Dopo una missione di tale calibro, pensavo ci fossero concessi come minimo due giorni di assoluto riposo e invece no! Non facemmo in tempo ad arrivare nel blindatissimo Aeroporto John F. Kennedy che l'agente Ross ci venne incontro, intimandoci di seguirlo con un sorrisino tutto di cortesia. Inutile dire che, come mio solito, cominciai subito a pensare a tutti i motivi per cui la direttrice James - ero pronta a giocarmi la testa che fosse lei a volerci - necessitasse un colloquio così urgente e la maggior parte delle motivazioni riguardavano il mio unico colpo di pistola.
Alla fine, la nostra sosta fu piuttosto breve, ma non inutile, almeno non per me. Ricevetti un sacco di complimenti per la freddezza con cui avevo affrontato il faccia a faccia con il mio passato e per quell'ultima mossa che m'aveva permesso di salvare tutti. La direttrice James insistette molto sul fatto che era soprattutto merito suo se ora potevo considerarmi una persona libera da qualsiasi imputazione penale, cercando in tutti i modi di oscurare la grazia concessami dal presidente Ellis in persona. Grazia che sospettavo non sarebbe arrivata alla stampa tanto facilmente.
La ragione per cui non trovai quel colloquio così inutile fu il compenso finale che ricevetti, una cifra che m'avrebbe permesso senza troppi problemi di prendere in affitto un tranquillo appartamentino nel centro di New York. A quanto pareva, mettere a rischio la mia vita per proteggere quella del presidente non era stata una scelta così stupida come m'aveva detto a suo tempo Tony!
Per il momento, però, quei soldi li avrei messi da parte perché non avevo la minima intenzione di lasciare il Complesso né di fare grandi spese, al massimo mi sarei concessa qualche nuovo capo d'abbigliamento per non essere costretta a indossare vestiti che mi ricordavano fin troppo i quasi tre anni trascorsi sotto il controllo di Alpha.
L'unica cosa che mi serviva in quel momento era un po' di tranquillità che mi lasciasse senza troppi problemi per la testa e la trovai soltanto due giorno dopo il ritorno al Complesso.
La prima giornata la passai pressoché tutta a letto, presentandomi in cucina ogni tanto per riempire lo stomaco di cibo e caffeina. Fui stranamente capace di evitare ogni possibile domanda sulla missione o, perlomeno, gli Avengers avevano intuito che mi servivano una buona dose di sonno ristoratore e di silenzio.
Per il secondo giorno mi imposi due regole: mi sarei mossa dal divano solo per motivi urgenti, quali bagno e cibo, e avrei risposto con calma a qualsiasi domanda m'avessero fatto gli altri. Riuscii a rispettare ciò senza troppi problemi, soprattutto grazie alla persona che trovai ad aspettarmi in salotto già di primo mattino.
«Millicent» mi salutò Bucky con un sorriso non appena mi sedetti al suo fianco. Mi piaceva come pronunciava il mio nome, sembrava quasi volesse dilungarsi in quelle poche lettere e c'erano ben poche sensazioni migliori di quella.
«Cos'hai intenzione di fare con l'iPad di Tony?» gli domandai, dopo averlo salutato con un cenno della mano. Poggiato sulle cosce, aveva uno dei tanti tablet pieni degli appunti di Tony e non sapevo quanto quest'ultimo ne fosse a conoscenza, probabilmente se lo avesse scoperto sarebbe scoppiato a urlare come un forsennato.
«Non so, scacchi? FRIDAY mi ha detto la password senza troppi problemi, quindi immagino non ci siano chissà che documenti importanti.»
«Oh, allora voglio sfidarti!»
Bucky accennò un sogghigno prima di aprire l'applicazione degli scacchi, chiaramente fuori luogo date tutte le app dedicate alle strane nuove invenzioni di Stark. Per quanto avevo capito, Tony stava al Complesso soltanto per usufruire dei laboratori, mentre il resto del tempo lo passava con la sua attuale compagna, tale Pepper Potts. Non l'avevo mai incontrata, ma da come ne parlava Natasha sembrava una donna altruista e davvero buona, cosa dovuta dato che riusciva a sopportare Stark da anni ormai.
«Hai recuperato un po' di sonno?» mi chiese, dopo aver spostato un pedone di due caselle.
«Abbastanza da dire che sono di buon umore» ribattei, mettendo il cavallo in C6.
«È da segnare sul calendario quindi? Scherzi a parte, va davvero tutto bene?» continuò il suo interrogatorio, muovendo un alfiere in G2, proprio sulla traiettoria del mio cavallo.
«Questa volta il tuo intuito ti ha abbandonato! Nonostante me ne stupisca pure io, sono davvero serena e sono quasi riuscita ad accettare l'idea che uccidere quell'uomo non è stato uno sbaglio.»
Spostai il pedone posizionato davanti alla regina di due caselle, così da coprire il cavallo che valeva più punti. Sarebbe bastato riportare il cavallo nella seconda fila, ma voleva dire tornare a zero movimenti.
«Noah non ha smesso un attimo di elogiarti nel volo di ritorno, tant'è che alcuni gli hanno più volte detto di stare zitto» disse Bucky, accennando una risata che sembrava tutto fuorché vera e dall'espressione che assunse per un attimo compresi che non gli era andata giù la questione.
«Ti ha forse infastidito?» chiesi piano, quasi avessi timore di toccare un argomento sbagliato. Premette sullo schermo con un po' troppa veemenza appena terminai la domanda e mi sarebbe bastata questa come risposta: sì, lo aveva disturbato sentire qualcun altro parlare di me e non potei far a meno di sorridere.
«No, certo che no. Penso sia normale lodare chi ti ha salvato la vita, no?»
«Sì sì, va bene, Bucky» conclusi appena mi resi che la discussione lo stava davvero mettendo in imbarazzo e difficoltà.
Continuammo la partita in un silenzio tranquillo che, stranamente, non sembrava affatto pesarmi. Persi un paio di pedoni e il fantomatico cavallo, ma riuscii a togliergli un pedone, una torre e un alfiere... risultato niente male dato che ora aveva la regina scoperta.
Ad un certo punto, così dal nulla, Bucky mi circondò le spalle con un braccio e prese l'iPad con entrambe le mani, obbligandomi quindi a stare ancora più appiccicata a lui. Non mi scomodava affatto la situazione, ma da quando in qua James Barnes era così sciolto? Gli lanciai un'occhiata veloce che fu subito ricambiata, nonostante sembrasse molto concentrato nella sua prossima mossa.
«Ti dà fastidio?» domandò, la voce appena udibile anche se la stanza era immersa nel più completo silenzio. Scossi la testa, incapace di formulare una reale frase di senso compiuto, e spostai un alfiere di due caselle. Nell'attesa che giocasse lui, poggiai la testa sulla sua spalla e tirai un debole sospiro di sollievo: mi piaceva quella posizione, mi sentivo quasi al sicuro e fuori dal mondo, lontana da ogni possibile problema. Sapevo bene, però, che non era una cosa destinata a durare perché prima o poi me ne sarei andata dal Complesso e Bucky non mi avrebbe di certo seguita.
«Questa era cattiva!» esclamò appena eliminai la sua regina. Alzai il viso per incontrare il suo sguardo e bastò la sua espressione corrucciata per farmi scoppiare a ridere.
«Piccioncini?» ci richiamò Clint, sbucando letteralmente dal nulla e facendomi prendere un mezzo infarto. Un'ondata di imbarazzo mi attraversò dalla testa ai piedi, per poi concentrarsi sulle guance; mi alzai di scatto con ancora il braccio di Bucky attorno alle spalle e così facendo caddi di nuovo sul divano - la sua presa sulla mia spalla si rivelò oltremodo ferrea nonostante quasi non l'avvertissi. Ciò generò le risate di entrambi gli uomini, facendomi sentire ancora di più a disagio.
«Cosa vuoi?» domandai con l'espressione più scontrosa del mio repertorio. Clint non lo si vedeva spesso al Complesso - un po' come Tony - e in una di quelle poche volte in cui si presentava doveva rompere le scatole a noi due? Questa non poteva esser altro che sfortuna.
«Io niente, ma Nick Fury vuole che siate presenti anche voi all'intercettazione. No, niente domande!» rispose Barton, indicando con veemenza verso la porta che dava al corridoio.
«Facci strada, su!»
Dopo essermi liberata dal braccio di Bucky e aver ignorato le sue occhiate piuttosto eloquenti - sembrava non aver ancora superato la perdita della sua regina -, seguii Clint nel piano interrato del Complesso, dove ritrovai la stessa stanza piena di computer in cui ero stata legata il giorno dell'agguato.
«Ben tornata tra queste quattro mura!» scherzò subito Tony, non appena oltrepassai la soglia. Accennai una risata del tutto sarcastica per poi controllare con attenzione tutti i presenti: mi aspettavo ci fossero tutti gli Avengers, invece trovai soltanto il dottor Banner, Tony, Sam, Steve, Fury ed Enoch. Non riuscivo proprio a trovare un filo conduttore tra i presenti e probabilmente me lo si lesse in faccia perché Bruce si affrettò subito a spiegare la situazione.
«L'agente Jones ha escogitato un ottimo piano per riuscire a capire dove si trova la nuova base del MOS e quali sono i suoi nuovi piani e pensavamo fosse giusto che assistessi pure tu. Io e Tony siamo qui per localizzare il segnale mentre per gli altri è stata una loro decisione essere presenti.»
Annuii e focalizzai la mia attenzione su Enoch che mi sorrise a trentadue denti, mostrandomi il suo cellulare. Era palese quanto fosse orgoglioso della sua posizione, sembrava davvero felice e non potei fare a meno di pensare che la permanenza nel MOS l'aveva reso l'ombra di sé stesso.
Non mi avvicinai troppo ai tavoli su cui stava tutta l'apparecchiatura un po' per paura di causare qualche danno ed un po' per non essere sotto gli occhi di tutti: dopotutto non sapevo chi avrebbero contattato e non volevo ritrovarmi davanti a tutti in un lago di lacrime. Avevo imparato a conoscermi e non mi sarei sorpresa nello scoprirmi con un groppo in gola e gli occhi lucidi dopo aver sentito la voce di Flamme.
«Ora silenzio assoluto, grazie» parlò Fury, zittendo ogni possibile bisbiglio nella stanza.
Senza nemmeno rendermene conto, fui affiancata da Steve e Bucky, cosa che mi fece guadagnare un'occhiata perplessa dallo stesso Fury e un'alzata di occhi al cielo da parte di Sam. Sembrava avessi improvvisamente trovato due guardie del corpo personali - cosa piuttosto strana se si considerava solo Steve.
«Pronto?» rispose Fort dall'altro capo della chiamata. Riuscii a contenere ogni mia possibile reazione, limitandomi a sentire un brivido corrermi lungo la schiena non appena ricordai la pistola che mi aveva puntato contro.
«Finalmente, cazzo. Sono io, Spettro!» parlò subito Enoch e vidi le sue spalle irrigidirsi nel pronunciare il nome con cui era stato battezzato da Alpha. Avrei voluto avvicinarmi a lui per confortarlo, per fargli capire che gli ero vicina, ma sapevo che quell'intercettazione era il suo trampolino di lancio per gli alti ranghi dello SHIELD.
«Cosa vuoi? Sei considerato un traditore e non potrei neanche parlarti.»
«Ti prego, traditore io? Avessi cambiato schieramento non avrei cercato in tutti i modi di contattarti, ti pare? Non siete venuti a cercarmi però.»
«Alpha non l'ha ritenuto opportuno, credeva fosse una causa persa ormai» sussurrò Fort e sarei scoppiata a ridere se solo non avessi rischiato di mandare tutto a monte.
Le altre Ombre mi emarginavano perché ero una delle ultime arrivate al MOS eppure già la preferita di Alpha e invece non era altro che una delle sue messinscene dato che non aveva neanche preso in considerazione la possibilità di tornare al Complesso per recuperarmi.
«Neanche Hecate? Dopotutto aveva appena preso i poteri» continuò Enoch e vidi perfettamente l'occhiata che mi rifilò.
«Lasciamola perdere, guarda! Ci ha traditi, è passata dalla parte dall'altra parte, tant'è che era in Italia come agente di scorta di Ellis.»
Abbassai lo sguardo al pavimento, incapace di sostenere lo sguardo di chiunque lì presente, ma non riuscii a sentirmi a disagio: sapevo bene che ora ero nel giusto e nessuno mi avrebbe mai fatto cambiare idea. Ignorai il tocco delicato che avvertii sul braccio sinistro nonostante sapessi che si trattava di Bucky, avevo bisogno di affrontare quella conversazione da sola, senza il supporto di nessuno.
«Merda, questo è davvero un colpo basso. Ora dimmi, com'è il gruppo? Immagino di mancarvi molto, no?» disse Enoch, abbozzando una risata divertita a cui ne seguì una di Fort. Per un istante sembrò d'esser tornati ai vecchi tempi.
«Ti dirò, ci stiamo rimpolpando ben bene, ma non ti si può proprio sostituire.»
«Dai, ora sono curioso, chi sono queste aggiunte?» domandò Enoch, lanciando un'occhiata eloquente principalmente verso Fury.
«Per la maggior parte persone con una preparazione fisica accettabile. Alpha ha intensificato le sue simpatiche operazioni e abbiamo Perpetua le cui ferite guariscono in pochi istanti, Cheetah dai riflessi potenziati, Empath con una sviluppatissima empatia e un'altra, a giorni, dovrebbe esser capace di volare. Per quanto so, ne ha minimo altri tre in lavorazione. C'era anche Nami, ma Hecate l'ha ucciso con un fottuto colpo di pistola.»
L'ipotesi peggiore si stava concretizzando secondo dopo secondo e non potevamo farci proprio nulla. Ciò significava ritrovarsi davanti volti sconosciuti con poteri imprevedibili: ora, la probabile resa dei conti non sembrava più una passeggiata come ci avevano portato a pensare i due scontri avvenuti in Italia.
E certo che no, Alpha non si sarebbe fermata, non dopo che l'avevamo bloccata ben due volte. In ballo c'era una cifra astronomica - si parlava di uccidere il presidente degli Stati Uniti, dopotutto - e, conoscendo la sua fame di soldi, non avrebbe lasciato nulla al caso.
«Fort, ora devo andare, sta arrivando qualcuno e non vorrei che mi beccassero in contatto con te» tagliò corto Enoch, scuotendo piano la testa. Era facile intuire i suoi pensieri, bastava vedere l'espressione contrita che aveva in viso. «Farò del mio meglio per metter fuori gioco Hecate.»
«Ci conto, amico» rispose Fort, ridendo sguaiatamente per poi chiudere la chiamata.
Qualcosa dentro di me si ruppe in modo definitivo nel sentire quella risata, fu come se d'improvviso mi fossi ritrovata senza più alcun appiglio morale - o mentale - con Fort ed era una sensazione oltremodo strana. Non si poteva più tornare indietro.
«Direi che è andato tutto per il meglio, no?» s'intromise Steve, lanciando un'occhiata a tutti i presenti. La tensione era palpabile, tant'è che nemmeno un accenno di sorriso campeggiava nei volti scuri dei presenti: ad ogni istante che passava, il presidente era sempre più a rischio.
«Abbiamo bisogno di certezze però, ci serve un infiltrato» concluse Fury, annuendo appena, e mi bastarono quelle ultime parole per comprendere che il disastro sarebbe stato imminente.
Niente e nessuno sfugge ad Alpha, mai.Angolo autrice.
Questo è il ventesimo capitolo e quasi stento a crederci, era da tempi immemori (tre anni, ecco) che non riuscivo a portare avanti un "progetto" ben studiato!
Alpha si sta dando molto da fare, non resta che sperare che in qualche modo fallisca perché, diciamocelo, ha tutte le carte in regola per sbaragliare la concorrenza.
Come promesso, la mia nuova fanfiction su Clint Barton è stata postata - è solo l'introduzione, ma giuro che aggiornerò presto con un capitolo - e niente, tanti auguri a me!
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Ombre alla deriva »Bucky Barnes
FanfictionErano passati quasi due anni da quando Hecate era stata arruolata nel MOS, un'organizzazione criminale segreta, e aveva perso ogni ricordo del suo passato. Bastarono soltanto un paio di mesi per abituarsi a quella nuova vita fatta di armi, esperimen...