noi, mi sembrava tutto più facile e strano. «Come va con la psicologa?»
Non potei fare a meno di sorridere nel sentire la sua curiosità, dopotutto speravo davvero che qualcuno mi chiedesse dei miei progressi con la dottoressa Gill.
«Va alla grande! Non lo credevo possibile dopo il casino che ho combinato, eppure sono riuscita a confessarle tutto, ogni mio singolo dubbio e rimorso, e mi ha aiutata tantissimo. Senza contare che i ricordi cominciano a tornare sempre più frequentemente e anche se sono delle sciocchezze come il mio primo giorno di scuola, la dottoressa si è detta felice dei miei progressi. Nonostante ciò, rimane un po' preoccupata per i miei poteri, teme che possa perdere il controllo nuovamente proprio durante la prossima missione. Neanche la mia promessa di fare tutto per contenermi e stare lontana dal presidente sembra averla rassicurata... un po' di dispiace, ecco.»
Avevo parlato troppo, come mio solito quando qualcuno mi dava la possibilità di esprimere i miei pensieri.
«Scusami» mormorai imbarazzata. «So essere logorroica quando mi ci metto.»
«Oh, non preoccuparti, mi piace sentirti parlare. Cioè, è una buona cosa perché significa che hai abbastanza fiducia in me da affidarmi i tuoi pensieri.»
«Mh sì, tutto molto carino e coccoloso» parlò Tony, il tono grondante sarcasmo. Mi voltai verso la porta e lo scoprii appoggiato allo stipite: l'espressione che aveva in viso faceva ben comprendere che non si sarebbe presto dimenticato di ciò ch'era riuscito a sentire. Ci raggiunse al tavolo con passo lento e lo sguardo fisso - per mia sorpresa - su Bucky, quasi lo volesse fulminare sul posto.
«Non ti ho sentita nominare la tua magnifica metafora del cucchiaio, ti sei forse resa conto della cazzata?» continuò Tony, questa volta riuscendo nell'impresa di farmi arrossire d'imbarazzo. Non avevo idea di come facesse lui a sapere di quella battuta imbarazzante detta durante una seduta con la psicologa e non ci tenevo troppo a scoprirlo, sinceramente.
«Così mi offendi, però» borbottai, incrociando le braccia al petto e voltandomi dall'altra parte.
«Okay, non voglio sapere nulla» s'intromise Bucky, accennando una bassa risata che riuscii a farmi sentire ancora più a disagio.
«Dobbiamo parlare della missione o sbaglio?» sbottai, sospirando appena. Prima si risolveva la situazione, prima potevo andarmene da lì ed evitare che Tony svelasse l'orribile metafora che avevo fatto per me stessa... non che fosse tremenda - la trovavo piuttosto simpatica -, ma non c'era mai da fidarsi troppo dell'opinione altrui.
«Sì, infatti, direi che possiamo cominciare. Purtroppo il preavviso è molto poco, della serie che partiremo tra dieci giorni, e saremo impegnati per quattro giorni, ventiquattro ore su ventiquattro. La James ci ha lasciato carta bianca purché si rispetti la condizione che ha dato lei il giorno del nostro incontro» parlò Tony, spostando poi lo sguardo su di me come ad avvisarmi che ero l'osservato speciale della situazione. Cosa che già sapevo, purtroppo. «Dovremo seguire il presidente in Italia e controllare ogni sua mossa affinché l'incontro diplomatico vada a buon fine. Non conosco molti dettagli, ma alcune fonti accennano a una nuova base americana e si può ben dire che non è cosa da poco.»
«Saremo soltanto noi tre o avremo supporti militari?» domandò Bucky, completamente assorto nella discussione. Alternai lo sguardo tra i due uomini e realizzai che qualsiasi cosa fosse successa, mi avrebbero aiutata e protetta perché, dopotutto, ne andava anche della loro credibilità come "protettori del mondo".
«Poliziotti e militari in borghese, alcuni cecchini immagino. Per il resto dobbiamo arrangiarci noi con la sua scorta anche se il nostro unico compito è quello di tenere lontani gli eventuali agenti del MOS. A tal proposito, hai qualche esperienza nel pianificare missioni, Hecate?» continuò Tony, lanciandomi un'occhiata perplessa che ricambiai.
«No, decisamente no.»
«Come sospettavo, allora tu farai gli identikit di tutti i tuoi ex colleghi» disse lui, porgendomi un tablet già aperto su un'applicazione.
«Okay» mormorai un po' avvilita. Mi aspettavo una partecipazione molto più attiva, ma decisi di non controbattere. Presi l'oggetto e mi misi subito a leggere il tutorial, così da evitare che si perdesse tempo a spiegarmi il programma.
Ripensare al MOS in quel momento era quasi doloroso: sapevo che era una cosa fondamentale aiutare gli Avengers a stanare quella pazza di Alpha e il suo seguito, ma non riuscivo a ignorare quell'orribile sensazione che mi attanagliava lo stomaco appena pensavo a Fort e Flamme rinchiusi al Raft.
Decisi di cominciare con Alpha e cercai di richiamare alla memoria qualsiasi ricordo che la riguardasse da vicino, un po' come quello che mi aveva fatto perdere il controllo. Chiusi gli occhi e provai a ignorare qualsiasi cosa stessero dicendo gli altri, un po' come facevo quando, nei momenti vuoti, cercavo di recuperare frammenti del mio passato. E stranamente, quel giorno ce la feci.
Rividi Alpha, visibilmente più giovane, alla porta di quello che doveva essere il mio vecchio appartamento. Dalla mia espressione confusa sembrava fosse il nostro primo incontro eppure la convinzione con cui la donna mi stava parlando dava tutt'altra impressione.
«Non ti ricordi di me? Ero una cara amica di tua madre, ti ho vista crescere praticamente! So quanto lei ci tenesse al tuo futuro, per questo sono venuta a darti tutto il mio sostegno morale. Non fare questa faccia, posso giurartelo sulla mia vita! Per questo sono qui... e per portarti via!»
Un sorriso inquietante incurvò le sue labbra tinte di rosso ciliegia e poi tutto scomparve nel buio.
Spalancai gli occhi con il cuore in gola per l'agitazione e tirai un sospiro di sollievo quando incontrai lo sguardo smarrito di Bucky: non era successo nulla di brutto, grazie al Cielo.
«Tutto bene?» mi sillabò, senza emettere alcun suono, mentre Tony continuava a parlare di come dovessimo seguire il presidente senza stargli però addosso.
Annuii appena e sorrisi, anche se avevo un sacco di nuove domande che mi ronzavano nella testa; cose del tipo "Come ha fatto Alpha a invecchiare così tanto in due anni?".
Cominciai quindi a selezionare le giuste caratteristiche che più rappresentavano la donna, riuscendo pure a perdere dieci minuti buoni sulla scelta della giusta forma delle labbra.
Ci misi davvero tutto il mio impegno affinché venisse fuori l'identikit più verosimile possibile, volevo che quella strega finisse nella più angusta delle celle nel minor tempo possibile.
Passai poi a Lupin e Whip, dedicando anche a loro tutta la mia attenzione: era anche colpa loro se avevo perso il controllo l'altro giorno e non me l'ero ancora perdonata del tutto, nonostante Sam passasse minimo un'ora al giorno a dire che stava alla grande.
«Come procede?» domandò Tony ad un certo punto, dando una sbirciata allo schermo. Gli mostrai velocemente ciò che avevo fatto finora, quasi aspettandomi che desse un suo giudizio, ma non pronunciò parola.
«Fa un po' male» mormorai, continuando sfogliare il catalogo degli occhi alla ricerca di quelli perfetti per Flamme.
«Lo so, immagino, ma stai procedendo bene» provò a rincuorarmi Tony, un po' inutilmente.
«Posso avere un riassunto di ciò che avete detto?» chiesi, alzando la testa e facendo la mia miglior espressione da cucciolo bastonato. Vidi Bucky sorridere e puntare lo sguardo sul collega, forse consapevole che se avesse cominciato a parlare sarebbe stato troncato sul nascere.
«Saremo nello stesso aereo privato del presidente, ma non avremo alcun reale contatto con lui. Una volta atterrati comincia il nostro lavoro quindi dovrai tenere gli occhi non aperti, di più. Soggiorneremo nello stesso hotel del presidente e immagino visiterà un po' la città, ma quelli della CIA non mi hanno ancora fornito il reale programma quindi abbiamo ben poco da organizzarci. Dovessi individuare qualcuno, dovrai avvisare noi senza prendere alcuna iniziativa, ricordati che non puoi usare i tuoi poteri né parlare con nessuno del MOS.»
«Tutto qua?» domandai ancora, un po' sorpresa dello scarso contenuto della loro conversazione.
«Certo che no, abbiamo sistemato alcuni piani di eventuale attacco o difesa che prevedono il minimo coinvolgimento dei cittadini, ma non credo ti serva conoscerli.»
«Ah, okay. Immagino vi dovrete allenare, no? Posso partecipare anch'io? Mi hai rinfacciato che non so combattere in squadra, cosa per niente vera, quale occasione migliore per insegnarmi qualcosa?» buttai lì, facendo un sorriso tirato, incapace di dimenticare le sue parole che tanto mi avevano infastidita e ferita.
La sua espressione sicura sembrò vacillare e cercò l'appoggio di Bucky che, questa volta, sembrava cercasse di guardare ovunque tranne che noi due, che simpatico scaricabarile! Mantenni lo sguardo fisso su Tony finché non si decise a darmi una risposta.
«Però devi giurarmi che non prenderai alcuna iniziativa durante la missione» concesse alla fine.
«Sì sì, tutto quello che vuoi!» esclamai contenta, consapevole che quella volta l'avevo vinto io lo scontro. Senza aggiungere altro mi rimisi al lavoro, continuando a rappresentare Flamme.
«Certe volte sembri una bambina» borbottò sottovoce Tony. Riuscii a sentirlo, ma lasciai perdere perché, dopotutto, non avevo alcuna ragione di lamentarmi.

Ci impiegai quasi due ore per fare l'identikit di tutti i membri del MOS e alla fine mi potei dire davvero soddisfatta del mio lavoro: Tony mandò subito i file all'agente Ross e ne stampò un paio di copie da avere sempre sotto gli occhi - "così riuscirò a memorizzare ogni minima sfaccettatura delle loro facce" era stata la sua scusante.
Prima di uscire dalla sala riunioni, appuntai nel mio quaderno qualche appunto veloce sul nuovo ricordo e i punti chiave citati da Tony, così da evitare di far confusione in seguito.
Tony se la defilò subito dicendo che la sua fidanzata aveva bisogno di lui, mentre Bucky sembrò tentennare un po' prima di alzarsi dalla sedia.
«Qualche problema?» gli chiesi con una certa curiosità.
«Va davvero tutto bene?» domandò a sua volta, raggirando il tavolo per poi rimanere in piedi accanto a me.
«Perché non dovrebbe?»
«L'ho capito che hai ricordato qualcosa, sai?» rispose quasi bruscamente. Al che chiusi il quaderno con un colpo secco, alzandomi in piedi per fronteggiarlo a braccia incrociate.
«Quando fai così mi irriti proprio!» cominciai, cercando di nascondere un sorriso, ma lui mi interruppe prima che potessi continuare.
«Ovvero?» domandò con un'alzata di sopracciglia del tutto allusiva. Fece un piccolo passo avanti, accorciando la distanza che ci separava.
«Riesci a capire cosa mi succede soltanto guardandomi; non mi piace essere un libro aperto.»
Bucky rise. Cioè, per un attimo tentò di contenere la risata, poi si lasciò completamente andare. Scossi la testa rassegnata e non pronunciai parola finché il suo sfogo si esaurì in un leggero sbuffo divertito, seguito da un bel sorriso.
«Vuoi raccontarmi cos'hai ricordato?» chiese allora, piegando leggermente la testa da un lato.
«Il mio primo incontro con Alpha, niente di troppo sconvolgente.»
«Sicura?»
«Sì, Bucky, va tutto bene. Grazie per l'interessamento» mormorai, alzando la testa per incontrare il suo sguardo. Non mi ero mai resa conto di quanto fosse bello il colore dei suoi occhi e non feci in tempo a realizzarlo che sentii le guance andare a fuoco. Deglutii a vuoto, consapevole che la mia integrità se n'era praticamente andata a fare una passeggiata.
«Dopodomani ci sarà la serata film, ci sarai o rimarrai chiusa nella tua stanza?» domandò in un soffio, cambiando discorso. Ero già stata avvisata da Wanda e le avevo pure dato conferma, ma finsi comunque di pensarci un po' su.
«Ti farò sapere» gli concessi con un'alzata di spalle, prima di uscire dalla sala. Voltandomi, lo vidi ancora immobile dove l'avevo lasciato.



Angolo autrice.
Non mi sono dimenticata di questa storia, no!
Tra pochi capitoli ci sarà la tanto nominata "Missione Presidente" e poi sarà un crescendo - si spera - di aspettativa e felicità, fino ad arrivare all'insospettabile scontro con il MOS.
Spero di riuscire di rendere giustizia alle idee che ho in testa, nel frattempo mi impegnerò anche nella raccolta di immagina!

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora