14: "Benvenuta nel club"

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Sembrava che la notte precedente mi fossi ubriacata talmente tanto da non ricordare quasi nulla di ciò che era davvero successo, però alcuni flashback erano rimasti e mi impedirono di lasciar entrare chiunque nella mia stanza.
Non volevo passare per la ragazza disperata e fuori di testa, ma proprio non me la sentivo di essere faccia a faccia con le persone che avevo tradito. Senza contare che, da quando ero sveglia, le mani non avevano smesso di tremare neanche per un istante, facendomi ben intuire che sarebbe bastato un nonnulla per farmi perdere di nuovo il controllo.
Ero riuscita a convincere FRIDAY a sigillare la porta della stanza cosicché nessuno potesse piombarsi dentro per farmi la ramanzina che stavo evitando con tutte le mie forze.
Pressoché ogni Avengers aveva provato a convincermi a lasciarli entrare: Visione attraversò letteralmente il muro e gli urlai contro finché non uscì, Wanda cercò con dolcezza di farmi ragionare, Clint provò a farmi ridere e ad attirarmi fuori con la scusa del cibo mentre Tony si avvalse di FRIDAY per un'ora buona, ripetendomi ossessivamente che bisognava chiarire il fatto.
Arrivai a fine giornata con la testa che scoppiava e le mani che dolevano per i tremori e per tutti gli origami creati per calmarmi. Rimasi più di un'ora a scrivere sul mio quaderno tutto ciò che avevo rivisto, aggiungendo anche le emozioni e i pensieri che erano giunti durante il dì.
Si passava da frasi come "Ora mi sento meglio" ad altre molto più sentite tipo "Se avessi accettato il passato, nulla di tutto ciò sarebbe successo e non avrei alcun bisogno di nascondermi da tutto e tutti". Mi sentivo in colpa com'era normale che fosse, ma non avevo il coraggio di uscire da quella stanza.
Qualcuno bussò alla porta distogliendomi dai miei pensieri: rimasi immobile e in silenzio così da far credere a chiunque volesse entrare che stavo dormendo, ma risultò inutile dato che bussarono ancora.
«Hecate, ti va di farmi entrare?»
Oh, quella voce l'avrei riconosciuta tra mille! Non poteva essere nessun altro se non Spettro! Balzai in piedi e mi precipitai alla porta, stavo per aprirla quando mi resi conto che poteva benissimo essere un inganno ben architettato. Dovetti sforzarmi moltissimo per evitare di dare anche solo una sbirciatina, alla fine optai per testarlo con una domanda personale.
«Qual è il primo origami che ho imparato a fare?» gli chiesi, lanciando un'occhiata al piccolo dinosauro di carta che faticava a stare in piedi sulla scrivania.
«Il T-Rex!» rispose prontamente lui, facendomi spuntare un sorriso in viso. «Nel bicchiere metti prima il latte e poi i cereali, ti piace leggere fanfiction su CSI - Las Vegas, non sopporti i film della Disney e non porti mai l'intimo abbinato.»
«Stai zitto!» sibilai, battendo il palmo della mano sulla porta. Chiesi gentilmente a FRIDAY di sbloccare la porta e non feci in tempo a sentire il debole click che mi ritrovai tra le braccia di Spettro.
«Mi sei mancata» mormorò, indugiando un attimo nell'abbraccio.
«Anche tu, Spettro.»
«Chiamami Enoch» mi corresse con un sorriso, cominciando a ispezionare la stanza senza troppi problemi. Era fatto così lui, impulsivo e assolutamente genuino... quando era in sé.
«É il tuo nome di battesimo?»
«No» rispose di getto, sembrò pensarci un attimo prima di continuare la risposta. «Non voglio trovare la persona che ero, ma creare quella che sarò.»
Lo osservai mentre ispezionava con attenzione le foto che avevo appeso alla lavagnetta di sughero e mi resi conto che sembrava molto più rilassato di com'ero abituata a vederlo prima che finissimo tra le mani di Nick Fury.
«Sei diventato un filosofo?» gli domandai ironicamente, lasciandomi cadere sulla sedia della scrivania. Vidi Spettro - o Enoch? - soffermare lo sguardo sul quaderno arancione, ma alla fine sembrò abbandonare l'idea di darci una sbirciatina, preferendo darmi una leggera pacca sulla spalla.
«Tanto quanto tu sei diventata un Avenger» rispose piccato lui, sedendosi sul letto sfatto. «Non fare quella faccia! So che ti sta seguendo una psicologa, come ti trovi?»
«Pensavo fosse molto peggio, sinceramente. Alla fine è stata lei a condurre la conversazione e non ha passato il tempo a sorridere e annuire come temevo, sembra una donna piuttosto in gamba ecco. Mi ha anche dato la possibilità di riflettere sulla persona che ero prima di diventare un'Ombra facendomi scegliere un nome che ritenevo mio» spiegai brevemente, evitando di specificare che a un certo punto mi ero rifiutata di rispondere alle sue domande. «Lasciando perdere ciò, come ti trovi allo SHIELD? Sei un agente attivo? Voglio sapere tutto!»
Un sorriso si fece istintivamente spazio sul suo viso e mi ritrovai quasi a invidiare la sua nuova serenità, perché non potevo avere una vita tranquilla pure io? Di certo non potevo dare la colpa a nessuno visto che ero l'unica responsabile di tutto quel casino e nemmeno la scusa del "non riesco a controllare i miei poteri" sembrava reggere ancora.
«Diciamocelo, qualsiasi posto senza il controllo di Alpha mi sarebbe andato bene, ma lo SHIELD supera ogni mia aspettativa. Nonostante avessi minimo due agenti a seguirmi ovunque, ho riflettuto molto e ho capito che non posso piangermi addosso per sempre. Allora ho deciso di mettermi al lavoro e di far capire a Fury che Spettro non esiste più, che c'è solo Enoch. Fortunatamente gli sono bastati dieci giorni per convincerlo e altri due per avere la fiducia di Coulson, alla fine mi hanno integrato nella squadra senza troppi problemi, però non sono ancora attivo... purtroppo.»
«Sei sempre il solito fortunato» borbottai con un sospiro, stringendomi le braccia attorno alla vita.
«Ma ti prego, pagherei per essere al tuo posto!»
«Non sparare cazzate. La CIA vuole che segua Ellis per difenderlo dal MOS, non ho più la fiducia di nessuno e sto cercando in tutti i modi di non assecondare l'idea che sono un fottuto pericolo pubblico. Quindi non dire che vorresti essere al mio posto, Enoch, non dirlo!» gli urlai addosso, puntandogli l'indice contro e alzandomi in piedi. Mi morsi il labbro per contenere l'ondata di nervosismo e mi costrinsi a fare un paio di respiri profondi: gli Avengers non dovevano sentirmi perdere le staffe, avrei peggiorato la già delicata situazione.
«Cos'è successo la scorsa notte?» domandò cauto lui, stringendomi una mano tra le sue e trascinandomi sul letto.
A lui potevo dirlo, lui sapeva cosa voleva dire subire degli allenamenti assurdamente feroci e non mi avrebbe deriso.
«Te lo ricordi il mio primo corpo a corpo?» gli chiesi a mia volta mentre mi accarezzava il palmo della mano con i polpastrelli. La nostra amicizia era fatta soprattutto di tocchi, era quello il nostro modo per dirci "ti voglio bene".
«Hai steso Lupin con una ginocchiata spettacolare, sì» rispose lui, facendo una leggera smorfia.
«Non solo quello. Alpha ha cancellato anche ricordi post reclutamento e ieri ho rivissuto questo. Mi ha preso talmente alla sprovvista che ho avuto un attacco di panico, forse uno dei peggiori. Sembrava che il mio cervello fosse andato in blackout, tant'è che non ho riconosciuto neanche Sam. Capisci dove voglio arrivare? Non ci si può fidare davvero di me, senza il controllo di Alpha mi basta un minimo ricordo e divento una specie di mostro taglia gole. Ho paura per me stessa, ma soprattutto per chi mi circonda.»
Con un movimento veloce, quasi inaspettato, Enoch mi strinse a sé. Nascosi il volto nell'incavo del suo collo e lasciai che le sue dita tracciassero delicate linee sulla mia schiena, non una lacrima mi rigò le guance.
«Tutto ciò è normale, Hecate. Non ha senso che tu ti chiuda tra queste quattro mura quando, probabilmente, ogni singola persona presente in questo Complesso vive incubi atroci. Nessuno può giudicarti perché quello è un tuo ricordo, un pezzo del tuo puzzle. Non ha senso che tu nasconda cos'è successo davvero, loro posso capirti e insegnarti come superare queste crisi. Se mi giuri che non eri davvero in te quando hai ferito Sam, non hai motivo di colpevolizzarti in questa maniera.»
«Mi odiano tutti, mi spediranno in prigione!» tentai di contestarlo, quasi rabbrividendo all'idea che si potesse realizzare un futuro simile.
«Se così fosse pensi che avrebbero tentato di avere una conversazione civile con te? No, saresti già al Rift. Devi credere nella donna meravigliosa che sei diventata, non nell'assassina che Alpha ha creato e so che puoi farlo. Tutti lo sanno.»
«Tutti?» domandai, allontanandomi di scatto dalla sua stretta. Quasi caddi a terra, ma Enoch mi afferrò prontamente per un braccio.
Poi realizzai. Lui non era lì per un motivo qualsiasi, non glielo avrebbero permesso, se non quello di farmi parlare, di farmi svelare quale nuovo ricordo mi aveva fatto perdere il controllo. Avevano scelto bene gli Avengers, erano riusciti a comprendere che incontrare una mia vecchia conoscenza era l'unico modo per sapere davvero qualcosa.
«Mi hanno fregata» borbottai, scuotendo la testa. «Non mi stupirei di trovare qualcuno degli Avengers fuori dalla porta.»
«Avrei dovuto dirtelo prima, lo so, ma gli ordini erano questi e -» tentò di giustificarsi, ma lo interruppi subito.
«Lo so, gli ordini si devono rispettare. Mi dispiace solo che questo sarà il nostro ultimo incontro, tutto qui. Va' pure a terminare la tua missione.»
«Hecate, ascoltami» sbottò Enoch, poggiandomi le mani sulle spalle e scuotendomi appena. «Non ti faranno nulla, a costo di sacrificare me stesso, ma tu devi promettermi che rifletterai su ciò che ti ho detto. Okay?»
«Okay.»
Mi diede un veloce bacio sulla fronte e se ne andò dalla stanza a passo spedito. Nascosi quindi il viso tra le mani e sperai con tutto il cuore di poter uscire da lì senza troppe preoccupazioni... e soprattutto libera.

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora